Il centrodestra pone l’accento sulla crescita economica che verrebbe ottenuta principalmente con una massiccia riduzione del carico fiscale. Il centrosinistra punta su misure come la “tassa sul morto” e la riduzione delle diseguaglianze. Nessuno dei due schieramenti specifica come otterrà le risorse per finanziare questi programmi
I programmi elettorali delle principale forze politiche sono stati in gran misura presentati. Dovrebbero coincidere, in caso di elezione, delle politiche che vorrebbero attuare nella prossima legislatura.
Pare che non ci ricordi di “it’s the economy stupid” una frase coniata da James Carville nella campagna presidenziale Usa del 1992. Viene spesso citato da una battuta televisiva di Carville come “È l’economia, stupido”. Carville è stato uno stratega nella vittoriosa campagna presidenziale di Bill Clinton del 1992 contro George H. W. Bush.
Ora i problemi centrali dell’economia italiana sono economici: come assicurare una crescita economica che consenta di ripagare (pur molto gradualmente) l’astronomico debito della pubblica amministrazione dopo oltre venti anni di crescita zero (o quasi zero) della produttività. Lo sono tanto più che le previsioni (Fmi, Ocse, Unione europea) dicono che dopo il “rimbalzo” del 2021-2021 (dovuto in gran misura alla politica fisco-monetaria ultra espansiva per contrastare il Covid, prima, ed il Covid e la guerra, poi) ci sarà un rallentamento dell’economia italiana, unitamente a pressioni inflazionistiche. Per qualsiasi governo, soprattutto con un alto debito e con una produttività stagnante, è oltremodo difficile contrastare, simultaneamente, recessione ed inflazione.
Occorre dire che i 15 punti del centro destra pongono l’accento sulla crescita economica che verrebbe ottenuta principalmente con una massiccia riduzione del carico fiscale: portare l’aliquota forfettaria del 15% ai professionisti con partita Iva che guadagnano sino a 100.000 euro l’anno, ridurre le tax expenditures e simili, rilanciando la spesa pubblica per investimenti, soprattutto nel Sud con la riproposta del Ponte di Messina. Silvio Berlusconi ha fatto una proposta aggiuntiva: una flat tax del 23% per tutti gli italiani quale che sia la loro situazione professionale.
Nei prossimi giorni è importante chiarire quali saranno gli impatti sulla finanza pubblica e sul debito delle pubbliche amministrazioni. Il gruppo di lavoro che ha predisposto il documento ha senza dubbio la strumentazione econometrica per elaborare e mostrare simulazioni per soddisfare sé stesso e gli altri (soprattutto i potenziali elettori). Per il Ponte di Messina, in particolare, ci si dovrebbe impegnare a fare un’analisi costi benefici in condizioni d’incertezza quali quelle effettuate, ad esempio, per l’alta velocità Torino-Lione, per il passaggio tra televisione analogica e digitale terrestre, per progetti di sviluppo turistico nel Mezzogiorno. Si dovrebbe chiarire come verrà finanziato.
Se si pensa di utilizzare i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) non solo l’analisi costi benefici dovrà essere particolarmente accurata ma ci si deve preparare ad un lungo e non facile negoziato con gli altri 26 Stati dell’Unione europea (Ue). Altro punto da approfondire è la concorrenza. Si pensa proprio a una politica di crescita senza porre fine a particolarismi come quelli che privilegiano, ad esempio, i tassisti, e altre materie con le quali abbiamo firmato impegni con l’Ue?
Dei cinque partiti che fanno parte dei “democratici e progressisti”, unicamente il Partito Democratico (Pd) ha presentato schemi di programmi. E’ difficile comprendere come i cinque partiti potranno andare insieme alle urne con programmi che vanno dal liberismo di +Europa allo statalismo di Sinistra Italiana.
I tratti di programma presentati dal Pd pongono l’accento sulla riduzione delle diseguaglianze, ignorando o quasi che tale riduzione avviene solo in periodo di espansione. Utile ricordare, a proposito del “miracolo economico” (che comportò sia crescita sia riduzione delle diseguaglianze), che due economisti di rango, e che mai si sono incontrati o hanno letto l’uno i lavori dell’altro, l’americano Charles Kindleberger e l’ungherese Ferenc Janossy (neoclassico il primo, marxista il secondo), individuarono nella preparazione e formazione delle risorse umane italiane (mal utilizzata nei dieci anni circa di guerre, da quella d’Africa alla seconda guerra mondiale), la determinante principale del “miracolo economico”. Allora, la molla per lo sviluppo erano anche se non soprattutto risorse umane giovani, intraprendenti, formate in gran misura per la manifattura e pronte a spostarsi dal Sud al Nord od anche all’estero alla ricerca di un futuro migliore.
Il programma del Pd prevede, invece, una “tassa sul morto” (così viene chiamata l’imposta di successione in tutto il mondo) per elargire un premio ai diciottenni senza sapere cosa faranno con detta “gratifica”. Prevede anche riassetti ed imposte senza specificare quali. E porta il costo della riduzione del “cuneo fiscale” sulle imprese, prevedendo una quattordicesima mensilità. Sarebbe un vero “miracolo economico” crescere attuando tali programmi.