La leader di Fratelli d’Italia viene additata come neo-fascista o populista, ma l’analisi è più complessa. Driessen (Jcu) e Jones (Eui) spiegano come Meloni dovrà bilanciare impegni di governo e l’appartenenza a una linea politica internazionale cresciuta negli ultimi anni, il sovranismo cattolico
I risultati elettorali italiani sono stati recepiti con preoccupazione nel mondo liberale anglosassone, quali sono le impressioni estere sul prossimo governo? Esiste un rischio per la posizione italiana a livello internazionale? Ne parliamo con Erik Jones, Direttore del Robert Schuman Centre for Advanced Studies della European University Institute, e Michael Driessen, professore associato del Dipartimento di Political Science and International Affairs alla John Cabot University.
Abbiamo visto che la vittoria di Fratelli d’Italia è stata accolta dai quotidiani del mondo anglosassone con titoli abbastanza allarmisti. Tuttavia Giorgia Meloni sembra stia facendo di tutto per rassicurare gli animi.
Erik Jones – Per il momento credo che Meloni continuerà a giocare sulla prudenza e sulla moderazione, anche per avere accesso ai fondi europei così necessari per l’Italia. Non credo che le convenga iniziare battaglie con le istituzioni europee o con la Nato. Il periodo è duro e tra inflazione e costo dell’energia il governo si troverà a gestire una situazione micidiale. Sono appena stato a Bruxelles, e il clima è di grandi interrogativi, le parole di Ursula von der Leyen sono esemplificative dei dubbi che corrono tra le istituzioni comunitarie. Berlusconi e Salvini costituiscono ovviamente un’incognita, e non hanno fatto molto per fugare i dubbi su di loro viste le uscite sulle sanzioni e sull’Ucraina. Gli investitori americani sono piuttosto spaventati dai loro possibili ruoli nel governo, preferiscono di gran lunga Meloni.
Si parla di tranquillizzare Bruxelles e i mercati con nomi affidabili di ministri. Si parla di Fabio Panetta al Ministero dell’Economia e delle Finanze, ma non sono convinto che per lui sia una buona idea tornare in Italia. Tra l’altro a Meloni converrebbe avere un ministro in linea con le sue posizioni, non uno con cui litigare su ogni cosa. Tremonti non credo abbia molta voglia di fare il ministro. Per quanto riguarda Draghi non credo che pensi di mantenere un ruolo in Italia nemmeno dietro le quinte. Se non decide di ritirarsi a vita privata, esistono tante organizzazioni internazionali che vorrebbero averlo, potrebbe essere d’aiuto per il suo Paese in altri contesti.
Le elezioni italiane, l’exploit dell’estrema destra in Svezia, Vox in Spagna, Le Pen in Francia, Trump negli Stati Uniti, poi c’è l’Est Europa. Stiamo assistendo a una crisi di fiducia nella democrazia liberale in Occidente?
Michael Driessen – Leggo questi risultati elettorali nel quadro della recente letteratura sul de-consolidamento della democrazia, della perdita di vigore e valorizzazione democratica, e questa elezione è un’ulteriore conferma di questa preoccupazione. Sicuramente va inquadrato dentro questa sfida. La letteratura accademica ci dice varie cose sulle motivazioni. Alcune sono certamente legate ancora alla crisi del 2008, al rallentamento della crescita e all’aumento delle disuguaglianze, non dobbiamo dimenticarci questo aspetto in relazione al populismo. Poi c’è la polarizzazione. Negli Stati Uniti e in Europa esistono drivers differenti, ma sicuramente osserviamo un riposizionamento di valori che sta creando una divisione esistenziale tra due campi. Io sono soprattutto esperto del lato politico della religione, e vedo molto questo fenomeno su Giorgia Meloni. Il legame di Meloni con il mondo dei christian conservatives americani è molto importante, e uno dei primi che benedisse la Meloni fu appunto Mike Pompeo, una delle figure chiave di questo movimento.
Lei crede alla minaccia per la tenuta democratica, come hanno scritto alcuni giornali internazionali?
Michael Driessen – Bella domanda, di difficile risposta. Sicuramente non bisogna sottovalutare questo fenomeno. Il sovranismo cattolico che si sta sviluppando in tutta Europa è arrivato a una critica intellettuale molto profonda del sistema democratico liberale, bisogna capire in che direzione va e fino a che punto arriva. Certo, dieci anni fa non avrei dato lo stesso peso a queste critiche. Meloni ha scarsa esperienza di governo, bisognerà vedere chi sceglierà nella sua squadra. Di sicuro ha potenziale per creare conflitto e polarizzazione. Io sono abbastanza fiducioso nella tenuta democratica e credo sia importante non montare troppo il discorso della minaccia. La leader di Fratelli d’Italia è stata eletta democraticamente.
Esiste uno spazio di manovra perché la coalizione possa aprire sulla Russia?
Michael Driessen – Meloni ha una posizione interessante. Da un lato ha provato a far valere la sua fedeltà allo schieramento atlantico, molto più Berlusconi e Salvini. Dall’altro rappresenta una grossa fetta dell’elettorato di destra che vorrebbe negoziare. Dubito che riuscirà a farlo perché non ha ancora il prestigio internazionale per mettersi a trattare, però qualcosa potrebbe fare sulle sanzioni. Paradossalmente si trovano d’accordo con Papa Francesco e questo potrebbe dar loro uno spazio politico da sfruttare. Sicuramente, se scegliessero questa strada incontrerebbero molta pressione contraria da parte degli Stati Uniti, e questa è la principale ragione per cui probabilmente non si avverrà un cambio di linea. Washington sta tenendo una linea molto chiara sulla vittoria ucraina, contraria a qualunque negoziato che preveda cessioni territoriali in favore di Mosca. Quanto gli Stati Uniti continueranno a sostenere Kiev è una buona domanda, ma almeno per ora va così.