Skip to main content

Putin si gioca il suo futuro sulla mobilitazione

Di Andrei Soldatov e Irina Borogan

Il decreto di mobilitazione di Putin ha colpito ogni regione del Paese e i censori non possono più nascondere la guerra alla popolazione russa. Nessuno sa chi potrebbe essere il prossimo arruolato. Nessuno è indenne. Questo potrebbe spingere ciascuno a pensare solo a se stesso e ai propri cari (arrivando a odiare gli ucraini). Ma la crisi potrebbe anche avvelenare parti della società tradizionalmente fedeli al Cremlino. Le prospettive di Soldatov e Borogan (Cepa)

La negazione della realtà di Vladimir Putin è finita. Era già evidente a tutti che il suo piano per l'”operazione” in Ucraina non stava funzionando, ma lui vi si è attenuto con un fervore quasi religioso. Sul campo di battaglia, i militari sono stati costretti a mettere toppe al tessuto sfilacciato del piano originale, piuttosto che sviluppare qualcosa di nuovo, anche se l’esercito ucraino ha costantemente raggiunto la superiorità sia in termini numerici che di equipaggiamento.

Le controffensive ucraine di questo mese sembravano, infine, avere un effetto di risveglio sul leader russo. Dal punto di vista del Cremlino, la sconfitta era un’escalation e necessitava di una risposta. Anche la doccia fredda che Putin ha ricevuto al vertice della Shanghai Cooperation Organisation (SCO) a Samarcanda da parte dei leader di diversi Paesi teoricamente solidali non ha aiutato.

Putin aveva diverse opzioni quando la sua guerra ha virato per il peggio: mobilitazione, attacco nucleare tattico e/o attacchi massicci contro le infrastrutture civili dell’Ucraina. Ogni opzione aveva un obiettivo: la mobilitazione per aiutare a far fronte alle crescenti capacità militari ucraine; un attacco nucleare per inviare un segnale agli Stati Uniti e all’Europa; un attacco alle infrastrutture per provocare una nuova crisi di rifugiati con milioni di persone in fuga verso l’Europa durante i rigidi mesi invernali (questo sarebbe quindi stato progettato per colpire i governi europei).

Le ultime due opzioni erano estremamente rischiose, proprio come il piano iniziale del Cremlino per l’attacco all’Ucraina, sviluppato dal Consiglio di Sicurezza russo.

Per mesi, i militari hanno fatto pressione per la prima opzione. Dal suo punto di vista, gli insuccessi in Ucraina non sono stati causati da un cattivo addestramento, da una logistica debole e da comunicazioni obsolete, ma da una cattiva intelligence e dalla mancanza di soldati. Avendo preso il controllo della raccolta di informazioni tattiche in estate (anche se non è servito), la richiesta di manodopera aggiuntiva è diventata fondamentale.

Gli ufficiali russi ritengono che l’esercito disponga ancora di unità ben addestrate, come le brigate Spetsnaz, ma che queste truppe siano state utilizzate male e sprecate a causa della mancanza di fanteria regolare – facile da addestrare e da rifornire con i nuovi mobilitati. Pensano anche che questo sia esattamente il problema che avevano gli ucraini all’inizio della guerra, e che hanno superato con successo.

Putin era riluttante ad accettare questo fatto (per l’ormai noto motivo: porta la realtà della guerra in casa del popolo russo), quindi ha provato prima a fare qualcos’altro, dando il via libera al reclutamento di prigionieri e a un attacco alle infrastrutture energetiche. Nessuno dei due ha funzionato a sufficienza per cambiare il corso della guerra.

La mobilitazione potrebbe facilmente diventare un fattore di cambiamento, sia sul campo di battaglia in Ucraina che in Russia, ma non necessariamente nel modo in cui è intesa.

Dal 21 settembre, ogni famiglia russa è stata messa al corrente del fatto che i propri figli, fratelli e padri potrebbero essere mandati in guerra e potrebbero non tornare mai più. Non era mai successo nulla di simile ai russi dal 1945, e questo ha provocato un brivido di paura in tutto il Paese.

A livello nazionale, la crisi causata dalla mobilitazione ha già fatto esplodere la censura russa su Internet, che si presumeva inviolabile. Il sistema era stato pensato per limitare la diffusione delle informazioni in una o due regioni, per evitare che le notizie sulle proteste si diffondessero nel resto del Paese, interrompendo così la catena di ispirazione digitale che può alimentare le rivoluzioni.

Ma il decreto di mobilitazione di Putin ha colpito ogni regione del Paese – dalla Buryatia a Mosca – e i censori non possono far fronte al traffico di video su Telegram e altrove che mostrano donne in lacrime e uomini depressi di tutte le generazioni che vengono caricati su autobus per essere portati direttamente sul campo di battaglia.

È anche una svolta nel rapporto tra esercito e imprese. Quelle aziende, piccole e grandi, che hanno ottenuto contratti militari per resistere alle sanzioni o che sono state semplicemente lasciate sole a fingere che tutto fosse business as usual, ora devono cedere il loro personale all’esercito. Questo crea nuove pressioni sulla stabilità politica del regime.

Una mobilitazione di massa è anche un potente strumento di coercizione per l’intera popolazione: nessuno sa chi potrebbe essere il prossimo arruolato. Nessuno è indenne.

Questo contribuisce ad alimentare un’aria di incertezza. L’attuale crisi potrebbe avere una piega diversa: potrebbe intimidire la popolazione, costringendola a pensare solo a se stessa e ai propri cari (arrivando a odiare gli ucraini), distruggendo così di fatto le ultime vestigia della società civile. Ma la crisi potrebbe anche avvelenare parti della società tradizionalmente fedeli al Cremlino – la maggior parte delle regioni e delle imprese – e spingerle a rivoltarsi contro Putin.

L’articolo originale in lingua inglese è apparso sul sito del Center for European Policy Analysis (CEPA) con il titolo “Putin Gambles His Future on Mobilization”.

×

Iscriviti alla newsletter