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Ospitalità Made in Italy e certezza delle regole. La ricetta di Trovato (Airbnb)

Di Giorgio Rutelli

Aprire le case degli italiani per generare nuove opportunità e ampliare l’offerta turistica. Oggi Airbnb, la piattaforma di locazioni brevi, scommette su questa formula per contribuire all’economia del turismo nazionale e locale. Il tutto ri-partendo dalle famiglie e dai loro immobili. Il country manager Giacomo Trovato ha una proposta per rendere più chiara e omogenea la legislazione che regola questo settore. Ecco quale

Airbnb è una piattaforma che permette alla comunità degli host italiani di mettere in vetrina la propria casa e trovare persone che cercano affitti brevi. Abbiamo chiesto a Giacomo Trovato, country manager per l’Italia e il Sud-Est Europa della società, di raccontarci come funziona, chi sono le persone che usano questo servizio, quali sono le ricadute economiche e come sta cambiando questo mondo.

Che impatto hanno gli affitti brevi sul turismo italiano? 

Il turismo in casa è da tempo parte della tradizione dell’ospitalità Made in Italy, apprezzata sia dai viaggiatori domestici, sia dagli stranieri. Più l’esperienza è genuina, maggiore è il gradimento: non a caso sono gli host occasionali, che condividono magari un solo immobile, a far registrare i punteggi più alti nelle recensioni. Secondo una ricerca realizzata da Quorum, 8 italiani su 10 sono favorevoli alla possibilità per i privati cittadini di affittare la propria casa attraverso piattaforme turistiche digitali, e ritengono che l’impatto delle locazioni brevi per fini turistici sull’economia delle città sia positivo (82% del campione).

Siamo altrettanto consapevoli che alcune città d’arte molto frequentate la pressione turistica e abitativa costituiscano delle sfide, che vorremmo poter dare una mano a risolvere. Auspichiamo una legislazione sugli affitti brevi omogenea a livello nazionale, chiara e facilmente attuabile, per trovare un equilibrio fra le esigenze dei residenti e un turismo sostenibile, e crediamo che  una cabina di regia  guidata dal ministro Santanchè sia fondamentale. La nostra ricetta comprende registrazione nazionale obbligatoria, condivisione dei dati, definizione di criteri nazionali per definire e mappare le aree sotto stress dove intervenire, e tutela della piccola proprietà privata, distinguendola chiaramente dalle attività imprenditoriali da disciplinare in maniera più stringente.

Gli host sono diventati una parte innovativa dell’offerta turistica italiana. Chi sono? Che profili hanno?

Gli occasionali costituiscono una parte significativa dell’offerta: 8 annunci su 10 appartengono ad una sola persona che affitta solo quell’immobile. Circa il 50% degli annunci sono seconde case che non vengono mai state usate dai proprietari; il restante 50% sono invece luoghi in cui l’host vive o dove passa del tempo occasionalmente. Questo spiega per esempio perché molte famiglie non siano interessate ad affittare l’appartamento per periodi lunghi.

Ospitare in casa è un modo per la classe media di far fronte alle spese: 1 host su 2 ci ha detto di affittare per far tornare i conti, e fare fronte all’inflazione e alle spese crescenti. In un momento di crisi come questo, le persone comuni hanno diritto a mettere a reddito il proprio patrimonio immobiliare per arrivare a fine mese. Non stiamo parlando di un tentativo di investire, arricchirsi o di alzare il proprio tenore di vita: casomai di mantenerlo.

Che effetto hanno le locazioni brevi sulle economie locali e sui territori? 

Dell’importanza di ospitare per il bilancio familiare abbiamo già detto. Grazie ad Airbnb, la classe media ha potuto valorizzare e mettere a reddito un asset patrimoniale non sfruttato – la seconda casa – con benefici anche in termini di indotto: dalla prima e importante ristrutturazione per prepararsi ad accogliere il primo ospite, al commercio di vicinato e alla ristorazione.

Crediamo inoltre che la nostra tecnologia possa contribuire a decentralizzare il turismo e rappresenta un antidoto al turismo di massa. Abbiamo notato che gli ospiti che utilizzano strumenti di ricerca flessibile che abbiamo man mano introdotto sono molto più propensi (+35,5%) a visitare piccole destinazioni rispetto a chi usa il metodo di prenotazione tradizionale.

L’esperienza del Covid ha dato nuova spinta al concetto di prossimità, e il turismo è ripartito anche dalla scoperta dei piccoli borghi e dei luoghi spesso dimenticati. Quali sono le iniziative e i progetti di Airbnb per valorizzare queste aree del nostro Paese?

Nonostante il turismo sia tornato a livelli pre pandemici, i piccoli centri e le aree rurali tendono a crescere di più rispetto alle grandi città. Le 10 città europee più visitate in Europa con Airbnb – tra cui Parigi, Barcellona e Roma – rappresentavano nel 2019 il 20% di tutti i viaggi, mentre oggi, nel 2022, rappresentano solo il 14%.

Vogliamo cercare di assecondare questa tendenza. Lo scorso maggio abbiamo introdotto la categoria Dimore Storiche su Airbnb e insieme all’Associazione Dimore Storiche Italiane stiamo lavorando per promuovere il patrimonio culturale italiano e consentire a chiunque di vivere in prima persona uno dei più grandi musei diffusi del nostro paese – il patrimonio immobiliare privato – fatto di castelli, ville affrescate e torri antiche. 

Molte destinazioni emergenti si riposizionano oggi in nuove geografie del turismo, del lavoro e della vita. Come si costruisce una meta ideale per accogliere nomadi digitali ed esploratori di nuovi equilibri tra vita e lavoro? 

Lo scorso aprile abbiamo lanciato a livello globale il programma Live and Work Anywhere, con l’intento di individuare le destinazioni più adatte e collaborare con enti locali e aziende di promozione turistica per attrezzare e promuovere questi territori come dei veri e propri “hub” per nomadi digitali. Si tratta di un’opportunità unica per l’Italia, dato che la piattaforma solo nei primi 3 mesi dell’anno ha visto aumentare le ricerche di viaggi in solitaria e a lungo termine nel nostro Paese del 90% rispetto allo stesso periodo pre-pandemia. Le mete selezionate sono state scelte per la loro attrattività o perché al passo con i cambiamenti normativi o amministrativi necessari ad accogliere chi sceglie di vivere e lavorare da remoto in una zona diversa da quella di residenza. Tra le 20 località scelte in tutto il mondo, due sono italiane: la regione Friuli Venezia Giulia e Brindisi con la sua provincia.

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