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La leadership femminile di Giorgia Meloni vista da Teodorescu

Il prossimo esecutivo, probabilmente guidato da Giorgia Meloni, è sotto i riflettori sia in casa che all’estero. Un pezzo del movimento femminista teme una regressione nel campo dei diritti civili. Ne abbiamo parlato con Loredana Teodorescu, presidente di Wiis – Women in international security Italy

Giorgia Meloni sta per sfondare il tetto di cristallo, con ogni probabilità sarà la prima donna a ricoprire il ruolo di Presidente del Consiglio. Il movimento femminista si è spaccato però sulla valenza di questo momento. Il suo essere una donna di destra, i suoi messaggi politici su famiglia, maternità e religione per alcuni sono l’inizio di un arretramento sui diritti civili. È davvero così? Ne abbiamo parlato con Loredana Teodorescu, Presidente di Wiis – Women in International Security Italy

Le affermazioni della ministra francese Boone hanno riportato l’attenzione sul tema dei diritti civili in relazione al prossimo governo. Secondo lei un governo di Giorgia Meloni farà dei dietrofront importanti sul mondo dei diritti civili in generale?

E’ chiaro che alcune dichiarazioni non lasciano ben sperare. Mentre ha assunto un atteggiamento più moderato su campi come la politica estera, è rimasta coerente con le proprie posizioni storiche sul discorso dei valori e dei diritti. Non possiamo prevedere cosa vorrà fare e cosa potrà effettivamente fare, contando che governerà con altre forze politiche. Di certo parlare oggi di questi temi ci ricorda che i diritti acquisiti non vanno dati per scontati. Lo vediamo in Afghanistan, in Iran, così come qui in Europa, in Italia, negli Stati Uniti.

Queste situazioni sono moniti a non abbassare la guardia, a tutelare e promuovere i diritti ogni giorno. In tutto questo, il percorso verso la parità di genere è ancora da compiere, esistono ancora parecchie questioni da affrontare. L’Istituto europeo per la parità di genere ci ricorda che siamo ancora a sessant’anni dal suo raggiungimento, e su questo la pandemia da covid ci ha fatto fare passi indietro, ad esempio si è ridotto il numero di donne che lavorano. Spero che il prossimo governo si occupi di queste questioni in modo serio.

Perché anche forze progressiste del centro-sinistra non riescono a sottrarsi a logiche in cui i posti di comando sono sempre riservati agli uomini?

Penso sia una domanda da farsi per sviluppare una seria riflessione interna. Credo sia collegata a una questione culturale presente nel nostro Paese. Purtroppo il frutto di questa mentalità porta ad atteggiamenti discriminatori, alla costruzione di barriere sociali, a preconcetti sulle modalità di lavoro, alla distribuzione iniqua delle responsabilità. Nei partiti in particolare prevalgono le logiche del network, del portare in posizioni apicali persone che si frequentano anche in cerchie informali, e questo è un ambito in cui le donne sono riuscite ancora a fare poco.

Per esempio è più probabile che una donna non stia a socializzare al di fuori dell’orario di lavoro, spesso per correre a casa per impegni familiari. Anche per rispondere a questo fenomeno sono nate negli anni organizzazioni come quella che presiedo, che mette in rete donne che si occupano di politica estera, pace e sicurezza internazionale. Poi c’è il discorso sul fatto che le donne che si sono affermate in politica a destra non vengono viste come minacce all’ordine patriarcale perché non sembrano volerlo modificare. Forse le donne a sinistra cercano di affermarsi anche in quel senso, cercano di scardinare un sistema di potere, ed è difficile che qualcuno rinunci al proprio in maniera autonoma per lasciare spazio a qualcun altro.

Quindi il femminismo è per forza legato alla sinistra?

Non sono un’amante delle categorie. Farei piuttosto una riflessione partendo dalla realtà dei fatti. Oggi accade che ci sono (e ci sono state) donne leader di destra o di centro-destra, Liz Truss, Theresa May, Marine Le Pen, Ursula Von der Leyen, Roberta Metsola, Angela Merkel. Bisognerebbe farsi domande su quali sono le caratteristiche di queste persone. Che tipo di leadership assumono? Rivestono un’immagine di donna tradizionale? Come sono arrivate al potere? Su quest’ultimo punto, ad esempio, Giorgia Meloni è contraria al sistema delle quote rosa, per prediligere la meritocrazia. Detto così non è un messaggio sbagliato, ma naturalmente esistono ostacoli sociali e culturali che rendono la base di partenza molto diversa tra uomini e donne. Quindi abbiamo bisogno di sistemi che rendano possibile l’emergere di donne di valore.

Lei ne fa un discorso trasversale, giustamente, però poi alcune forze politiche ne fanno una questione di identità partitica.

La questione importante è, al di là di professare dei princìpi, trovare un’applicazione concreta alle proprie idee. Il Partito Democratico non riesce né a esprimere la rappresentanza femminile, né a portare donne in posizioni di vertice. Se a portare una donna candidata premier è Fratelli d’Italia dobbiamo farci delle domande, poi certo possiamo parlare dello stile di leadership di Giorgia Meloni. Lei è maschile, relativamente allo stile di comando, è spavalda, muscolare, alza la voce con gli avversari, ha modi aggressivi. Non è la prima, ovviamente. Possiamo anche pensare che sia una modalità obbligata per emergere in un mondo maschile.

Il punto però è proprio questo: riuscire a evitare gli stereotipi, perché le donne sono diverse tra loro. L’ideale sarebbe poter esprimere il proprio modello di leadership senza doversi adattare a modelli esistenti, un discorso che si può fare anche per gli uomini tralaltro. E’ vero che Meloni non rivendica la sua femminilità, e questa neutralità la aiuta, ma in ogni caso sarà portatrice di prospettive nuove già solo per il fatto di essere donna e madre. Il fatto che sia emersa la sua sfera privata con la figlia sarebbe inusuale per la maggior parte dei suoi colleghi uomini.

Meloni a palazzo Chigi (forse). Che messaggio è per le donne italiane?

Nel 2022 avere una donna premier, che quindi infrange il tetto di cristallo, è un messaggio significativo che indica al Paese tempi maturi per una figura femminile al vertice politico. Poi sarà importante cosa farà concretamente, che tipo di istanze vorrà rappresentare.

Nel suo modo di fare politica mancherebbe l’elemento cardine del femminismo che è il fare rete, il legarsi ad altre donne per fare del proprio successo un successo collettivo, non un caso isolato. Di certo la sua ascesa può essere un segnale per le giovani donne che vogliono impegnarsi nella politica, ma deve appunto essere un apripista. Come disse Kamala Harris: sono la prima, ma non l’ultima. L’Associazione WIIS Italy di cui sono presidente si occupa anche di questo, creando programmi di mentoring che creino spazi per giovani donne nello spirito della collettivizzazione del risultato.

Qual è stata la sua reazione quando ha realizzato che la prima donna premier in Italia potrebbe essere una donna di destra?

Un po’ me l’aspettavo. Come Presidente di WIIS mi ha portato a farmi molte domande, che poi sono quelle di cui parliamo ora. Che tipo di leadership rappresenta, che messaggio dà. Il rischio è quello di sminuire la battaglia femminista accontentandosi di avere una donna in posizione di potere. Bisogna lavorare per una società inclusiva che miri alla partecipazione femminile in tutti i suoi settori.



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