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Priolo non russa più. La mossa del governo Meloni

Lukoil

Il governo mira a evitare la chiusura dell’impianto, di proprietà dell’azienda russa Lukoil, per via dell’imminente embargo sul petrolio russo. Questione di sicurezza nazionale, spiega Urso (Mimit), attivando Golden power e Cdp. Contemporaneamente si lascia spazio alle trattative

Giovedì il governo di Giorgia Meloni ha presentato un decreto-legge per porre la raffineria Isab di Priolo, di proprietà della russa Lukoil, sotto amministrazione fiduciaria temporanea. L’obiettivo è evitarne la chiusura, in vista dell’embargo europeo sul petrolio russo deciso a giugno e in auge da lunedì prossimo, 5 dicembre. Un commissariamento necessario “a tutela dell’interesse nazionale nei settori produttivi strategici”, come spiega il decreto.

La crisi energetica è diventata un’emergenza, spiega il comunicato stampa del ministero per le Imprese guidato da Adolfo Urso; esistono rischi imminenti riguardo alla continuità produttiva che mettono a repentaglio l’interesse nazionale. In sintesi: la raffineria di Priolo rischia di rimanere a secco di greggio, che da mesi arriva esclusivamente dalla Russia per via dei timori delle banche nell’offrire garanzie per l’operato di un ente russo.

La materia ha forte valenza strategica. Priolo rappresenta oltre un quinto della capacità di raffinazione italiana e fornisce un quarto della benzina stradale nel Belpaese. Dispone di oltre mille dipendenti, che diventano diecimila considerando le industrie satellite a cui dà lavoro, come ha sottolineato la premier giovedì in conferenza stampa: lo scopo dell’intervento di emergenza è quello di tutelare sia un polo energetico strategico nazionale sia i posti di lavoro così significativi per la Sicilia e per l’intera nazione.

“Desidero dare atto al ministro Urso e alla compagine governativa di aver profuso ogni sforzo e di avere mantenuto gli impegni nella direzione della salvaguardia dell’importante polo industriale e soprattutto dei posti di lavoro”, ha dichiarato il presidente regionale Renato Schifani. “La Regione Siciliana farà la propria parte accanto al governo nel mettere in atto tutte quelle misure e iniziative volte ad agevolare e garantire la sopravvivenza dell’impianto e i livelli occupazionali a rischio”.

Secondo il sito web della Lukoil, la raffineria siciliana è interamente di proprietà del Gruppo Lukoil ed è la terza raffineria europea in termini di produzione. Nonostante né Isab né Lukoil siano oggetto di sanzioni europee, gli istituti finanziari sono riluttanti nel trattare con un’entità russa per paura di diventare bersaglio di sanzioni negli Stati Uniti, dove Lukoil Group è soggetta a sanzioni settoriali dal 2014.

Dunque, il governo procederà a dare l’attività in affido a un’amministrazione fiduciaria temporanea per un massimo di un anno, prorogabile per altri 12 mesi. Si prevede che Eni indichi e sostenga il commissario straordinario che sarà nominato per supervisionare le operazioni. Anche Cdp, Invitalia e altre appendici del governo sono state autorizzate a sostenere la raffineria assicurando la capitalizzazione necessaria.

Invece di optare per una nazionalizzazione totale (e costosa), il governo Meloni ha preferito questa opzione meno invasiva. L’idea è esercitare il controllo effettivo della raffineria attraverso il Golden power, che consente al governo di proteggere gli asset strategici per la nazione, garantendo al contempo il margine di manovra necessario per le trattative di vendita. Giovedì il Financial Times ha spiegato che sono ripresi i colloqui con la società di private equity statunitense Crossbridge Energy Partners, che sta valutando l’acquisizione dell’impianto per 1-1,5 miliardi di euro.


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