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Non solo Russia. Anche l’Iran minaccia i cavi sottomarini

Di Gabriele Carrer ed Emanuele Rossi

Cresce la preoccupazione negli ambienti della Nato e dell’Unione europea per possibili operazioni di sabotaggio, in particolare da parte di Mosca, delle infrastrutture critiche sui fondali. Ma nel Golfo non servono mezzi troppo sofisticati e Teheran ne può approfittare

C’è crescente preoccupazione negli ambienti della Nato e dell’Unione europea per possibili operazioni di sabotaggio, in particolare da parte della Russia, delle infrastrutture sottomarine.

Come raccontato su Formiche.net, la scorsa settimana un cavo sottomarino che collega le isole Faroe alla Scozia continentale attraverso le isole Shetland e Orcadi è stato danneggiato in due punti diversi, lasciando gran parte delle isole senza connessione internet. Nel Sud della Francia, invece, tre cavi che collegano la città di Marsiglia a Lione, Milano e Barcellona sono stati tagliati. Le autorità francesi sospettano un atto di sabotaggio; quelle scozzesi, più caute, imputano i danni alle attività di navi da pesca di altura.

In una recente analisi per Ispi, Justin Sherman, esperto dell’Atlantic Council, ha sottolineato che “i governi occidentali spesso concettualizzano Internet come una cosa astratta – ‘cloud’, ‘cyberspazio’ – dimenticando che dipende da un’infrastruttura fisica per funzionare”. Facendolo, rischiano di sottovalutare le minacce delle autocrazie, come la Cina (con la sua “proiezione di influenza su e attraverso internet”) e la Russia (che tiene conto degli elementi fisici del cyberspazio tanto che avrebbe persino tagliato i cavi terrestri in fibra ottica quando ha annesso unilateralmente la Crimea nel 2014).

Nei mesi scorsi, è stato raggiunto finalmente un accordo politico tra il Parlamento europeo e gli Stati membri sulla nuova direttiva Nis 2 sulla sicurezza informatica, proposta dalla Commissione nel dicembre 2020. Rientreranno anche i cavi sottomarini, sui quali passano il 97% del traffico internet e 10 miliardi di dollari di transazioni finanziarie ogni anno. “Molti ministri della Difesa nella Nato e nell’Unione europea ed esperti hanno messo in guardia su sospette operazioni russe contro i cavi sottomarini in fibra ottica”, spiegava il relatore Bart Groothuis a Formiche.net. “Il timore è che possano mettersi in condizione di sabotarli. E proprio la Russia ha già fatto due test per disconnettersi da internet”, aggiungeva con riferimento ai tentativi da parte del governo di Mosca di mettere alla prova la tecnologia per un “internet sovrano”.

Sarebbe, tuttavia, un errore considerare soltanto Russia e Cina in grado di effettuare operazioni di sabotaggio. Nel Golfo Persico, per esempio, i requisiti si abbassano e servono forze anche meno sofisticate di quelle russe o cinesi. La profondità, infatti, raggiunge al massimo i 100 metri. Il che rende possibile forme di attacco più economiche con mine, ordigni esplosivi marittimi improvvisati (MIED) o persino navi mini-sommergibili e sommozzatori. Basti pensare che nel 2013 la Guardia costiera egiziana ha arrestato tre sub che stavano cercando di tagliare un cavo al largo di Alessandria.

Come racconta un recente rapporto dello Euro-Gulf Information Centre, la Marina del Corpo delle guardie della rivoluzione islamica (Sepâh) soddisfa questi requisiti e anzi, a differenza della Marina regolare iraniana, si è specializzato in questo tipo di attività, seppur presentino alcune criticità vista al dipendenza dell’Iran dai cavi legati ai Paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo, cioè ai potenziali target.

Nel maggio 2020, durante una parata di mezzi marittimi in dotazione alla sezione marina del Sepâh, sfilò un sottomarino a guida da remoto (Unmanned Underwater Vehicle, UUV). Ai tempi era un prototipo, ma considerando la rapidità delle evoluzioni con cui gli iraniani stanno sviluppando il loro arsenale, potrebbe essere già operativo — si vedano i livello tecnologico raggiunti dai droni acquistati dalla Russia impiegati in Ucraina.

Il mezzo riportava a sul fianco lo slogan khomeinista “Noi possiamo” ed è proprio sulla base di queste capacità di superficie e sottomarine che uno dei più importanti chokepoint del mondo, lo Stretto di Hormuz, è costantemente battuto da attività di sicurezza marittima. Strozzatura del Golfo Persico, via di passaggio di buona parte del petrolio e del gas naturale liquefatto commercializzato nel mondo. Ma la regione è anche un’importante intersezione di superstrade di dati intercontinentali, con un notevole traffico di informazioni che passa attraverso cavi in fibra ottica sottomarini e nodi costieri.

La sicurezza marittima dell’area è gestita sia dai Paesi costiero che da missioni internazionali come la International Maritime Security Construct “Sentinel” a guida statunitense oppure l’europea “Emasoh”, a cui partecipa anche l’Italia. Se finora è stata data attenzione alle attività di superficie — che già in passato sono state oggetto di sabotaggi condotti dalle unità di élite del Sepâh — sta crescendo l’attenzione al dominio sottomarino. Un trend che in questo periodo si allarga a tutti i quadranti, a cui rispondo diverse Marine nel mondo, tra cui anche quella italiana.

I funzionari iraniani hanno più volte minacciato la possibilità di bloccare lo Stretto di Hormuz in caso il Paese venisse attaccato. È del tutto probabile che quelle stesse capacità di usare mezzi di superficie per guidare i flussi marittimi del Golfo, ora l’Iran sia in grado di impiegarle per tranciare i cavi sottomarini isolando la regione dalle connessioni internet. D’altronde in quella zona incidenti sui cavi si sono già verificati: nel 2008 per esempio, quando il cavi “Falcon” è stato danneggiato nei pressi di Bandar Abbas a gennaio e tra Muscat e Dubai a febbraio; sempre a febbraio anche la connessione “Doha-Halul” era stata tranciata.

(Foto: www.submarinecablemap.com)


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