L’adorazione forse rappresenta il senso più alto del pontificato di Benedetto XVI. Anche lo scorso giovedì, nella processione del Corpus Domini, il Papa l’ha esaltato. Ha ricordato le adorazioni dei giovani, a Colonia, Madrid e Zagabria. Ha sottolineato che in quell’esperienza siamo tutti uguali. Il Papa che ha fatto del Vangelo la sua stella polare, della figura di Gesù Cristo il senso di una vita, vola più alto delle polemiche e delle delazioni. Ancora più alto delle indiscrezioni giornalistiche, in cui si parla di riunioni segrete con cardinali, interrogatori, rivelazioni, liste di giornalisti. Più in alto dei collegamenti impropri tra la vicenda Vatileaks ela sfiducia del Consiglio di Sovrintendenza dello IOR ad Ettore Gotti Tedeschi,ormai ex presidente dell’organo pontificio.
E poi, è stata la prefazione al libro “Il Gesù di Nazaret all’Università” (Libreria Editrice Vaticana) scritta da mons. Georg Gaenswein, segretario di Benedetto XVI,a riportare una ventata di freschezza all’interno della Curia. Una prefazione che fa notare come l’immagine di questo Papa poco o raramente abbia coinciso con la sostanza di questo Papa. Si deve comprendere, Benedetto XVI. Se ne deve conoscere la storia. Ci si deve approcciare a lui con “quell’anticipo di simpatia” con cui ci si approccia ad una persona che non si conosce, lo stesso anticipo di simpatia che lui chiese nella prefazione del primo volume del suo Gesù di Nazaret.
L’adorazione del Corpus Domini e la prefazione di mons.Gaenswein – in rapida successione giovedì e venerdì scorso – hanno rappresentato un segnale. È arrivato il tempo di occuparsi davvero della Chiesa. Di cominciare a raccontarla. Di cercare di capirla. Ci sono interi pezzi di Magistero di Benedetto XVI che sono nascosti ai grandi media. Tre giorni di viaggio a Milano, durante i quali il Papa ha toccato tutti i temi, sono stati in qualche modo oscurati da parte da Vatileaks, il maggiordomo e tutto quello che ne consegue. Il rischio è quello non di guardare la realtà da un punto di vista, ma di cercare di guardare qualcosa dal buco della serratura.
Il risultato degli ultimi scandali vaticani, fatti filtrare ad arte e fatti rimbombare in una maniera incessante, è che ci si può trovare davanti a un Papa per la prima volta davvero solo. Chi avrà più il coraggio di scrivere a Benedetto XVI, al suo segretario, o anche più semplicemente alla Segreteria di Stato? Chi penserà che le lettere non siano magari fotocopiate e pubblicate? Non serve avere grossi segreti per temere questo scenario. Basta avere semplice voglia di riservatezza.
Così, quello che sembrava un attacco ai suoi collaboratori diretti si configura sempre più come un attacco allo stesso Papa. Se questo è il nodo centrale della vicenda, è anche vero che il racconto della vicenda stessa si concentra sui personaggi, li insegue, focalizza la questione su dettagli che fanno perdere di vista l’insieme.
Prima, il Magistero di Benedetto XVI era nascosto. C’erano interi discorsi di Benedetto XVI che venivano sottovalutati. “E’ un Papa che non ci dà titoli”, era la giustificazione comune. Il pubblico vuole temi forti, gesti forti, innovativi. Benedetto XVI invece costruisce discorsi come cattedrali, lega ogni frase indissolubilmente all’altra, racconta la fede con argomenti di ragione. Troppo difficile riassumere tutto questo in un titolo. Meglio cercare il sottotesto, il significato “politico” che potrebbe avere quella dichiarazione, la polemica “ecclesiale” che ci può essere dietro quell’altro discorso. Per nascondere le cose, in fondo, non serve metterle dietro un angolo. Basta metterle bene in vista, ma coprirle di fumo.
Oggi, il Magistero di Benedetto XVI è ancora più nascosto. Ed è forse un nascondimento voluto. Per un Papa che punta dritto verso l’anno della Fede, che cerca di ricondurre la Chiesa verso l’unità, c’è bisogno di un qualcosa che distolga l’attenzione. Che mostri una Chiesa divisa. Che lasci il Papa solo su una torre d’avorio e gli dia l’immagine di un uomo avulso dalla realtà. Eppure, nonostante il suo Magistero sia nascosto, nonostante i tentativi di isolarlo, il Papa non è davvero solo. E lo dimostrano i fedeli che anche ieri, per l’Angelus della domenica, hanno affollato piazza San Pietro. Il Papa ha ricordato le vittime del terremoto, sottolineando che “anche l’Eucarestia è rimasta sotto le macerie”. Una situazione analoga a quella della Chiesa oggi, sotto le macerie del terremoto provocato da scandali veri e presunti.
La risposta di Benedetto XVI è stata, come sempre, quella di affidarsi alla preghiera. “E’ una situazione – ha detto ieri all´Angelus – che fa risaltare ancora di più l’importanza di essere uniti nel nome del Signore, e la forza che viene dal Pane eucaristico, chiamato anche “pane dei pellegrini”. Dalla condivisione di questo Pane nasce e si rinnova la capacità di condividere anche la vita e i beni, di portare i pesi gli uni degli altri, di essere ospitali e accoglienti”.
Andrea Gagliarducci
vaticanista
La Sicilia, Il Tempo, korazym.org