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Che cosa dicono gli economisti del programma di Giorgia Meloni

Tito Boeri e Roberto Perotti criticano FdI per quella che definiscono una fake tax, Moody’s rincara la dose, mentre per l’Istituto Bruno Leoni la proposta economica del centrodestra è desiderabile

Giorgia Meloni sa fare economia. Il leader di Fratelli d’Italia, in tema economico, ha dimostrato di avere le idee chiare. E nel programma di FdI ha riassunto i cinque punti cardine, che lei chiama “mosse”, per il sostegno dell’economia reale. Primo: super-deduzione del costo del lavoro oltre una data soglia di incidenza della manodopera rispetto al fatturato. Secondo: tassazione di favore in base al costo del lavoro sostenuto dalle singole imprese in Italia (più assumi, meno paghi). Terzo: cuneo fiscale. Quarto: taglio dell’Inps per le imprese con incidenza del costo del lavoro superiore a una determinata quota del fatturato. Quinto: aumento degli investimenti pubblici. Quinto: semplificazione della macchina amministrativa.

Altro punto cruciale, inserito nella riforma fiscale: sostituzione del reddito di cittadinanza con un sostegno agli over 60 senza reddito. Poi c’è la flat tax, la vera proposta economica della coalizione di centrodestra. Meloni, a differenza di Matteo Salvini e Silvio Berlusconi, propone di applicare la tassa piatta solo alla frazione di reddito eccedente rispetto alla dichiarazione dell’anno prima. Che cosa ne pensano gli economisti?

Tito Boeri e Roberto Perotti, su Repubblica, hanno definito la flat tax di Meloni come “iniqua, costosa e inapplicabile”. E l’hanno bollata come una “fake tax incostituzionale”. Il capoeconomista di Moody’s, Mark Zandi, ha sottolineato come la tassa piatta “non mai stata attuata per il gravoso onere che imporrebbe sulle finanze pubbliche italiane”, perché “un’imposta fissa sul reddito ridurrebbe significativamente le entrate pubbliche, anche assumendo un effetto positivo sulla crescita, quindi probabilmente metterebbe in pericolo la sostenibilità del debito italiano”.

Ai critici ha risposto il responsabile economico di FdI, Maurizio Leo, secondo il quale la flat tax è “un meccanismo incentivante, a favore di chi crea ricchezza, di chi lavora, di chi si dà da fare, di chi ci crede”, ha sottolineato. “L’idea di fondo è semplice: su tutto ciò che si dichiara in eccedenza rispetto al pregresso, si pagheranno meno tasse e, in particolare, solo il 15%. Qui, però – spiega il responsabile economico di FdI – appare utile qualche precisazione, taluna forse scontata, come la circostanza che la tassazione al 15% debba riguardare il solo anno in cui l’incremento di reddito si realizza, mentre non sarebbe sensato un trascinamento del beneficio anche negli anni successivi, se non in relazione a eventuali ulteriori incrementi”.

Secondo l’Istituto Bruno Leoni, per poter garantire coperture adeguate alla riduzione della pressione fiscale occorre prevedere “dei tagli strutturali alla spesa pubblica che sono necessari e che devono essere tanto più profondi quanto più la riforma vuole essere ambiziosa. Non si spacci per flat tax un trattamento di favore per alcuni redditi. Se ben disegnata non deve permettere trattamenti di favore, esenzioni e bonus. Una riforma fiscale che ruoti intorno ad una flat tax è possibile e sarebbe anche desiderabile”.



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