Skip to main content

Biden, la difesa della democrazia e Meloni secondo Eric Terzuolo 

L’ex diplomatico spiega che negli Stati Uniti c’è preoccupazione per la tenuta del sistema politico in patria. L’amministrazione si muove anche a livello internazionale. Riflettori puntati sul summit di dicembre e sull’Ungheria di Orbán

“È un positivo che il presidente Joe Biden si focalizzi sulla difesa delle democrazie”. È il commento a Formiche.net di Eric Terzuolo, professore all’American University di Washington, diplomatico statunitense a riposo con un passato da ministro consigliere per gli affari politici a Roma, già direttore del corso sull’Europa occidentale presso il Foreign Service Institute.

“È un sentimento molto diffuso negli Stati Uniti, i sondaggi lo dimostrano”, spiega. “Le persone sono più preoccupate dalla dimensione interna, specie dopo quanto accaduto il 6 gennaio dell’anno scorso a Campidoglio, che ai trend della democrazia all’estero. Ma è giusto”, osserva, “che Biden presti attenzione e tenti di fare qualcosa in questo momento difficile per la democrazia come l’abbiamo conosciuta negli ultimi decenni. Non è catastrofismo, è realismo”.

I commenti di Terzuolo arrivano a pochi giorni dalle dichiarazioni dell’amministrazione Biden dopo le elezioni italiane che hanno visto la vittoria di Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia. Sono stati tre i commenti: le parole di Biden sulla tenuta delle democrazie da leggersi, come spiegato su Formiche.net, in chiave interna ed elettorale; il tweet di Antony Blinken, segretario di Stato, che ha dettagliato i tre punti centrali del rapporto bilaterale secondo Washington, cioè sostegno all’Ucraina, diritti umani ed economia sostenibile; le parole di Ned Price, portavoce del dipartimento di Stato, in un punto con la stampa nella giornata di lunedì.

“Il prossimo governo italiano non è ancora stato formato, quindi non spetta a me parlare di un futuro governo in Italia”, ha esordito Price ribadendo il rispetto statunitense per la politica italiana (gli Stati Uniti sono abituati alla differenza dei sistemi politici: Washington sa che Roma ha le sue specificità). “Ma naturalmente l’Italia e gli Stati Uniti sono stretti alleati, siamo partner, siamo amici”, ha continuato ricordando poi le celebrazioni dei 160 anni di relazioni diplomatiche l’anno scorso – un particolare che dimostra come il tema sia stato preparato dalla diplomazia di Washington. “Siamo pronti e desiderosi di lavorare con qualsiasi governo italiano che emerga dal processo elettorale per portare avanti i nostri numerosi obiettivi e interessi comuni”, ha aggiunto. Infine, “a proposito di questa cooperazione, sarei negligente se non dicessi una parola sul primo ministro uscente [Mario] Draghi. Lo ringraziamo per la sua leadership forte e visionaria in un momento critico della storia italiana, europea e mondiale, e per la sua dedizione ai valori che i nostri Paesi condividono ormai da decenni”, ha chiosato ribadendo il forte apprezzamento americano verso l’ex governatore della Banca centrale europea, emerso con chiarezza durante la sua recente visita a New York.

Dall’elemento umano non si scappa. Meloni potrà piacere o meno a Biden, andare d’accordo o meno con lui. Ma il clima che si respira nel mondo diplomatico non è pessimista, al netto della stampa americana che insiste nel definire fascista la leader di Fratelli d’Italia, spesso per usarla a fini interni nel confronto tra Biden e il suo predecessore Donald Trump e il mondo repubblicano-trumpiano. Qualcuno si spinge a ricordare i tempi in cui arrivarono a Palazzo Chigi Silvio Berlusconi e Massimo D’Alema, primo e unico con un passato nel Partito comunista italiano a diventare presidente del Consiglio. Anche in quel caso i rapporti solidi e storici hanno continuato il loro percorso.

Piuttosto, i timori a Washington riguardano due aspetti: le simpatie verso la Russia da parte degli alleati di Meloni, Berlusconi ma soprattutto Matteo Salvini, leader della Lega; il rapporto con l’Ungheria di Viktor Orbán e le possibile ripercussioni sugli equilibri dell’Unione europea. A questo proposito, Price nei giorni scorsi ha spiegato che è “troppo presto” per dire se l’Ungheria prenderà parte al Summit delle democrazie di fine anno dopo essere stata esclusa dal primo appuntamento nel 2021.



×

Iscriviti alla newsletter