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Berlusconi, il futuro del centrodestra e la nota di Napolitano: riflessioni estive a freddo

Prima di Ferragosto (a proposito, auguri a tutti i lettori di Formiche!), è d’obbligo effettuare una riflessione sulla situazione politica, alla luce anche della nota diramata ieri dal Presidente Napolitano. Come volevasi dimostrare lo strepitio scomposto dei più aggressivi pidiellini si è rivelato inutile, Napolitano ha ben circoscritto la situazione, ponendo al centro due elementi: l’impossibilità di sciogliere le Camere per eventuali elezioni anticipate e la necessità di sostenere l’attuale esecutivo. Due dati di cui era impossibile non tener conto, che rendevano, agli occhi degli osservatori più attenti e meno “influenzabili” dai retroscena giornalistici, obbligato il percorso da seguire. Lo ribadisco: le elezioni non si terranno prima della primavera del 2015, terminato il semestre di presidenza italiano. Il Presidente ha anche lasciato aperta l’eventualità della grazia, con tutti i paletti e le norme da rispettare. E’ evidente l’intenzione di seguire un trasparente percorso istituzionale per valutare la possibilità di “riabilitare” politicamente Berlusconi. Pura illusione il pensare che Napolitano avrebbe dato via ad una scomposta gimcana nel tentativo di salvare Berlusconi o avrebbe avallato la sua esecuzione politica. Per cui possiamo rilassarci tranquilli, nonostante le “obbligate” tensioni politiche (soprattutto per definire le posizioni all’interno dei partiti) non succederà nulla. Chiosa sulla legge elettorale: dal 3 dicembre in poi, a pronunciamento della Corte avvenuto, si inizierà davvero a ragionare su come modificarla.

Questa l’attualità politica. Un pensiero, infine, mi sento di fare in merito alla situazione del centrodestra, anche alla luce del bellissimo libri di Giovanni Orsina “Il berlusconismo nella storia d’Italia“, editore Marsilio. La ricostruzione di un rinnovato centrodestra non può prescindere né dal valore positivo che Berlusconi ha esercitato dal 1994 in poi (centralità delle istanze liberali, liberazione di una parte di elettorato silente ma importante, messa sul tavolo della questione “popperiana” rispetto a quella “platonica”, preferenza per la politica dello scetticismo invece che di quella della fede). Il vero fallimento è stato solo ed esclusivamente politico, risalente per la precisione al governo 2001 – 2006. Il cambiamento dei toni (dal sogno alla paura) spiega la posizione difensiva assunta dalla proposta di Berlusconi, crollata nel 2011 per le molteplici contraddizioni tra il promesso e ciò che si è compiuto al governo. Prendere atto di queste due realtà è fondamentale per porre nuove basi per il futuro, evitando di disperdere un consenso importante, dinamico e vitale.

Continuo a pensare che solo riformando la Costituzione (forma di governo, forma di Stato) sia possibile creare un’architettura che sia in grado di garantire rapidità ed efficacia nelle decisioni, avendo quel sistema di pesi e contrappesi necessario in ogni democrazia moderna ed avanzata. Senza questo passo, vedo con difficoltà il miglioramento di un sistema istituzionale liso, logoro, strappato, poco credibile nella sua struttura.

A Berlusconi è fornito un’ultima e grande opportunità: quella di lasciare il palazzo e di partecipare, come soggetto politico, ad una grande campagna per l’indizione di un referendum d’indirizzo, che assuma la valenza di quello del 1946. Oggi che la sua parabola politica sta giungendo al termine cadono tutte le perplessità di coloro che temevano una presunta “dittatura arcoriana”. La partita può finalmente essere giocata a carte scoperte. Il futuro del centrodestra, oggi così nebuloso, passa anche da qui.

 



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