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Sino a quando si parlerà di postura fascista?

Di Giorgio Merlo

Se la strategia della sinistra resta quella di soffiare sul fuoco e di radicalizzare il conflitto politico, allora dobbiamo prepararci ad una stagione politica che avrà come epilogo il ritorno, seppur aggiornato e rivisto, della logica degli “opposti estremismi” riportando le lancette della politica italiana indietro nel tempo

Dunque, dopo il voto del 25 settembre i temi che continuano a dominare il dibattito politico italiano sono quelli che già erano presenti nelle ultime fasi della campagna elettorale. E cioè, – cito le parole quasi a memoria – allarme democratico, compressione dei diritti, libertà a rischio, postura fascista, deriva illiberale, scontro sociale e via con queste cianfrusaglie propagandistiche e tardo ideologiche.

Ora, è sufficientemente noto che la sinistra comunista e post comunista nel nostro paese ha sempre coltivato l’idea di criminalizzare politicamente il suo avversario/nemico. Un nemico da liquidare per raggiungere il prima possibile il potere. Una ambizione, del resto, del tutto naturale e fisiologica nel dibattito politico ma, nel caso specifico, con l’aggiunta che l’obiettivo si deve raggiungere attraverso la permanente delegittimazione dell’avversario/nemico. Non a caso, e su questo versante, l’accusa è quasi sempre la stessa. Accanto alla delegittimazione morale dell’avversario attraverso l’ormai nota e collaudatissima “superiorità morale” della sinistra nei confronti di tutti gli altri competitori politici, persiste sempre l’accusa di un potenziale ritorno della deriva fascista o illiberale o antidemocratica se non si vincono le elezioni. Del resto, è stato così con la straordinaria esperienza politica, culturale e di governo della Democrazia Cristiana per svariati lustri; puntualmente si è manifestata dopo la fine della prima repubblica con Berlusconi; è proseguita con Salvini per lambire addirittura la fase guidata da Renzi, in particolare durante la stagione del referendum costituzionale.

E, come ovvio, non poteva che essere così, e a maggior ragione, con Giorgia Meloni e la sua coalizione di centrodestra. Ma, al di là di questa prassi ormai storica e lungamente sperimentata per essere ancora approfondita, è curioso, nonché singolare, che nella lunga filiera politica del Pci/PDS/Ds/Pd nulla sia cambiato. Anzi, continuiamo ad assistere alla medesima riproposizione della stessa impostazione politica e culturale. Ora, però, e al di là di qualsiasi riferimento storico, è anche giunto il momento per sapere se questa legislatura nei suoi vari tornanti sarà esclusivamente e principalmente caratterizzata da questa prassi. A giudicare da ciò che sta capitando concretamente in queste settimane non c’è alcun dubbio che questo sarà il filo rosso che legherà i vari tasselli del mosaico politico italiano.

E la vicenda della elezione dei vertici delle Camere non è che l’antipasto. Perché, al di là del giudizio che ognuno può e deve dare sul profilo politico dei due esponenti politici indicati e votati a maggioranza per la presidenza di Camera e Senato, è del tutto scontato che tracciare confronti e paragoni con chi ha rivestito questi ruoli nella stagione della prima repubblica è un esercizio improprio e del tutto forzato. Del resto, dopo l’arrivo della deriva populista e anti politica il quadro politico è cambiato radicalmente e la controprova l’abbiamo avuta proprio nella selezione del personale politico e anche nelle cariche istituzionali degli ultimi anni.

Ma il vero nodo della questione, adesso, è quello di capire se nei prossimi mesi dovremmo assistere ad un dibattito attorno al potenziale rischio di una postura fascista della maggioranza di centrodestra e di tutto ciò che questo comporta come sostiene a giorni alterni il segretario nazionale del Pd Letta, oppure se questa propaganda del tutto fuori luogo e fuori tempo prima o poi lascerà il campo alla politica, ai contenuti e all’azione di governo.

Dico questo perché se la strategia della sinistra resta quella di soffiare sul fuoco e di radicalizzare il conflitto politico, allora dobbiamo prepararci ad una stagione politica che avrà come epilogo il ritorno, seppur aggiornato e rivisto, della logica degli “opposti estremismi” riportando le lancette della politica italiana indietro nel tempo.

Ecco perché chi auspica, o meglio chi continua ad auspicare, un confronto politico ispirato ad una vera ed autentica democrazia dell’alternanza e che si basa sui contenuti, sul rispetto dell’avversario e su ricette programmatiche che si confrontano, non può che respingere questo ennesimo tentativo della sinistra di spostare il dibattito sul pregiudizio ideologico, sulla volontà di distruggere l’avversario/nemico politico e su temi che, francamente, esulano dalle dinamiche concrete che attraversano la società italiana e che, soprattutto, interessano la stragrande maggioranza dei cittadini italiani. Perché anche i pregiudizi ideologici, la “superiorità morale” e la polemica permanente prima o poi devono cedere il passo alla politica, ai contenuti e ad una normale e fisiologica democrazia dell’alternanza. Per la qualità della nostra democrazia e, soprattutto, per la credibilità delle nostre istituzioni democratiche.

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