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Monti e il senso di meritocrazia

Cos’è la meritocrazia? La meritocrazia è una forma di governo dove le cariche amministrative, le cariche pubbliche, e qualsiasi ruolo che richieda responsabilità nei confronti degli altri, è affidata secondo criteri di merito, e non di appartenenza lobbistica, familiare (nepotismo e in senso allargato clientelismo) o di casta economica (oligarchia). Sembra una frase di un libro di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, e invece è più banalmente la definizione di Wikipedia.
 
Meritocrazia è una parola che sento da anni. Un valore riconosciuto universalmente ma difficile da applicare, in Italia come in molti altri Paesi europei. Il premier Mario Monti, in visita ufficiale negli States, intervistato dal Time, che lo ha innalzato a “uomo che salverà l’Italia e l’Europa intera”, ha trasmesso un messaggio importante: “è dovere dell´attuale esecutivo tentare di dare un senso di meritocrazia”. Il famoso cambio di mentalità. Non la riforma del mercato del lavoro, non lo sviluppo economico, la grande sfida del professor Monti si gioca sul tavolo della cultura. E’ una mission degna di Tom Cruise che scala il grattacielo più alto del mondo. Io credo che tutti noi dovremmo riflettere su queste parole.
 
Sarebbe un gesto di responsabilità nazionale cambiare rotta, cambiare marcia, svecchiare il sistema. Se fino ad oggi il modello vincente è stato quello dei politici che ricevevano donazioni, eredità, immobili, in cambio di favori per appalti, finanziamenti, progetti, finché durava, finché poi, qualcuno, qualche capro espiatorio, avrebbe pagato per tutte le loro colpe, oggi, con queste dichiarazioni, si vuol dare una sterzata alla manipolazione dei “giochi” di potere. Era il 2007 e Pierferdinando Casini disse ad un convegno: “Non si può parlare di merito se i primi a non osservare questa regola sono i professori e chi va in cattedra”. Ebbene, ci aveva visto lungo, anche perché sono passati 4 anni e quei professori ora ci governano. Non hanno una cattedra, hanno un ministero. Non insegnano agli studenti, insegnano ai cittadini. Non sono all’Università, sono nel Paese Italia. E la sfida è appena cominciata.
 
Anche la recente questione delle liberalizzazioni è legata in qualche modo al merito. Basti pensare ai tassisti, che ereditano la licenza e si oppongono ai provvedimenti che ne concedono di nuove a chi è disponibile a lavorare anche di notte e nei giorni festivi. O ai dipendenti pubblici, che si oppongono all’assegnazione di aumenti retributivi in base al merito, al raggiungimento del risultato. C’è bisogno di competitività. Ammodernamento dello Stato.
Io direi che è finito il tempo delle nomine dall’alto, di persone mediocri, prive di requisiti e competenze. Se si iniziasse proprio dalla classe politica e dirigente, forse la nuova generazione, quella tradita dal sistema delle raccomandazioni dei padrini e dei figliocci, potrebbe avere qualche speranza di riprendere in mano il suo futuro. Altrimenti sarà inutile parlare di posto fisso e di posto precario, non ci resterà – come disse Pier Luigi Celli – che emigrare.

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