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La disaffezione dei giovani alla cosa pubblica è una sconfitta per tutti. Scrive Liuzzo

Occorre cambiare la rotta. Le nuove generazioni andrebbero coinvolte nei processi di cambiamento per provare a dare una scossa a una politica che ha dimostrato tutte le sue fragilità. Il 2 dicembre appuntamento con una Convention rivolta ai giovani in cui si discuterà di energie nel senso più ampio del termine. L’intervento di Romana Liuzzo, presidente della Fondazione Guido Carli

Non è certo un caso se due ragazzi su tre devono ancora capire se e per chi votare tra pochi giorni, il 25 settembre. Alla fine lasciano intendere che forse andranno alle urne, ma hanno poca o nessuna fiducia nella politica. Anzi, il consenso è ai minimi storici.

La sensazione percepita è che gli esponenti dei vari partiti non conoscano affatto i problemi e le priorità che segnano la vita degli under 30. A cominciare dall’accesso al lavoro, la scarsa retribuzione fino alla possibilità reale di crescita professionale.

Non è una questione di poco conto. Gli elettori tra i 18 e 26 anni sono 9,9 milioni, 3,8 milioni coloro che votano per la prima volta al Senato, su un totale di 51 milioni. Gli indecisi sono soprattutto quelli compresi nella fascia d’età tra 18 e 25 anni, l’ormai nota Generazione Z, che da sola assorbe il 13% del corpo elettorale.

Per comprendere le ragioni di questa evidente disaffezione alla politica, che poi è anche disamore della cosa pubblica, occorre scorrere i numeri che tracciano il corollario di tanta delusione.

In Italia la disoccupazione giovanile aumenta, siamo al 24 per cento secondo l’ultima rilevazione dell’Istat. La percentuale poi di ragazzi che lavorano ma percepiscono un reddito così basso da renderli a rischio povertà è in crescita in tutto il range delle età lavorative. Ma i più esposti a lavori mal retribuiti sono coloro che appartengono alla fascia d’età compresa fra i 20 e i 24 anni.

Le nuove generazioni andrebbero coinvolte nei processi di cambiamento per provare a dare una scossa a una politica che ha dimostrato tutte le sue fragilità. I giovani oggi sono un movimento politico e di opinione cui va data voce, mettendo da parte atteggiamenti paternalisti. I partiti li evocano ma li devono ascoltare davvero: questo significa dare risposte oltre che sull’ occupazione anche, per citarne una, sulla tutela dell’ambiente.

La narrazione di cotanto disincanto risulta ancor più paradossale se si considera che il 25 settembre potranno votare al Senato, per la prima volta, anche le ragazze e i ragazzi a partire dai 18 anni, grazie alla riforma costituzionale approvata lo scorso anno. Eppure, in campagna elettorale si parla soprattutto di flat tax e di riforme delle pensioni. Ma quali pensioni? Se c’è un solo pensiero che i ragazzi non possono fare proprio, è appunto quello della pensione, che non riusciranno mai a raggiungere.

Viene allora da chiedersi: che peso si dà alle istanze di questa generazione informata e impegnata, quella dei diritti e dei Fridays For Future, dei cervelli in fuga?

Pensiamo davvero di intercettare così la domanda di cambiamento di ragazzi appassionati, capaci di costruire movimenti di opinione che hanno la forza di riempire le piazze nonostante l’incapacità di fare comunità?

La superficialità con cui buona parte dei politici parla dei giovani e ai giovani, racconta molto di questo tempo così vuoto perché se non fossero così presi dal lancio compulsivo di slogan “usa e getta”, si accorgerebbero che quello di questa generazione è già un programma di governo che farebbe migliore questo Paese. Dai ragazzi arriva una profondità che non siamo ancora capaci di sentire e una solidarietà che non siamo più in grado di praticare. Ascoltiamoli allora ma sul serio. Coinvolgerli significa confrontarsi con prospettive innovative e uscire dall’immobilismo che troppo spesso attanaglia l’Italia. Significa credere che i giovani rappresentino il nostro presente non solo il futuro. Insomma è sempre più necessaria una visione.

È la ragione per la quale la Fondazione Guido Carli ha deciso di essere in prima linea anche in questa partita strategica per il futuro del Paese. La campagna elettorale del resto sta per terminare. Ancora pochi giorni e poi ci si potrà fermare e pensare al tempo che verrà, come se fosse una semina. Allora promuovere una serie di iniziative con cui appunto parlare ai giovani e per i giovani diventa fondamentale. Per farlo, per dialogare anche con loro, la Fondazione che ho l’onore di presiedere ha organizzato, il 2 dicembre prossimo, la nostra Convention inaugurale, in cui si discuterà di Energie nel senso più ampio del termine, ma anche di come e quanto dopo la pandemia e ora con la guerra, e i prezzi alle stelle, stiano cambiando i nostri stili di vita. E presto saremo essere costretti a cambiare perfino le nostre consuetudini energetiche. I giovani – c’è da scommetterci – già lo sanno. Per loro non sarà un problema guardare avanti. A patto che ci si ricordi di loro. Delle loro istanze e della loro ideale piattaforma politica. Se i partiti non ascolteranno quel coro che oggi appare muto, allora sarà davvero inutile anche solo pensare ad un futuro migliore da condividere con le nuove generazioni.

 

 



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