La festa nazionale ucraina del 24 agosto ha visto anche l’anniversario dei primi sei mesi di guerra contro la Russia. Come è stata la resistenza portata avanti in questi mesi dal Paese? Qual è il bilancio sul campo di battaglia? E quali, invece, le prospettive future? Formiche.net ne ha parlato con il generale Salvatore Farina, già capo di Stato maggiore dell’Esercito ora presidente del Centro studi Esercito
La festa nazionale ucraina celebrata il 24 agosto è arrivata quest’anno in un momento molto difficile per il Paese, che da sei mesi è coinvolto nella guerra d’aggressione portata avanti dalla Federazione russa. “In questi sei mesi la resistenza ucraina è stata esemplare e per molti osservatori sorprendente”, ha detto in una conversazione con Formiche.net il generale Salvatore Farina, già capo di Stato maggiore dell’Esercito e ora presidente del Centro studi Esercito. La Russia non si aspettava una reazione così forte dell’Ucraina e un sostegno così netto da parte dei Paesi europei e della Nato, per questo affronta delle difficoltà oggettive, sia sul campo che in casa.
Generale, come reputa che sia stata la resistenza ucraina in questi primi sei mesi di guerra?
Esemplare e sorprendente. Anche in termini di volontà e motivazione a resistere all’invasore da parte delle unità militari, ma soprattutto da parte della popolazione civile. È stata esemplare anche in considerazione di come sia stata ben organizzata e diretta dai vertici del Paese, l’organizzazione militare infatti non si è sfaldata e non è scappata di fronte all’invasione. In questo contesto gli aiuti forniti dai Paesi occidentali ed europei, compresa l’Italia, non solo in termini di Intelligence e consigli sul campo, ma anche di mezzi e sistemi d’arma, sono stati e sono tuttora molto importanti per contrastare e contenere le avanzate dell’esercito russo. Si tratta quindi di una bella dimostrazione di amor di patria, di coesione e di capacità di respingere un attacco che ha violato tutti i canoni del diritto internazionale e non ha nessuna legittimità. Non solo, si sono aggiunti episodi di brutalità e di violenze contro la popolazione civile ucraina che sono da condannare. Spetterà poi alle verifiche fornire le prove di tali violazioni e condannare i crimini di guerra consumati contro i diritti umani.
Sul fronte interno Putin parrebbe perdere consenso e i toni sono diventati meno trionfalistici. Il governo ucraino ha però paura di una reazione più forte da parte dei russi, soprattutto dopo il delitto della figlia di Dugin.
Parlando di fronte interno e in generale dell’andamento del conflitto visto da parte di Mosca, esso non ha seguito affatto le previsioni della leadership, sia quella di Putin sia quella dei generali, che aveva pianificato questa guerra di invasione. La leadership ha infatti commesso degli errori sia strategici sia di carattere operativo. Dopo il fallimento del veloce blitz con cui Mosca voleva conquistare Kiev e sovvertire l’ordine costituito in Ucraina, Putin e i suoi generali hanno rivisto e rimescolato i piani fino ad arrivare a un restringimento del fronte, con concentrazione nella regione del Donbass, nella parte orientale e in quella meridionale. Facendo sì che i russi potessero avere una superiorità territoriale e numerica per avanzare. Tutto ciò però è costato molto, con vittime da entrambe le parti che pesano anche sul fronte interno di Mosca. Nonostante il controllo sulla società e sull’opinione pubblica sia molto stretto, gli effetti nel Paese si fanno sentire.
In che modo?
Le limitate avanzate, graduali e progressive, che ci sono a sud-est non possono essere ritenute soddisfacenti agli occhi della Federazione russa. Questo, aggiunto alle perdite di uomini e mezzi, rende il morale degli stessi soldati russi sicuramente non alto e molto più basso di quello dei combattenti ucraini. In questo ampio contesto l’attentato a Darya Dugina potrebbe diventare un espediente per poi giustificare una rinnovata crescita di violenza, con un maggiore utilizzo da parte della Russia di missili e di raid aerei per cercare da un lato di distruggere depositi militari e dall’altro di depauperare la coesione e il morale ucraini, provati dai primi sei mesi di guerra. Tuttavia, non può essere il singolo episodio dell’attentato di Dugina a scatenare questa reazione, che probabilmente rimane tra le opzioni russe.
Potrebbero esserci quindi reazioni all’attentato di Dugina?
È ovvio che ci saranno delle conseguenze e reazioni all’attentato e bisogna tenerne conto. Mosca ha infatti sia la possibilità di rispondere occhio per occhio a questo episodio, dal momento che colpire la figlia del principale ideologo di Putin rappresenta uno smacco evidente, sia di utilizzarlo come pretesto per l’inizio di un’offensiva più grande. Tuttavia, ritengo che se ci fosse un piano di questo genere verrebbe attuato “a ragion veduta” e non facendosi prendere dall’emotività del momento.
Nel frattempo, sul campo continuano i combattimenti e i bombardamenti russi in Ucraina. Qual è la fotografia o bilancio dell’attuale campo di battaglia?
C’è stata una prima fase che ha visto il fallimento del blitz russo, a cui è seguito una seconda fase di restringimento del fronte e una guerra più concentrata a conquistare i territori prima del Donbass e poi di Mariupol. In questo frangente l’avanzata c’è stata e questo è comunque un risultato da parte di Mosca. Mentre oggi siamo entrati in una terza fase del conflitto che vede un controllo dei territori occupati da parte dei russi, che è però limitato e vede attacchi e tentativi di contrattacco da parte degli ucraini. Si è entrati in una fase di scontri e battaglie condotte da parte di Mosca con il lancio di missili e di artiglierie a distanza, e dall’Ucraina che reagisce con raid in Crimea contro il comando navale russo, con incursioni in profondità e con attacchi di missili forniti dagli Stati Uniti insieme ad altre artiglierie e sciami di droni.
Una situazione di equilibrio?
Si tratta di una situazione che vede da un lato l’avanzata russa, seppur graduale e lenta, e dall’altra risposte mirate portate avanti con incursioni efficaci da parte dell’Ucraina. Tale situazione di temporaneo equilibrio potrebbe sfociare per esempio o in una grande controffensiva, che non si è ancora completamente manifestata da parte degli ucraini, e in un tentativo di riconquistare i territori, oppure viceversa potrebbe sfociare in un’ennesima avanzata da parte dei russi. Ci tengo però a sottolineare che il conflitto sulle linee del fronte ha le caratteristiche di un conflitto d’attrito, con avanzate brevi e conquiste limitate (e anche delle perdite ovviamente); mentre gli attacchi vengono condotti dalla profondità, da chilometri di distanza e dalle retrovie con artiglierie russe che colpiscono a 80-100 chilometri di distanza con un numero elevatissimo di ordigni e missili. Di cui abbiamo visto i tragici effetti agli impianti civili e alle città, come anche ad altri arsenali e depositi di armi ucraine. Restano naturalmente preoccupanti gli attuali attacchi vicini alle varie centrali nucleari, perché purtroppo gli errori possono essere sia umani sia delle macchine. Anche da parte ucraina, la risposta avviene sempre a distanza.
Quindi che tipo di conflitto si combatte ora sul campo?
Mosca in questa fase sta attuando una sorta di “tattica di terra bruciata”. Si radono al suolo degli interi villaggi, facendo scappare e terrorizzando la popolazione. Ciò chiaramente rende più facile il controllo da parte dei russi e rende contemporaneamente più ardua la difesa ucraina delle proprie posizioni. In questo modo si viene a creare una “no man land”, una terra di nessuno che sicuramente costituisce già un cuscinetto da utilizzare un domani nei negoziati. Gli attacchi russi vanno a distruggere sempre più il tessuto territoriale, infrastrutturale e sociale dell’Ucraina che sarà in futuro molto difficile da ricostruire. In conclusione, la situazione si può dire che non è soddisfacente per l’esercito russo perché avanza lentamente e subisce tante perdite, e naturalmente non è favorevole per gli ucraini che sono costretti ad arretrare e difendersi, pur dimostrando di saper contenere le velleità della controparte. D’altronde, non bisogna dimenticare le proporzioni delle due forze contrapposte e i numeri favorevoli alla Federazione russa. Infine, un ultimo bilancio da fare è negativo e riguarda le vittime.
Di che numeri si parla?
Si parla di circa 80mila soldati russi trasferiti o uccisi, secondo dati stimati da organi alleati della Nato, e di circa 50mila soldati ucraini rimasti feriti e uccisi. Anche i civili hanno subito perdite elevatissime, contando circa 5600 civili morti e altri circa 8mila civili feriti, nella maggior parte ovviamente ucraini. Questo bilancio dovrebbe far riflettere affinché si ponga un termine alle ostilità, o una tregua, che possano azzerare la crescita di questi numeri.
La guerra ha dimostrato quanto sia complesso fare previsioni, ma come reputa si svilupperà il conflitto sul piano strategico e tattico nei prossimi mesi?
Nessuno ha la sfera di cristallo, dunque cercherò di attenermi a delle considerazioni logiche. Partendo da quelle che furono le dichiarazioni dei massimi risultati che voleva conseguire Putin a febbraio, i russi cercheranno in tutti i modi di conseguire un netto vantaggio in termini di territorio conquistato, sia a fini tattici sia strategici. Questo perché rappresentano aree importanti per l’economia dello Stato ucraino che potrebbero essere utilizzate per fare pressione sul sistema Ucraina, sulla popolazione e sul governo, per giungere ai negoziati in una posizione di forza.
Ci fa un esempio?
Ad esempio, la conquista di Odessa potrebbe un domani essere offerta come elemento di scambio nei negoziati ma se questo dovesse avvenire, metterebbe i russi in una posizione di assoluta forza che vedrebbe il controllo del Mar Nero e la chiusura dell’accesso al mare dell’Ucraina. Però, per fare questo, Mosca deve conseguire nette vittorie e arrivare a conquistare nuovi territori e non è detto che ci riesca. In questo caso è bene notare come per le Forze russe sarebbe complesso controllare territori non propri e richiederebbe un impegno grandissimo. Un altro scenario possibile si realizzerebbe se gli ucraini continueranno a resistere, anche grazie agli aiuti internazionali, come è avvenuto in questi sei mesi.
In questo caso, cosa cambierebbe?
In tal caso gli ucraini potrebbero contrattare e fare in modo che i soldati russi non conquistino gli obiettivi territoriali ambiti, costringendo così la leadership del Paese a sedersi al tavolo delle trattative ponendo condizioni più moderate. Ad esempio, rivendicando soltanto la Crimea e il Donbass, o riconoscendo uno status particolare al Donbass, richieste meno esigenti rispetto alle roboanti dichiarazioni di febbraio fatte da Putin. Un’ultima possibilità vede invece il congelamento del conflitto, come già accaduto più volte nella storia, a cui seguirebbero anni di trattative. A prescindere dai possibili sviluppi, ora è importante che cessi ogni ostilità.
E il sostegno internazionale?
Da parte della comunità internazionale mi sembra esserci coerenza con tutto quello che è stato fatto finora. La Nato ha rafforzato la propria presenza presso i Paesi che confinano con la Federazione russa e a est per eventuali difese dei territori e dei cieli dell’Alleanza, così come l’Unione europea e i suoi Paesi membri hanno supportato e continueranno a supportare con coerenza il popolo ucraino. È chiaro che l’auspicio sia quello di trovare al più presto una tregua, dal momento che ci sono anche tanti parametri importanti che non incidono solo su Ucraina e Russia, ma anche a livello internazionale con la crisi energetica e quella del grano. Tali crisi possono inficiare il progredire di numerose altre attività economiche e sociali così come il progresso e la pace in tutte le regioni, compresa l’Europa.