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Intelligenza artificiale e diplomazia. Verso la capacità di prevedere i conflitti

Di Paola Pisano

Dagli Stati Uniti agli Emirati Arabi Uniti (e l’Italia), molti corpi diplomatici indagano sull’uso di tecnologie per orientare prima e meglio le decisioni internazionali. L’intervento di Paola Pisano, professoressa associata di Business and Innovation Management del Dipartimento di Economia e Statistica dell’Università di Torino, già ministro dell’Innovazione e digitalizzazione

 

Se l’intelligenza artificiale mantenesse le aspettative di “trasformatore” dati in informazioni necessarie e non disponibili, molte sarebbero le cose che potremmo fare.

Se fossimo una azienda come Amazon, probabilmente riusciremmo ad anticipare le richieste di prodotti dei clienti, inviandoli a casa  loro prima che li ordinino. E se fossimo un governo? Potremmo intervenire prima che una crisi si renda evidente per salvare i nostri connazionali. Oppure, saremmo in grado di evitare di sprecare giorni preziosi prima di scoprire di essere nel mezzo di una emergenza sanitaria o prima che una  calamità naturale abbia inizio. Sarebbe quindi possibile migliorare la sicurezza dei nostri Paesi e dei nostri cittadini grazie all’uso dell’intelligenza artificiale nella previsione di eventi critici?

Non stupisce che questa curiosità stia guidando il corpo diplomatico di molti paesi verso l’uso di tecnologie di analisi dati, per orientare prima e meglio azioni le decisioni internazionali grazie a strumenti di previsione. Il Dipartimento di Stato americano ha presentato la sua prima “Enterprise Data Strategy” nel settembre 2021; il Foreign, Commonwealth and Development Office (FCDO) del Regno Unito, mira a “alla creazione di un’organizzazione esperta, innovativa e agile in materia di digitale, dati e tecnologia”.

Il governo degli Emirati Arabi Uniti ha annunciato il lancio della piattaforma delle Nazioni Unite “Big Data for Sustainable Development” nel 2022, diventando uno dei quattro Paesi ad ospitare la sede regionale della piattaforma. Accanto ad essi, il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale italiano ha avviato, in questi mesi, vari progetti per analizzare dati, liberamente consultabili e usabili sul web, al fine di individuare in anticipo eventuali situazioni critiche a livello internazionale. Un primo risultato arriva dalla collaborazione tra la Farnesina e l’Università di Torino. Grazie anche al lavoro di due brillanti laureandi in una disciplina a cavallo tra Matematica e Informatica- Marco Tagliapietra e Luca Macis – sono stati realizzati due sistemi informatici per prevedere i conflitti attraverso l’utilizzo di banche dati pubbliche e l’impiego di sistemi di Machine Learning e Intelligenza Artificiale basati su reti neurali artificiali.

Nel primo sistema, con l’obiettivo di individuare le variabili utili per prevedere un conflitto, sono stati utilizzati dati provenienti da sei banche pubbliche tra cui quelle dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) e l’Uppsala Conflict Data Program (UCDP). Indicatori come il numero di richiedenti asilo politico, la percentuale di persone con accesso all’acqua potabile o il livello di libertà di espressione all’interno di un Paese, fanno parte delle 22 variabili individuate. Per ognuna di esse, è stato calcolato un indice di importanza in base al modificarsi della traiettoria con l’avvicinarsi del conflitto. Maggiore la modifica di traiettoria, più rilevante la variabile per la previsione del conflitto. I risultati raggiunti sono buoni. L’algoritmo di predizione, basato sulle variabili identificate, ha predetto in modo corretto entità e futuro conflitto nell’anno, 8 volte su 10.

A questo primo strumento di previsione, è stato aggiunto un sistema di allerta per individuare un possibile inizio di conflitto armato in un intervallo temporale di sei mesi. Il Global Database of Events, Language, and Tone (Gdelt) realizzato da Google Jigsaw e l’Armed Conflict Location & Event Data Project (Acled) sono le basi dati considerate. Mentre la prima, Gdelt, monitora le notizie diplomatiche in oltre 100 lingue, la seconda , Acled, raccoglie in tutto il mondo dati sugli eventi di violenza e di protesta. Le informazioni delle due basi dati  sono state organizzate in due macro categorie “giorni normali” e “giorni pre-conflitto”. Nella prima categoria giorni normali, i dati caratterizzano una giornata ordinaria. Nella seconda – giorni pre-conflitto – i dati sono indicatori di segnali anche deboli di una prossima crisi. Così divisi, i dati sono stati usati per addestrare una rete neurale artificiale. Questo modello di apprendimento automatico, ha imparato ad individuare in modo autonomo le differenze tra le due tipologie di giorni e il conseguente avvicinarsi del conflitto. Testato sul caso della guerra della Russia nei confronti dell’Ucraina, ha identificato i giorni di “pre-conflitto” a partire dal 13 settembre 2021 fino all’effettivo inizio della guerra.

Per vincere la sfida di una diplomazia moderna nell’era dell’informazione digitale, in cui la previsione rappresenta il cuore del prendere decisioni in situazioni incerte, progetti come questi sono necessari ma non sufficienti.  Continuità e strategie basate su approcci incrementali e sperimentali devono essere abbinate a collaborazioni e investimenti in infrastrutture tecnologiche sicure e facili da usare, per la raccolta, analisi, condivisione e visualizzazione dei dati. Assunzioni di data analyst, formazione del personale diplomatico e un forte sostegno da parte del nuovo ministro Antonio Tajani sono elementi imprescindibili per cogliere le opportunità che le nuove tecnologie mettono a disposizione. Benché molte applicazioni ormai facciano parte della nostra vita quotidiana, gli usi dell’intelligenza artificiale sono ancora limitati e i risultati non immediati. Questa tecnologia sembra regalarci l’impossibile.

Guidando automobili in modo autonomo, creando immagini da descrizioni testuali, scoprendo nuovi farmaci e aiutando a prendere decisioni migliori grazie a previsioni più accurate. Il giudizio umano farà sempre  parte di questo processo, ma sistemi di intelligenza artificiale potrebbero cambiare potenzialmente soggetti, luoghi, tempi e modalità nel prendere le decisioni. La scienza ci insegna a non trascurare niente, diceva Faraday. Non partecipare a questo cambiamento significa trascurare la possibilità di trasformare i 2,5 quintilioni di byte che ogni giorno l’umanità produce in intuizioni, informazioni e vantaggio competitivo. Per garantire anche in futuro all’Italia la posizione di rilievo che merita in Europa e sulla scena mondiale. E non va trascurata.


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