La proposta della Commissione Europea in materia di imballaggi appare viziata da un pregiudizio e cioè che il riutilizzo sia meglio del riciclo. L’intervento di Massimo Medugno, direttore generale di Assocarta
La proposta presentata lo scorso 30 novembre dovrebbe tener conto delle ampie critiche rivolte dai settori interessati (e dall’Italia) ed essere coerente con le politiche vigenti in materia di economia circolare. Critiche rivolte da un sistema industriale, quello dell’economia circolare e del riciclo, che funziona e che andrebbe ulteriormente sostenuto in Italia ed in Europa.
Come noto, nell’ambito del Piano d’azione per l’economia circolare, la Commissione europea ha presentato lo scorso 30 novembre una proposta di revisione della normativa sugli imballaggi e sui rifiuti da imballaggio. Durante la presentazione il vice presidente della Commissione, Timmermans, si è espresso anche in italiano per sottolineare che il riuso è il modo per ridurre gli imballaggi, che il riuso dà maggiori benefici ambientali e che il riuso non va messo in contrapposizione con il riciclo.
Perché in italiano? Non perché sia diventata la lingua utilizzata nelle occasioni ufficiali, ma perché l’Italia e l’industria italiana si erano già espresse molto criticamente sulla proposta (oltre che per un’altra circostanza, di cui scriveremo più avanti).
Come noto, nell’ambito del Piano d’azione per l’economia circolare, la Commissione europea ha presentato lo scorso 30 novembre una proposta di revisione della normativa sugli imballaggi e sui rifiuti da imballaggio.
Nelle settimane precedenti alla presentazione ufficiale, una bozza era trapelata ed aveva creato enorme preoccupazione in tutti i settori industriali interessati, a livello nazionale ed europeo, per le ampie e rilevanti ricadute economiche, sociali ed ambientali che ne deriverebbero.
Infatti, vengono introdotti obiettivi di riutilizzo e riempimento per diversi tipi di imballaggi e usi degli imballaggi, compresi gli imballaggi utilizzati nel settore horeca, le bevande alcoliche e analcoliche e gli imballaggi utilizzati nei trasporti.
Gli obiettivi da rispettare entro il 2030 e il 2040 (articolo 26 a carico degli operatori economici (compresi il produttore e il distributore finale) nel territorio di uno Stato membro, sarebbero i seguenti:
• Bevande fredde o calde riempite in un contenitore nel punto vendita per l’asporto (20% entro il 2030 e 80% entro il 2040);
• Alimenti pronti da asporto, destinati al consumo immediato senza necessità di ulteriori preparazioni, e tipicamente consumati dal recipiente nel settore horeca (10% entro il 2030 e 40% entro il 2040);
• Bevande alcoliche, escluso vino e liquori (10% entro il 2030 e 25% entro il 2040);
• Bevande alcoliche, vino (5% entro il 2030 e 15% entro il 2040);
• Bevande analcoliche (10% entro il 2030 e 25% entro il 2040);
• Imballaggi per il trasporto, ad esempio pallet, casse di plastica, scatole di plastica pieghevoli, secchi e fusti (30% entro il 2030 e 90% entro il 2040);
• Imballaggi per il trasporto e la consegna di articoli non alimentari resi disponibili tramite e-commerce (10% entro il 2030 e 50% entro il 2040);
• Imballaggi per il trasporto, ad es. avvolgimento di pallet e cinghie(10% entro il 2030 e 30% entro il 2040);
• Imballaggi raggruppati, ad esempio scatole, escluso il cartone, utilizzati al di fuori degli imballaggi di vendita per raggruppare un certo numero di prodotti per creare un’unità di magazzino (10% entro il 2030 e 25% entro il 2040);
• Imballaggi per il trasporto (pallet, scatole, escluso il cartone, vassoi, casse di plastica, contenitori intermedi alla rinfusa, fusti e contenitori, di tutte le dimensioni e materiali, compresi i formati flessibili) sono riutilizzabili quando: è utilizzato da un operatore economico per il trasporto di prodotti tra siti diversi, sui quali l’operatore esercita la sua attività o tra uno qualsiasi dei siti in cui l’operatore svolge la sua attività e il sito di altre imprese collegate; operatori economici che consegnano prodotti a un altro operatore economico all’interno dello stesso Stato membro.
La proposta non riguarda solo il riutilizzo, ma esso ne costituisce il tratto più caratterizzante ed è quello che ha indotto l’Italia e l’industria italiana (e non solo) ad esprimere delle critiche non contro il riutilizzo, ma a favore del riciclo.
In vista dell’inizio della discussione politica sulla proposta, Confindustria e le associazioni confindustriali hanno segnalato la necessità di seguire un approccio ambizioso agli obiettivi di sostenibilità, ma di evitare impostazioni arbitrarie e in grado di minare quanto costruito con gli investimenti industriali in materia di economia circolare degli imballaggi negli ultimi decenni. La proposta della Commissione Europea in materia di imballaggi appare viziata da un pregiudizio e cioè che il riutilizzo sia meglio del riciclo.
Ma, proprio nella ristorazione e nei servizi collettivi (applicazioni che appaiono più penalizzate nell’imposizione del riutilizzo) il riutilizzo impatta sul consumo di acqua e di detersivi, sul trasporto, sui consumi energetici e sul peso degli stessi imballaggi che torneranno ad essere pesanti per resistere e, quindi, persistere nell’ambiente.
Lo scorso anno, solo nella filiera della carta, circa 6 milioni di tonnellate di carta sono state riciclate dagli stabilimenti italiani (12 tonnellate al minuto) e nell’imballaggio in carta il riciclo supera ormai l’80%, in anticipo sugli obiettivi comunitari.
Un sistema industriale, dunque, che funziona e che andrebbe semmai ulteriormente sostenuto in Italia ed anche in Europa. Una filiera che si distingue per la produzione di un materiale riciclabile ed effettivamente riciclato, oltre che per l’origine rinnovabile della materia prima vergine.
La modalità del riuso, secondo la nuova proposta Ue sugli imballaggi, diventa un’impostazione aprioristica e non fondata su dati ambientali. Vanifica politiche ambientali e industriali in corso da decenni e che sono alla base anche del Pnrr italiano.
Il riciclo è invece inclusivo e non discriminatorio, come può essere invece il riutilizzo. Il riciclo concilia, infatti, protezione dell’ambiente e un mercato interno fatto da 500 milioni di abitanti.
Anche sotto il profilo del metodo, cambiamenti così radicali, dovrebbero essere preceduti da una larga consultazione con le parti interessate.
Va considerato che il successo dell’Italia nel campo del riciclo è stato anche conseguenza di una larga condivisione che ha preceduto le riforme ambientali di fine anni novanta.
Ma torniamo al fatto che il vice presidente si è espresso in italiano. Certo un segno di attenzione verso l’Italia, facilitato dal fatto che il vice presidente ha vissuto in Italia e conosce l’italiano. L’argomento della revisione della Direttiva imballaggi deve essere però trattato in maniera adeguata.
Basti considerare che la questione ha trovato posto anche nel trilaterale che 3 e il 4 dicembre si è tenuto a Roma al IV Forum Economico Trilaterale tra Bundesverband der Deutschen Industrie (Bdi), Confindustria e Mouvement des Entreprises de France (Medef), un appuntamento che dà continuità alla stretta collaborazione tra le associazioni industriali delle tre principali economie dell’Unione europea.
L’incontro ha consentito di discutere proposte indirizzate ai governi e alle istituzioni europee per tutelare la competitività del tessuto produttivo nel difficile contesto attuale, caratterizzato dal conflitto ucraino, dalla crisi energetica, e dall’alta inflazione.
Nel testo è citato proprio il caso della revisione della normativa sugli imballaggi sotto il capitolo “Creating a positive legislative agenda ad avoiding complex and too heavy regulation”.