Con il Nutriscore l’Europa rischia di fare un passo indietro per quanto riguarda la libertà di scelta del consumatore. Conversazione con Pietro Paganini, presidente di Competere.eu, il centro studi per le politiche sull’innovazione e la sostenibilità che si è impegnato per promuovere la consapevolezza e la libertà di scelta dei consumatori
Secondo i media internazionali e anche qualche testata nazionale gli studi realizzati dalla Commissione Ue per supportare la tanto discussa riforma del Fronte Pacco, cioè delle etichette alimentari, confermano la validità del Nutriscore. Il famoso schema a semaforo con le lettere A-E non piace all’Italia perché i prodotti della dieta mediterranea e del Made in Italy sarebbero quasi tutti tra l’arancione e il rosso, tra la D e la E. Lo schema piace alle multinazionali straniere e alle catene di distribuzione di Francia e Germania perché gli consente di creare nuove formulazioni sfruttando il salutiamo ideologico e la guerra a zucchero, sale, e grassi saturi. Se gli studi promuovono il Nutriscore i tentativi di Italia, Grecia, Spagna e altri membri della Ue contrari al Nutriscore sono vani? Lo chiediamo a Pietro Paganini, presidente di Competere.eu il centro studi per le politiche sull’innovazione e la sostenibilità che più di tutti si è impegnato per promuovere la consapevolezza e la libertà di scelta dei consumatori, e favorire schemi, cioè etichette, che si fondano su serie e valide basi scientifiche.
“Lo studio che la Commissione Europea ha appena aggiornato non promuove il Nutriscore, semmai lo sconfessa. Al contrario di quello che si è letto in queste ore. Le agenzie internazionali hanno riportato male la notizia o in modo parziale, o qualcuno ha avuto interesse a stravolgerla. La scienza con buona pace dei sacerdoti francesi del Nutriscore sta portando evidenze difficilmente corroborabili che dimostrano l’inefficacia del Nutriscore. Nessun dato ottenuto da esperienze della vita reale dimostra i presunti benefici dello schema francese. Infatti la Comunità scientifica europea è in larga parte contraria allo schema a semaforo. Per altro il Nutriscore nasce vecchio al cospetto dei nuovi risultati della ricerca scientifica e all’evoluzione tecnologica che indirizza la nutrizione verso diete personalizzate”, dichiara Paganini.
Gli studi in mano alla Commissione cosa dicono?
Sono studi pubblici, chiunque li può leggere e farsi un’opinione. Il dato principale che emerge dall’aggiornamento dello studio sui sistemi di etichettatura nutrizionale compiuto dal servizio scientifico interno della Commissione Europea (JRC) conferma che lo schema Nutriscore non porta benefici. Le analisi che abbiamo fatto a Competere.eu – centro studi europeo di policy specializzato sulla nutrizione sostenibile – smantellano l’interpretazione favorevole al Nutriscore data al documento da numerose testate giornalistiche. Sotto la spinta di ambienti francesi e tedeschi, la stampa internazionale ha posto l’accento su alcuni aspetti marginali invece che su quelli più sostanziali.
Ma il Nutriscore piace ai consumatori, si riporta nell’aggiornamento allo studio.
Ci sono le bugie, le grandi bugie, e poi c’è la statistica. Lo studio effettivamente dice che i consumatori, specie quelli a basso reddito, preferiscono gli schemi semplici a colori, poiché li considerano un mezzo per ottenere rapidamente informazioni sulla composizione nutrizionale degli alimenti al momento dell’acquisto. Si tratta di un sondaggio le cui domande possono essere fuorvianti. Cambia la domanda e cambia la risposta.
Se piace ai consumatori piace anche alla Commissione.
Non è questo il fattore importante. L’obiettivo dell’etichettatura è far sì che attraverso un’alimentazione più sana si migliori la salute delle persone. Da questo punto di vista, che è l’unico realmente importante a cui dare attenzione, lo studio non conferma affatto i presunti benefici del Nutriscore. È chiaro che un messaggio semplice richieda meno tempo per essere compreso e che uno schema a colori richiami maggiormente l’attenzione, ma questo non si traduce necessariamente in un miglioramento della dieta. Lo studio, infatti, al punto 4 delle conclusioni afferma con grande chiarezza che “potrebbe esserci un gap tra i sistemi di etichettatura nutrizionale che i consumatori dicono di preferire e quelli che realmente li aiutano a prendere decisioni informate per una nutrizione migliore”.
Per i sostenitori del Nutriscore ci sono argomenti scientifici solidi, mentre la posizione italiana è solo spinta da interessi economici. Lei dice il contrario.
Dalla Francia il bue vuole far cornuto l’asino. Vedo più interessi ideologici (pericolosissimi) e economici tra chi sostiene il Nutriscore che tra chi vuole tutelare la libertà dei cittadini – come noi a Competere – o il Made in Italy – come Mario Draghi sta facendo con il governo e tutte le associazioni di categoria.
A sostenere la presunta idoneità del Nutriscore a migliorare la dieta dei consumatori sono solo studi basati su modelli matematici applicati a posteriori su studi epidemiologici già esistenti. Come ha rilevato il nostro comitato scientifico (composto anche da nutrizionisti autorevoli a livello internazionale), il JRC conferma invece che nel contesto della vita reale non si è prodotta alcuna evidenza a supporto di tale idoneità. Malgrado i frequenti tentativi dei suoi promotori di accreditarne le basi scientifiche, nessuno studio è in grado di dimostrare una dinamica di causa-effetto, né conferma che l’utilizzo del Nutriscore possa avere conseguenze positive per la salute dei consumatori. Non a caso – conclude Paganini – la maggioranza della comunità scientifica in Europa è contraria al Nutriscore, con ben 323 scienziati e 19 associazioni medico-scientifiche che si sono espressi ufficialmente contro lo schema a semaforo. Resta da capire perché la stampa internazionale continua a diffondere informazioni non corrette, e perché la Commissione Europea non fa nulla per correggere o smentire.
Spieghi meglio.
Il Nutriscore nasce vecchio e in una cultura paternalista e totalitaria. Le ricerche più recenti nell’ambito della nutrizione dimostrano che il successo di una dieta dipende da molti fattori, come l stile di vita, la genetica, le relazioni sociali, etc. Questa prospettiva associata all’evoluzione tecnologica ci consente di elaborare diete personalizzate all’istante sulla base di chi siamo e come ci sentiamo in un preciso momento. Cosa mangiare dipende da tanti fattori. Per il Nutriscore siamo tutti uguali e reagiamo tutti allo stesso modo a ingredienti presunti pericolosi (sui grassi saturi la scienza è divisa e si sta ravvedendo, per esempio).
Piuttosto che promuovere uno schema vecchio che risponde alla tradizione impositiva dei regimi totalitari in cui lo scienziato dello Stato sa cosa è giusto o sbagliato per ciascuno di noi, la Commissione dovrebbe preoccuparsi dei benefici e delle minacce legate alle diete personalizzate.
Se è un algoritmo elaborato appositamente per me a stabilire ciò che mi serve a livello energetico in un certo momento, attraverso dei software e dei dispositivi (orologi e telefoni intelligenti), delle conseguenze e dei rischi ci sono certamente. Chi detiene l’algoritmo, di chi sono i dati, chi li controlla, c’è il rischio che la mia dieta subisca interessi commerciali, etc… La Commissione Ue si dovrebbe occupare di questo e non di dirci cosa mangiare attraverso un algoritmo uguale per tutti.
Il Nutriscore che sembra così amichevole è dunque pericoloso?
Con il Nutriscore l’Europa rischia di fare un passo indietro per quanto riguarda la libertà di scelta del consumatore che viene trattato come un idiota. Fa due passi indietro perché propone un modello vecchio che Asia e Usa supereranno venendo poi a imporci la loro tecnologia e i loro algoritmi con bona pace dei burocrati di Brussels.