Mi sembra quasi si stia costruendo intorno a Benedetto XVI un’aura simile a quella che si è costruita ex post su Giovanni Paolo I: quella di un Papa che tutto vuole cambiare e che per questo viene minacciato da tutti anche dall’interno della Chiesa. Con la scusa che si difende Benedetto XVI, ma resta indifendibile la Curia e tutte le persone che sono intorno a Benedetto XVI. Eppure la rivoluzione tranquilla di Benedetto XVI, la tanto decantata (quando fa comodo) operazione di trasparenza finanziaria che ha portato avanti, la lotta alla pedofilia di cui ci si ricorda solo in determinate circostanze la ha portata avanti con l’aiuto di poche persone che gli sono fedeli e condividono la sua linea, e con la resistenza di molti all’interno della stessa Chiesa. Cosa fare di fronte a un Papa illuminato, l’ultimo dei benedettini, che dall’alto di un eremo e del suo intelletto propone la strada di una nuova civiltà?
Ecco gli attacchi alla moralità della Chiesa stessa, secondo un paradigma già sperimentato con successo da Hitler, in un crescendo che comincia con la lezione di Ratisbona (eppure da lì è cominciato un fecondo dialogo con l’Islam), comprende l’annus horribilis del 2010 con i ripetuti attacchi sul fronte pedofilia, e arrivano oggi prima agli attacchi sulle finanze vaticane e poi sulla trasparenza finanziaria (mossi come se ci si trovasse di fronte ad una SpA, e non ad uno Stato sovrano con cui si hanno relazioni diplomatiche) e poi con questo memo arrivato da chissà dove (pare, lo lascia intendere il cardinal Dario Castrillon Hoyos, arrivato da ambienti tedeschi) che mette in discussione la salute del Papa, la sua capacità di governo e la fedeltà di chi gli sta vicino. Ovviamente, è una dietrologia
che non sottende ai media. Ma è il modo in cui i media usano indiscrezioni, carte, piccole voci a far comprendere come possano essere usati, magari anche a loro insaputa. Un giornale deve vendere, e cosa è meglio di uno scandalo vaticano, magari un complotto, magari un problema finanziario, per far scattare nell´audience un pruriginoso interesse?
Di questi scandali si nutrono tutti: chi magari pensa già al prossimo conclave, chi magari vuole distogliere l’attenzione da quello che è realmente la Chiesa (quando si parla del lavoro diplomatico, vivo e forte, che fa la Santa Sede? Quando si parla del lavoro alla base, presente e costante, che fanno le parrocchie? Quando, anche più semplicemente, si scrive delle parole del Papa cercando di comprenderle e non di strumentalizzarle?), chi molto più semplicemente vuole distogliere l’attenzione da problemi più grandi.
Così, mentre si consumano le ipotesi di complotto, si perde di vista quello che succede magari proprio nel giardino di casa propria. E che si perda di vista il viaggio negli Stati Uniti del premier Monti, ad esempio. Intanto, l’opinione pubblica diventa sempre più opinione pubblicata. Nello “scoop” del *Fatto* ci sono inesattezze, a partire dalla confusione tra Pio XII e Giovanni Paolo I arrivando al numero dei cattolici nel mondo (sono 1,2 miliardi, non 2).
Sembra qualcosa confezionato in fretta, sull’onda dell’emozione per lo scoop. E così, nell’ansia da scoop, si è lasciato da parte il tempo per la riflessione principe del giornalista: la notizia che sto per dare è una reale notizia? E sarà utile alla collettività per capire? Perché dietro alla nebulosa del complotto e della lotta di Curia, la sostanza viene a mancare. E il cristianesimo, in tutto questo, sembra un pallino lontano.
Magari servirà a bruciare qualche nome. Ma non a capire. E, dopo aver capito, a criticare le cose che non vanno davvero. Perché in queste storie alla fine non c’è un buono o un cattivo. Ci sono solo sfumature di grigi.
Andrea Gagliarducci
vaticanista
La Sicilia, Il Tempo, korazym.org