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Il rebus di Pechino sui vaccini anti-Covid

Il governo cinese aveva promesso due vaccini con tecnologia mRNA per fermare la diffusione del virus, uno di produzione nazionale e uno straniero. Tuttavia, sulla campagna vaccinale i cinesi sono ancora indietro. E Moderna ha respinto la richiesta di cedere la formula. Il ritardo nel riconoscimento di un vaccino straniero sembra fare parte di un esercizio profondamente politico di Xi

Pechino insiste nella rigida politica zero Covid, nonostante i costi economici. Imposta discutibili metodi di localizzazione della popolazione e limitazioni che rasentano il totalitarismo.

E lo fa probabilmente perché la strada per una campagna vaccinale efficace è ancora tutta da percorrere. Di recente, le autorità cinesi hanno chiesto alla casa farmaceutica Moderna di fornire ai loro esperti la formula della proprietà intellettuale per la produzione del vaccino con tecnologia mRNA, fino adesso l’unica che ha garantito buoni risultati a livello mondiale nel contenimento degli effetti del virus.

Secondo alcune fonti coinvolte nei negoziati, la Cina ha cominciato a discutere con Moderna già dall’inizio della pandemia, nel 2020, per avere acceso a questa ricetta. Tuttavia, come riferisce il Financial Times, la richiesta è stata respinta per motivi di sicurezza e commerciali, sebbene le vendite sul mercato cinese continuino ad essere una priorità.

“La tecnologia del vaccino mRNA utilizzata da Moderna e BioNTech/Pfizer fornisce livelli di protezione più duraturi e più elevati rispetto alla tecnologia del vaccino inattivato utilizzata dai produttori cinesi – sottolinea il Financial Times -. Diverse aziende farmaceutiche cinesi stanno gareggiando per sviluppare un’alternativa all’mRNA fatta in casa, ma hanno lottato con l’emergere di varianti più infettive”.

Ad oggi, i cinesi hanno presentato due percorsi diversi per la distribuzione in Cina ai produttori stranieri di vaccini Covid-19: “Effettuare un trasferimento tecnologico completo a un produttore farmaceutico nazionale o stabilire un impianto di produzione in Cina con un partner locale, mantenendo il controllo della tecnologia sottostante. Moderna è stata costretta a scegliere la prima opzione”.

Così il gruppo tedesco BioNTech ha stretto un accordo con Shanghai Fosun Pharmaceutical per condurre studi clinici e commercializzare il suo vaccino nel 2020, mantenendo però il controllo della proprietà intellettuale.

La Cina, dunque, ha scommesso sui “vaccini homemade” che si basano su un metodo di inoculazione centenario e molto sicuramente superato dal Covid. Come ricorda il New York Times, la scorsa primavera la Cina ha detto che avrebbe approvato BioNTech, il vaccino tedesco di mRNA fabbricato con Pfizer. Mesi dopo, la Cina ha detto anche che era vicina a produrre il proprio vaccino mRNA. Nessuno di questi due è ancora disponibile”.

Questa mancanza ha riaperto il dibattito sulle falle nella strategia di gestione della pandemia. “Sotto il mandato di Xi Jinping – prosegue il New York Times -, il Paese si è chiuso in sé stesso, promuovendo l’autosufficienza e difendendo lo sviluppo in aree come i semiconduttori e altre tecnologie. Il ritardo nel riconoscimento di un vaccino mRNA straniero sembra fare parte di questo esercizio profondamente politico”.

La Cina è impegnata a competere con gli Stati Uniti, e l’Occidente in generale, sul terreno scientifico e di altre nuove tecnologie, per cui è difficile pensare che il governo non abbia investito grandi risorse nella ricerca di un vaccino mRNA. Tuttavia, il farmaco giusto non è ancora arrivato e le autorità cinesi fanno ancora resistenza ad autorizzare ufficialmente un vaccino di fabbricazione straniera.

Per ora si limitano alla politica zero Covid, una strategia con confinamenti e controlli rigidissimi che ha evitato milioni di contagi, ma che ha un grande effetto negativo. Secondo gli esperti, la popolazione non ha sviluppato un’immunità naturale sufficiente per combattere l’infezione severa, aumentando in questo modo l’importanza di trovare (o ammettere) un vaccino efficace in Cina e le conseguenti pressioni sociali e politiche per seguire un’altra strada nella battaglia contro il virus.



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