O Donald ha già da oggi in mente di far spazio a un qualche altro candidato, oppure, se i Repubblicani non vogliono lasciare la Casa Bianca ai Democratici, è meglio che fin dall’inizio decidano di sostenere The Big Orange Guy accantonando ogni altra possibilità fino al 2028. L’analisi di Lucio Martino
Mancano ormai poche ore al momento in cui l’ex presidente Donald Trump si presenterà al pubblico per spiegare come, e soprattutto in che veste, intende affrontare un prossimo ciclo politico destinato a concludersi con le elezioni generali del 2024, cosa questa che rende irresistibile la tentazione di chiedersi cosa questi abbia davvero in mente, se intenda davvero tornare alla Casa Bianca. Sotto questo punto di vista sono tre le ipotesi intorno alle quali si coagula un minimo di credibilità.
La prima è che Trump risponda soprattutto a un forte desiderio di riscatto al tempo stesso intriso da un altrettanto forte desiderio di rivalsa nei confronti dei tanti e diversi attori, politici e non, che ne hanno infangata l’immagine a suo avviso ingiustamente, oltre che compromesso la realizzazione della sua agenda programmatica. In questo caso, la ricerca di una sua personale rivincita porrebbe quantomeno in secondo piano qualsiasi altro fattore.
La seconda è che Trump sia intimamente convinto di essere l’unico in grado di portare a termine un progetto politico fondamentale per conservarne un’identità nazionale da ultimo messa in discussione anche da più di un esponente di spicco del suo stesso partito. E questo nonostante le polemiche che una sua candidatura catalizzerebbe sulla sua persona e il pesante fardello che si ritroverebbe comunque sulle spalle, anche a fronte di una sua vittoria.
La terza è che Trump stia cercando di ritagliarsi un ruolo di “padre nobile” del conservatorismo americano, rendendosi conto di non essere più la persona migliore per portare a termine il suo progetto politico, anche nell’eventualità di un suo ritorno alla Casa Bianca. In questo caso potrebbe puntare al più a essere nominato speaker di una Camera a maggioranza repubblicana. In altre parole, una sua nuova candidatura avrebbe come vero obiettivo l’imposizione di un suo diretto erede in aggiunta alla sua agenda politica.
Qualsiasi cosa abbia in mente Trump, non sono pochi i notabili del Partito Repubblicano che preferirebbero che l’ex presidente annunciasse la sua definitiva uscita di scena. Del resto, su quanto Repubblicani influenti come, solo per fare qualche esempio, Mitch McConnell, Mitt Romney e poi i Cheney e poi i Bush ne abbiano già da tempo preso, per così dire, le distanze non c’è dubbio alcuno. Altrettanto indubbio è quindi che una sua nuova corsa alla nomina del Partito Repubblicano sarà tutt’altro che incontrastata.
Ed è forse anche per questo che i media degli ultimi giorni stanno accreditando la possibilità che il processo di selezione del candidato repubblicano alle presidenziali del 2024 si risolva in uno scontro tra Donald Trump e quel Ron De Santis appena trionfalmente confermato governatore della Florida. Cosa questa senz’altro possibile, eppure al tempo stesso molto improbabile.
Per rendersene conto è necessario considerare per un momento l’ipotesi di un dibattito televisivo in cui si confrontano Trump e De Santis. Poi è altrettanto necessario considerare come, in questo tipo di situazioni, Trump si sia sempre dimostrato non solo sgradevolmente offensivo, ma anche e soprattutto sgradevolmente offensivo in modo molto efficace. Una volta davanti le telecamere, Trump non cerca di prevalere sul suo avversario semplicemente dimostrando la superiorità dei suoi argomenti, ma cerca di distruggerlo personalmente esponendone le debolezze per ridicolizzarlo agli occhi dell’intero Paese.
Durante le primarie repubblicane del 2016, Trump con una battuta ha distrutto, uno dopo l’altro, Repubblicani del calibro dell’allora lanciatissimo governatore del Wisconsin Scott Walker (Dumb-Dumb Walker), del governatore della Florida Jeb Bush (Low Energy Jeb), del senatore della Florida Marco Rubio (Little Marco), del senatore del Texas Ted Cruz (Lying Ted), per non dire di quello che ha fatto con Democratici come la senatrice Hillary Clinton (Crooked Hillary), il miliardario Mike Bloomberg (Mini Mike), la senatrice della California Kamala Harris (Nasty Kamala), la senatrice del Massachusetts Elizabeth Warren (Pocahontas) e ovviamente Sleepy Joe.
Poste le personalità dell’uno e dell’altro, uno scontro tra Trump e Desantimonious sarebbe uno scontro tra titani destinato a protrarsi per mesi e mesi, uno scontro che andrebbe molto al di là di quanto si è visto nelle ultime tornate elettorali, uno scontro destinato ad alienare la base dell’uno oppure dell’altro e, quindi, uno scontro che tornerebbe a favore solo dei Democratici. Delle due l’una: o Trump ha già da oggi in mente di far spazio a un qualche altro candidato, oppure, se i Repubblicani non vogliono lasciare la Casa Bianca ai Democratici, è meglio che fin dall’inizio decidano di sostenere The Big Orange Guy accantonando ogni altra possibilità fino al 2028.