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Phisikk du role – Il piccolo popolo è deragliato

Invece che TikTok con qualche faccia carina e la battuta ganza (che oltretutto non se la fila nessuno), si pensi a questo pezzo d’Italia, gli adolescenti, come alla risorsa da cogliere. Prima che appassisca del tutto e che il rapper Rancore ci faccia l’inno nazionale

Precipita nell’abisso di una maladolescenza un po’ già deragliata, un po’ ancora,forse, riparabile, l’età del delinquere. E non intendo i piccoli guappi della camorra che, a riguardarsi nelle serie televisive sottotitolate in italiano, si gonfiano il petto invece di vergognarsi (ci ha pensato qualche volta Saviano all’effetto “fashion” che fanno al “piccolo popolo” le sue sceneggiature, dove gli eroi sono assassini ma anche ragazzi brutti, ignoranti, vestiti come rapper nuovaiorchesi degli anni settanta e coi capelli tagliati da un parrucchiere fatto di peyote messicana e vengono presi a modello? Se non per l’etica almeno per l’estetica…).

Nossignore: parliamo dei ragazzini (talvolta anche ragazzine) che in branco storpiano coetanei nei treni, stuprano coetanee negli angoli bui, picchiano attempati controllori e poliziotti purché isolati, inducono al suicidio bambini o poco più strapazzandoli sul web, gettano dai balconi compagni di gioco, così, per vedere l’effetto che fa. Il furto dello smartphone e di qualche euro è solo un pretesto: la vera ebbrezza è l’in sé della violenza, un rito deficiente e perverso come la paura del buio da bambino, che serve di passaggio dall’adolescenza a non si sa dove o cosa. Io non so quanta consapevolezza può esserci in minorenni sostanzialmente affidati all’autodidattica valorale di internet e del branco. L’educazione sessuale? Non è la mamma o la scuola a fare pedagogia, ma youporn e roba così: se, dunque, il modello è quello della celebrazione di un maschilismo muscolare e stupratore, come fa la “creatura” a capire che non è con la forza che andrebbe fatto (magari tra qualche anno..), ma avendo acquisito preventivamente il consenso della pulzella con cui si intende concupire. Giusto perché si tratta di rapporti tra persone e non di congiungimenti tra bestie da monta e da riproduzione…

Chi glielo dice al pupo, che vive nel “Metaverso” di una irrealtà descritta dal suo cosmo che ormai ha rotto tutti i collegamenti col nostro? Il suo pantheon culturale? Il trapper, che è già nel titolo un bel programma. “Trap”, infatti, va completato con “house” che sta ad indicare periferia, case fatiscenti, decadenza fisica e mentale: sono le case di spaccio di Atalanta, dove prende avvio l’avventura americana del trap, che è un parente più giovane (roba da nuovo millennio) del rap. Il contenuto? Sesso, droga, violenza, raccontate col parlato tipico del rap ma sulla base ossessiva della musica elettronica (per i curiosi si rimanda ai Virtual Instruments, all’Autotune, al passo doppio della velocità musicale).

La filosofia “buona” sarebbe quella del riscatto sociale: dal fango delle periferie all’amore, all’amicizia e alla solidarietà, utilizzando l’autoproduzione di YouTube, TikTok eccetera. In teoria. Non si sa perché, ma in Italia saremmo ancora nella fase “fango” che gli artisti, per non mettere distanza tra il predicato nell’opera d’arte e la vita, traducono in atti e gesti interessanti per le forze dell’ordine. Le cronache quotidiane sono generose nel ricordare le loro attività dopolavoristiche.

Piluccando qua e là: Gallenher e Traffik (nomi di star italiane), aggressione e rapina ai danni di due fan che avevano chiesto un autografo; Dark Side (italiano), arrestato mentre aveva un trip di droga pesante; Niko(italiano di Sicilia), dedica una tenera canzone di stima affettuosa allo zio, boss catanese al 41 bis dal 1993. Qualche titolo delle loro opere? Emis KIlla: Vaffanculo; Mostro: Sai che cazzo me ne frega; Madman: Mi va a puttane il cervello; Salmo: Death USB; Fabri Fibra: Palle piene; Marracash: Vendetta. Potremmo continuare per un bel po’, ricordando forse qualche nome d’artista: Rancore, Ernia, Danno, Diablobay666, eccetera.

Questo pianeta parallelo sono i nostri adolescenti, generazioni allattate con il magnetismo dello smartphone – quanti papà e mamme affettuose hanno lanciato urletti di gioia vedendo manovrare con le ditine piccoline il loro telefonino dal pupetto di qualche mese alla ricerca del cartone preferito? – e poco propense a cambiare orizzonte di attenzione. Li abbiamo persi di vista per un po’ e adesso, in campagna elettorale con la goffaggine tipica dell’ultimo arrivato (più elegante: “late comer”), pretendiamo di conquistare la loro simpatia in campagna elettorale facendo cucù da TikTok.

Diceva Totò: ma mi faccia il piacere!! I sondaggisti calcolano che il 43% dei giovani tra 18 e 34 anni non andrà a votare. C’è da scommettere che i più giovani saranno i più latitanti, e il problema è grave, perché questo sarebbe un furto di futuro. Ecco: invece che TikTok con qualche faccia carina e la battuta ganza (che oltretutto non se la fila nessuno), si pensi a questo pezzo d’Italia come alla risorsa da cogliere. Prima che appassisca del tutto e che il rapper Rancore ci faccia l’inno nazionale.



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