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Perché Bruxelles va a frignare a casa del Wto contro la Cina

Le dispute su pannelli solari e quelle che vedevano come protagonisti i big delle tlc non bastavano. A infiammare le relazioni commerciali tra Unione europea e Cina sono adesso i tubi in acciaio. Ma quello di Bruxelles che si appella all’Organizzazione mondiale del Commercio chiedendo l’istituzione di un panel, sembra sempre più un grido senza voce.

L’Ue prova prima a difendersi dalle inondazioni di merci a basso costo dalla Cina, per piangere poi davanti alle organizzazioni internazionali per le ritorsioni di Pechino. E, come nel caso dei pannelli solari, finisce per legarsi le mani accettando accordi che suonano di sconfitta diplomatica pur di mantenere in piedi gli appalti dei grandi gruppi europei.

L’intervento del Wto richiesto da Bruxelles

L’Unione europea ha chiesto alla World Trade Organisation (Wto) di intervenire su una controversia che riguarda imposti sulle importazioni di tubi in acciaio inox (Hp-Ssst) da parte della Ue. “L’Ue ritiene che i dazi anti-dumping cinesi siano incompatibili con le regole della Wto, tanto sul piano procedurale che di merito”, ha dichiarato in un comunicato la Direzione generale per il Commercio della Commissione Ue, guidata dal commissario Karel De Gucht. “L’Ue continua a contrastare le misure difensive cinesi ingiustificate che spesso sembrano essere delle rappresaglie”, ha precisato John Clancy, portavoce di De Gucht. “Siamo convinti che la Wto sosterrà le nostre rivendicazioni contro questi dazi”, ha aggiunto il portavoce.

Le misure cinesi e quelle precedenti europee

Sul caso, le consultazioni tenute il 18 luglio scorso – precisa Bruxelles – non hanno infatti soddisfatto le preoccupazioni dell’Ue circa l’incompatibilità delle misure adottate dalla Cina. L’8 novembre del 2012 Pechino ha confermato la sua decisione di imporre dazi antidumping definitivi su alcuni tubi senza saldatura in acciaio inossidabile importati dall’Unione e dal Giappone. La misura è scattata dopo che la stessa Ue, il 29 giugno 2011, aveva imposto dei dazi provvisori sulle importazioni di alcuni tipi di tubi senza saldatura prodotti nel Paese orientale.

I numeri della questione

Le esportazioni europee verso la Cina dei tubi in acciaio non saldati, usati soprattutto nelle centrali elettriche, sono passate dai 90 milioni di euro del 2009 ai 20 milioni attuali dopo l’imposizione dei dazi definitivi lo scorso novembre. Questi, che variano dal 9,7% all’11,1%, stanno, sottolinea la Commissione Ue, “danneggiando in modo significativo l’accesso al mercato cinese”. La richiesta di Bruxelles verrà esaminata dal Wto il 30 agosto. Se la Cina si opporrà, l’Ue potrà comunque ripresentare la richiesta alla riunione successiva del Wto, dove Pechino non avrà più potere di blocco.

L’accordo sui pannelli

Appena un mese, sottolinea il Wall Street Journal, fa la Commissione aveva annunciato di aver trovato un’intesa con Pechino su un’altra disputa, quella sull’importazione in Europa di pannelli solari cinesi, in cui Bruxelles accusava la Cina di praticare dumping. Sotto la pressione di alcuni stati membri, è stato infatti siglato con un accordo che ha previsto il prezzo minimo dei pannelli cinesi esportati in Europa.


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