Tra Pacifico e Mare nostrum, nella partita tra nuove, vecchie, grandi o medie potenze, l’Italia continua ad avere un ruolo importante, affinché l’Unione europea guardi anche più a sud. Chi c’era e cosa si è detto alla presentazione del saggio di Molinari, con Calenda e Minniti
Sullo sfondo di un mondo governato dal confronto tra democrazie e autocrazie, i mutamenti innescati dal conflitto che scuote l’Europa orientale, le ripercussioni sul fianco sud dell’Alleanza Atlantica e il valore connesso di un’Unione più centrata sul Mediterraneo pongono all’Italia nuove sfide. Che ruolo può giocare una media potenza come la nostra? Di questo e molto altro si è discusso alla presentazione del libro di Maurizio Molinari Il ritorno degli imperi. Come la guerra in Ucraina ha stravolto l’ordine globale, cui hanno partecipato Carlo Calenda, il segretario di Azione!, e Marco Minniti, presidente della Fondazione MedOr e già ministro dell’Interno, moderati dal direttore della rivista Formiche, Flavia Giacobbe, nella cornice del Tempio di Adriano.
Il saggio del direttore di Repubblica si pone le domande giuste al momento giusto. A che punto sono i quattro grandi imperi rivali – reali o potenziali – nel nuovo scacchiere geopolitico?
Il contesto multipolare
“Nel tempo, si è pensato erroneamente che gli imperi fossero finiti. È stato un errore, erano solo addormentati. Durante la Guerra fredda, nonostante i blocchi contrapposti, l’identità culturale è rimasta prevalente e questo è tornato a essere evidente con la caduta del muro di Berlino” ha esordito Calenda. Oggi, in un periodo che evidenzia che la sfida tra imperi è tornata alla ribalta, i due competitor sono due, gli Stati Uniti e la Cina. “Dopo che per anni la Repubblica popolare ha nascosto le sue capacità, oggi Xi si presenta al mondo come l’erede di Mao e si appresta a superare gli Usa”, ha continuato Minniti. Ai due imperi prevalenti, secondo il presidente di MedOr, si affiancherebbero nel quadro multipolare anche l’India e la Turchia di Erdogan che, a colpi di realpolitik cerca (e trova) uno spazio di mediazione prodotto dal conflitto ucraino.
La guerra in Ucraina ha stravolto gli equilibri mondiali. Bisogna perciò chiaramente rivedere strategie e piani. Il fronte transatlantico è trainato da una leadership forte, lodata dal direttore Molinari in molte parti del suo libro. “I mali delle democrazie si manifestano nello stesso modo nei diversi Paesi e vanno affrontati con un fronte comune. La giustizia economica, per esempio, è un vulnus troppo grande perché gli Stati lo affrontino da soli. Per questo, ritengo che Biden abbia con questa crisi dimostrato una strategia adatta alle circostanze”, ha aggiunto. Inoltre, a suo avviso “non è da tutti essere riuscito a trasformare la decisione più sbagliata – quella del ritiro da Kabul – in quella più giusta – quella di sostenere l’Ucraina”.
Baricentro mediterraneo
A questo punto, il panel si è chiesto dove si posizioni l’Europa. L’Unione è oggi, come sempre, un pivot degli equilibri mondiali.
Lo scossone ucraino ha chiarito che il Mediterraneo è un baricentro degli equilibri mondiali. Il Pacifico resta il fulcro della competizione sino-americana, ma il Mare nostrum resta centrale. L’Unione europea, come alleata Usa, affronta, secondo Minniti, alcune crisi suscettibili di sovvertire gli equilibri di pace. “Si tratta della crisi energetica, che si manifesta oggi con la sfida posta dall’Opec e dall’Opec+ sui prezzi del greggio; della tenaglia umanitaria e di quella della sicurezza, derivante dal terrorismo internazionale in Africa. In tutte queste sfide si è inserita la Russia di Putin e tra gli effetti del conflitto in Ucraina vi è quello di aver riportato l’attenzione su questi dossier che non vanno sottovalutati”.
Italia. La politica estera è interesse nazionale
Su questo è proprio l’Italia ad avere l’onere di tornare a pensare a una politica estera incisiva, portando l’Unione a riconoscere il suo fondamentale ruolo mediterraneo. Ci si chiede oggi quale politica estera potrà impostare lo Stivale: “per ora la linea della maggioranza sembra contraddittoria. Tra dichiarazioni di simpatia pro-russe e atlantismo, bisogna domandarsi se si troverà un equilibrio” ha continuato Calenda. Sul ruolo del Paese nel Vicinato, sarebbe in ogni caso fondamentale intercettare quei Paesi che democratici non sono per impedire che cascano nella morsa autocratica, ha concluso il segretario di Azione.
“Si parli in Parlamento delle decisioni di politica estera, ci si assuma la responsabilità. È questione di interesse nazionale che il nostro Paese non cambi la propria collocazione e che non cambi il proprio ruolo nella politica internazionale”, ha concluso Minniti, sottolineando in una certa misura il suo accordo con Calenda, proprio a conferma di quanto sia necessario un discorso politico responsabile che non cada nella trappola di una politica del “liberi tutti”, che quindi esiga diritti individuali e non prescriva doveri collettivi.