Da Mao a Xi Jinping, i leader della Repubblica Popolare Cinese che si sono avvicendati alla guida del Paese sono quasi sempre emersi da sanguinose lotte interne all’élite del Partito. Con poche eccezioni, tra cui l’attuale Presidente e Segretario Generale
Nonostante sia una delle entità politiche più grandi del mondo, la Repubblica Popolare Cinese non dispone di uno strumento istituzionale per la successione del potere, e i vari leader che si sono succeduti lo hanno spesso fatto tramite violente lotte interne all’élite di partito. Questo è vero sin dai tempi di Mao Tse Tung. Con l’accettazione di un terzo mandato come Segretario Generale del Partito e presidente della Commissione Militare Centrale, il presidente Xi Jinping fa nuovamente pensare a un leader a vita.
Un articolo del Washington Post ha evidenziatoa le dinamiche di successione del potere dal Grande Timoniere ad oggi.
Mao Tse Tung
Mao assunse il pieno controllo del partito in una lotta per il potere nel 1935 durante la Lunga Marcia. Nel 1943 divenne formalmente segretario del partito, titolo che difese epurando gli avversari, fino alla morte, avvenuta nel settembre 1976.
Hua Guofeng
Nonostante il famoso endorsement da parte di Mao al suo successore designato, Hua ha dovuto combattere contro i maoisti noti come “la banda dei quattro” per arrivare al potere. Dovette cedere il potere a Deng Xiaoping nel 1981 dopo che quest’ultimo complottò per estrometterlo.
Deng Xiaoping
Deng non è mai stato segretario generale del partito, ma è stato comunque un leader di estremo rilievo per la Cina. Spesso definito come “l’architetto” del periodo di riforme economiche e aperture diplomatiche. Da veterano della rivoluzione si appoggiò soprattutto sull’esercito per mantenere il potere e fu costretto a dimettersi quando le forze armate uccisero migliaia di persone durante la repressione delle proteste a Pechino.
Hu Yaobang
Leader designato da Deng, è stato segretario del partito fino all’abolizione della carica nel 1982. Una prima picconata al suo potere da parte degli anziani conservatori che non gradivano i tentativi di riforme economiche e politiche, fino a estrometterlo dal potere nel 1987.
Zhao Ziyang
Ulteriore leader riformista, proseguì gli sforzi di Hu fino all’epurazione durante le proteste di piazza Tiananmen nel 1989, accusato di essere troppo solidale con gli studenti. Ha trascorso il resto della vita agli arresti domiciliari.
Jiang Zemin
Jiang ha dovuto affrontare il delicato momento politico successivo alle rivolte di piazza Tiananmen, organizzando una campagna di propaganda per ristabilire il controllo. Ha poi dovuto occuparsi delle riforme economiche mentre la Cina entrava nell’Organizzazione Mondiale del Commercio nel 2001. Nel 2002 lascia la guida del partito, anche se è rimasto a capo dell’esercito fino al 2005.
Hu Jintao
Con il suo stile di leadership sobrio, è stato spesso oscurato da Jiang, oltre a essere stato oggetto di critiche diffuse per la corruzione governativa e la disuguaglianza interna. Il passaggio di Hu a Xi Jinping tra la fine del 2012 e l’inizio del 2013 è stata la prima volta che le tre massime cariche del Paese – partito, esercito e Stato – sono state trasferite contemporaneamente.
Xi Jinping
Come Hu, è salito al potere in maniera graduale, senza passare per sanguinose lotte di potere. Se molti si aspettavano che avrebbe portato avanti le riforme del predecessore, Xi ha lanciato una dura campagna anti corruzione che si è tradotta nell’epurazione dei numerosi rivali, oltre alla repressione del dissenso nello Xinjiang e a Hong Kong.
L’attuale leader della Repubblica Popolare non mostra segni di allentamento della presa sul potere, anzi al contrario. I media di stato lo chiamano regolarmente “leader del popolo”, un appellativo quasi uguale a quello di “grande leader” riferito a Mao. Durante il discorso di chiusura dei lavori del Congresso del Pcc ha dichiarato che sotto la sua guida la Cina diventerà una superpotenza socialista moderna entro il 2049, il centenario della fondazione della nazione da parte di Mao.