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Putinismo di ritorno (e come fermarlo)

Di Fabrizio Cicchitto

Era tutto prevedibile, perché era (quasi) tutto noto. Salvini e le trame putiniane, Berlusconi e gli occhiolini all’amico al Cremlino. Prepariamoci a una campagna piena di tristi dejavu. Giorgia Meloni saprà uscirne fuori? Il corsivo di Fabrizio Cicchitto

Fin dalle origini il Movimento 5 stelle e la Lega versione Salvini hanno espresso posizioni del tutto destabilizzanti rispetto alla tradizionale collocazione internazionale dell’Italia. Nella legislatura 2013-2018 il M5s presentò addirittura una mozione per l’uscita dell’Italia dalla Nato

Dopo le elezioni del 2018, che i grillini vinsero con il 32%, come noto si formò il governo Conte 1, guidato da Di Maio e da Salvini con due punti di riferimento internazionali: Di Maio, guidato dal sottosegretario Geraci, arrivò a concludere con la Cina il patto per la nuova via della Seta, unica nazione del G7. Un’operazione di così grande rilievo avvenne fra la disattenzione generale, anche perché Salvini era assorbito da un solo interesse, l’organico rapporto con la Russia di Putin e con il partito di Russia Unita.

Tutto ciò ebbe un notevole spessore di carattere ideologico-culturale imperniato sulla rivista Orion diretta da Savoini, esponente dell’associazione Lombardia-Russia, e da una serie di personalità eterodosse rappresentate da Borghezio a Sciandra a Murelli. Si trattava di una rete ideologica che aveva in comune con Putin la teoria della “Grande Russia”, il riferimento a Dugin, l’antiamericanismo e l’antieuropeismo, rapporti anche con l’estrema destra di Casapound.

Successivamente tutti costoro – Salvini, Borghi e Bagnai in testa – si sono ritrovati sul terreno dei no vax alimentati dagli hacker russi con una contestazione frontale a tutto, vaccini, green pass e perfino le mascherine. A sua volta Orion teneva a distinguersi dal fascismo, ma in nome del riferimento al nazismo. E Salvini non si faceva mancare nulla nella esaltazione del putinismo.

In un’occasione, con notevole garbo istituzionale, egli affermò che “mezzo Putin vale due Mattarella”. Un’altra volta stando a Mosca riaffermò il suo amore travolgente per la Russia affermando che si ritrovava più a suo agio lì o a San Pietroburgo che non in una qualunque nazione europea.

Infine la sera prima del fatale incontro all’hotel Metropole ci fu a Mosca al ministero degli Interni russo l’incontro fra due delegazioni dei ministeri russo e italiano. Come noto delegazioni di quel tipo sono basate, a parte i ministri, sulle alte cariche burocratiche dei due ministeri. Orbene, nella delegazione italiana era presente non si sa a quale titolo anche Savoini.

Di più. Non solo Salvini esibiva felpe con l’effige di Putin insieme con croci celtiche e immagini varie della Madonna, ma tramite un altro diplomatico preso dalla strada, tale Capuano, proprio pochi mesi fa, prima che il trio Conte-Berlusconi-Salvini facesse cadere il governo, aveva progettato a Mosca un incontro forse con Lavrov in nome di un singolare pacifismo, quello che consiste nel disarmare gli ucraini in modo tale che i russi possano portare a compimento “l’operazione speciale”.

In una situazione così singolare bisogna stare anche molto attenti a un esercizio eccessivo dell’ideologismo. Vediamo che sono in atto manifestazioni antifasciste contro la Meloni per il suo passato storico. Ora, Giorgia Meloni ha certamente tutti i difetti possibili e immaginabili nel suo retroterra storico e può essere anche sottoposta a critiche rigorose per il suo europeismo confederato del tutto alternativo al federalismo classico. Siccome però oggi la battaglia in corso è quella in atto nei confronti dell’imperialismo guerrafondaio, predatorio e cleptocrate di Putin, allora non si può fare a meno di rilevare che su questo terreno Meloni ha assunto una posizione assai netta ed inequivocabile. Per cui, francamente, se vogliamo andare oltre all’ideologia mi sembrano più pericolosi i due putiniani in servizio permanente effettivo che sono Berlusconi e Salvini.

A causa del suo putinismo Berlusconi ha perfino rinunciato a svolgere un grande ruolo di mediazione che bloccasse Salvini e salvasse il governo Draghi, acquisendo così una funzione centrale nella vita italiana e anche a livello europeo. Non possiamo fare a meno di esprimere inquietanti interrogativi sulle ragioni di questa rinuncia. Comunque chi vuole conoscere questa storia di notevole spessore e di straordinaria gravità che riguarda il profondo putinismo di Salvini legga Claudio Gatti: “”I demoni di Salvini. I post nazisti e la Lega. La più clamorosa infiltrazione politica della storia italiana”.

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