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Washington e Taipei sempre più unite. Pechino risponde con nuove esercitazioni

La visita a Taiwan di inizio agosto da parte della presidente della Camera Usa Nancy Pelosi ha innescato una durissima reazione da parte della Cina, che continua a minacciare Taipei intensificando le esercitazioni militari intorno all’isola. Sono 35 aerei e otto navi militari, le ultime forze cinesi individuate nei pressi di Taiwan, una chiara risposta alla visita di questi giorni della senatrice statunitense Marsha Blackburn

Ancora alti i livelli di tensione intorno a Taiwan. Il ministero della Difesa di Taipei ha riportato l’individuazione di 35 aerei e otto navi militari della Repubblica popolare cinese nei pressi dell’isola. A cui le forze taiwanesi hanno subito risposto schierando aerei da combattimento, unità navali e sistemi missilistici di terra. Un’ennesima dimostrazione di forza e pressione da parte della Cina, che rivendica Taiwan come parte del proprio territorio. I rapporti bilaterali tra i due Paesi hanno subito un’inflessione dopo la prima delle visite Usa sull’isola, quella della speaker della Camera, Nancy Pelosi, di inizio agosto, a cui ne sono succedute altre tre. Al momento è la senatrice statunitense, Marsha Blackburn, esponente del Partito repubblicano della commissione servizi armati del Senato Usa, a tenere tre giorni di colloqui con la presidente taiwanese, Tsai Ing-wen, per parlare dello stato delle relazioni nello Stretto e delle catene d’approvvigionamento globali. Tali visite non vengono viste di buon occhio dal Dragone che guarda ad esse come un atto lesivo della propria sovranità nazionale a cui risponde intensificando le esercitazioni militari, come accaduto anche nelle ultime settimane.

La pressione militare cinese

Sono di nuovo in aumento le esercitazioni militari cinesi intorno a Taiwan, dopo lo stop degli ultimi giorni. Dei 35 aerei militari segnalati, 18 hanno superato la linea mediana tra Taiwan e la Cina – non riconosciuta da Pechino – o sono entrati nello spazio aereo di Difesa dell’isola, nel quadrante sud-occidentale. Come comunicato dalla Cina stessa, si tratta di una risposta all’arrivo della nuova delegazione Usa nell’isola guidata questa volta da Blackburn. “La zona di comando di combattimento orientale dell’Esercito popolare di liberazione ha recentemente organizzato pattugliamenti ed esercitazioni pratiche di combattimento per vari rami dell’esercito nello spazio marittimo e aereo intorno a Taiwan”, recita un comunicato. “Questa è un’esercitazione militare standard in risposta alla mutevole situazione nello Stretto di Taiwan”, conclude la nota, non rilasciando però dettagli su quando si siano esattamente svolte tali manovre, o se si siano concluse.

Taiwan risponde con fermezza

Le azioni cinesi, ritenute “irresponsabili e provocatorie” secondo una nota diffusa dal ministero degli Affari esteri taiwanese, secondo Taipei violano lo spirito della Carta dell’Onu, oltre che minacciare la sicurezza dell’intera regione. Il ministero ha anche accusato Pechino di “chiudere un occhio” sulle preoccupazioni espresse da parte della comunità internazionale in merito alla vasta campagna di esercitazioni militari condotta dalle Forze armate cinesi in risposta alla visita di Pelosi. In questo caso si fa esplicito riferimento a quanto appena successo alle Nazioni Unite. La Cina ha infatti respinto la dichiarazione siglata da 12 dei 14 alleati diplomatici di Taiwan (ne sono esclusi solo il Vaticano e l’Honduras) che hanno espresso in sede Onu “seria preoccupazione” per le manovre militari cinesi. Non solo, Taipei continua anche a respingere con decisione le pretese di sovranità della Cina, specificando che le due sponde dello Stretto “non sono subordinate l’una all’altra”. Taiwan è “un Paese democratico” e solo il suo governo democraticamente eletto ha il diritto di rappresentare i milioni di cittadini dell’isola negli organismi internazionali, spiega ancora la nota aggiungendo che Taipei continuerà a collaborare con gli altri Paesi per un Indo-Pacifico libero e aperto. Tale volontà si evince anche dalla cifra record richiesta per il budget della Difesa taiwanese, che dovrà ora passare al vaglio del Parlamento.

Continua il dialogo tra Washington e Taipei

Nei suoi tre giorni di colloqui ancora in corso la senatrice Blackburn ha definito Taiwan un “Paese”, dicendosi pronta a sostenerla nel percorso per l’indipendenza. Ponendo poi l’accento sui valori condivisi: “È importante che nazioni che amano la libertà supportino Taiwan. Siamo impazienti di continuare ad aiutare e a sostenere Taiwan mentre avanza come nazione indipendente”. “Le democrazie dovrebbero unirsi e cooperare per tracciare insieme una solida linea di difesa dei valori della democrazia e della libertà”, ha poi aggiunto. Nel corso dell’incontro con la presidente Tsai, la senatrice del Tennessee ha rinnovato quindi il sostegno Usa a Taiwan nel quadro delle crescenti tensioni con la Cina, e in un post di Twitter si è congratulata con la presidentessa taiwanese per la sua “forte leadership”, che da parte sua ha ringraziato la senatrice per essersi recata sull’isola in “un momento critico”. Sul tavolo degli incontri ci sono anche i legami commerciali. Secondo Tsai i partner internazionali che aderiscono ai valori democratici dovrebbero anche approfondire la cooperazione economico-commerciale per costruire una catena d’approvvigionamento “più solida e sicura”. La presidentessa è infatti fiduciosa rispetto all’annuncio della scorsa settimana sull’avvio in autunno di negoziati formali per l’iniziativa congiunta tra Taipei e Washington sul commercio. Durante la sua permanenza a Taiwan, Blackburn incontrerà altri vertici taiwanesi, tra cui il ministro degli Affari esteri, Joseph Wu, e il segretario generale del Consiglio di sicurezza nazionale, Wellington Koo. “Non mi inchinerò mai al Partito Comunista Cinese. Continuerò a stare con i taiwanesi e il loro diritto alla libertà e alla democrazia. Xi Jinping non mi spaventa”, è quanto ha scritto su Twitter la senatrice americana. Visto il tono duro delle sue affermazioni, una risposta formale del Dragone non si farà attendere al lungo dopo aver reagito intensificando le esercitazioni militari.



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