La sentenza emessa nella giornata di giovedì da parte della Cassazione ha chiuso una stagione durata venti anni. E’ evidente a chiunque che il quadro politico è destinato a modificarsi in profondità. Il problema è che ci stiamo dirigendo verso un territorio assolutamente inesplorato, in cui manca completamente la visibilità sul futuro. Il sistema è in agonia.
Tutto ciò si aggiunge ad una precaria situazione economica e sociale, con innumerevoli scadenze prossime: aumento dell’IVA, pagamento dell’IMU, legge di stabilità e bilancio. Un’agenda in grado di far tremare i polsi a qualsiasi governo, a maggior ragione a quello presieduto da Enrico Letta, traghettatore del nostro Paese. La debolezza della maggioranza è palese, il pericolo che si sfaldi la costruzione enorme. L’unico nume tutelare è il Presidente Napolitano, vera guida politica italiana. Questo lo stato dell’arte.
I prossimi giorni saranno difficili, le tensioni si potrebbero ulteriormente acuire. Da un lato il PDL si dibatte conscio del colpo mortale inferto. La diatriba tra “falchi” e “colombe” dipende anche da egoismi personali. I primi, infatti, sanno della loro fine politica in caso di uscita di scena da parte di Berlusconi. L’invocazione quasi salvifica di costoro nei confronti di una discesa in campo di Marina si spiega proprio per tale motivo. Il PD, impegnato in un caldissimo dibattito precongressuale, sconta la lotta tra due opposte fazioni: quella dei “governisti”, impegnati a sminare il pericolo Renzi, e quella dei renziani. Una battaglia interna che potrà avere effetti pericolosi sulla tenuta del governo. Gli appelli all’interesse nazionale, che arrivano da ambo le parti, assomigliano a uno stanco ritornello, mai davvero messo in atto. Il particolare, ancora una volta, è messo davanti al generale. Attenzione però: i nostri conti pubblici non ammettono errori e/o distrazioni, pena il commissariamento.
Detto ciò, quello che davvero mi stupisce è che non si sia ancora levata una voce per sottolineare la sconfitta del nostro assetto istituzionale. Il cortocircuito tra poteri dello Stato è stato raggiunto ormai da tempo, eppure non si intravede all’orizzonte la minima volontà di rifondare la nostra Repubblica. La sentenza che ha condannato Berlusconi ha solo certificato lo stato di agonia della nostra Repubblica.
Da una parte si cincischia in Parlamento e nella commissione dei saggi, che ancora non ha prodotto una linea d’azione. Dall’altra si moltiplicano gli appelli di coloro che gridano al golpe, alla volontà di mettere in atto il progetto della P2 (errore, se lo vadano a rileggere a modo), inneggiando al contempo alla “Costituzione più bella del mondo”. Si è verificato un blocco a livello decisionale, rendendo il quadro politico statico, inerme e instabile. Nessuna legge elettorale potrà mai risolvere questa situazione se non si deciderà di adottare un modello di Stato che renda possibile governare.
Da tempo considero l’adozione del sistema presidenziale come una soluzione efficace, capace di garantire la possibilità di governare, mettendo alla prova i programmi elettorali propagandati. In alternativa, il sistema basato sul cancellierato può funzionare. Tutte queste opzioni richiedono una profonda manutenzione della Carta, senza barricate o proteste da parte di lobby conservatrici (nel senso peggiore del termine).
Chi si opponeva al presidenzialismo, a causa della presenza di Berlusconi, oggi non ha più alibi. Come scritto da Lodovico Festa, si proponga un referendum d’indirizzo (tramite DDL costituzionale) per scegliere la forma di Stato (presidenziale o parlamentare) e si proceda ad eleggere un’assemblea costituente con l’unico compito di riscrivere la Costituzione. Questo sarebbe il modo più naturale per traghettare l’Italia in una nuova fase politica, economica e sociale.
Su questo terreno politico si muoverà “Il Presidenzialista”, il magazine quotidiano di opinioni che esordirà nel mese di settembre.