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Nel tranquillo mare dell’impunità

I fatti parlano chiaro. Nel solo pomeriggio di mercoledì, sono state respinte due importanti istanze di legalità: la sfiducia nei confronti del Presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni e il procedimento per gli arresti domiciliari al Sen. De Gregorio. Accuse e scuse. E se è palese che i voti della Lega siano stati determinanti per la salvezza di Formigoni, risulta meno chiaro a quali schieramenti politici e coalizioni, formali o meno, vadano attribuiti i voti in Senato.
Dietro al voto segreto, retorico vessillo della libertà individuale dei parlamentari, si cela la più completa deresponsabilizzazione del ceto politico nei confronti dei cittadini. Che non sapranno domani, alle prossime elezioni, chi hanno di fronte: e si sa che la memoria è un antidoto fallace in politica.
 
A rileggere l’art. 10 del decreto anticorruzione e suoi emendamenti, ancora in discussione, appare chiaro che lo smantellamento delle responsabilità individuali sembra preoccupare solo in parte le Camere e il Governo. L’articolo prevede difatti la creazione di un’anagrafe degli amministratori locali, in cui far figurare anche “le presenze ai lavori dell´istituzione e, ove possibile ai sensi dei regolamenti delle rispettive assemblee o organi collegiali, i voti espressi sugli atti adottati dalla stessa [amministrazione]”. Un passo avanti, dunque? Mezzo. Perché rimane da chiedersi come mai una simile anagrafe non dovrebbe riguardare ex ante tutti i candidati, permettendo il controllo preventivo da parte dell’elettorato. Non sarebbe complesso, dal punto di vista informatico, suddividere ex post il sottoinsieme degli eletti.
 
Inoltre, il provvedimento in discussione è tremendamente parziale, dal momento che non sembra includere i provvedimenti legali, civili o penali, pendenti o conclusi a carico del candidato/eletto. Tutto molto opaco, dunque, nonostante una risoluzione efficace potrebbe essere adottata attraverso le norme sulla c.d. incandidabilità. Secondo quanto previsto dallo stesso articolo, sono soggetti a incandidabilità tutti i condannati (con sentenza definitiva) per: associazione a delinquere, reati di stampo mafioso, estorsione e usura; riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita; trasferimento fraudolento di valori; messa comunicazione delle variazioni patrimoniali da parte delle persone sottoposte a una misura di prevenzione. La carica elettiva è, in caso, da ritenersi nulla.
 
A non voler apparire disincantati, ancora una volta non si registra che mezzo passo in avanti. Perché, nonostante l’oggetto del ddl in esame, non tutti i reati connessi alla corruzione e alle sue varie fattispecie sono inclusi nella norma, e diventa noioso chiedersi il perché.
Cosa si profila all’orizzonte? I politici indagati per corruzione aumenteranno, “sostituendo” quelli per associazione a delinquere, traffici illeciti e compagnia, perché tutto cambi e resti com’era. E a giudicare dai fatti di cui sopra, anche gli indagati per corruzione navigheranno sereni verso la prescrizione, in poppa alle loro poltrone, nel tranquillo mare dell’impunità.
 
Marta Fana @martafana
Laureata in Economia Europea presso l´Università di Roma Tor Vergata. Ha conseguito il Master of science a Toulouse School of Economics e il Master of Art in Economics presso il Collegio Carlo Alberto di Torino

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