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L’influenza russa nelle tensioni tra Serbia e Kosovo, infowar a tutta forza

Il presidente serbo chiederà alla Nato lo schieramento dell’esercito in quello che definisce il momento più difficile da quando guida il Paese. Il caso dell’ex poliziotto Pantic e il piano del partito Lista Serba. L’analisi dell’esperta Ivana Stradner dal punto di vista dell’influenza russa, con i canali Telegram e Russia Today che infiammano gli animi

Aleksandar Vucic, presidente della Serbia, ha invocato l’emergenza e chiesto l’intervento della Nato e l’Unione europea, dopo che Albin Kurti, primo ministro del Kosovo, ha invitato la popolazione serbo-kosovara a ritirare le barricate delle ultime proteste.

L’ennesimo episodio di tensione è cominciato a causa dell’arresto di un ex poliziotto serbo-kosovaro, Dejan Pantic, arrestato dalla polizia del Kosovo mentre tornava a casa con l’accusa di avere aggredito le forze di sicurezza. Pantic, come altri 600 agenti, ha rinunciato al suo incarico per il boicottaggio del partito Lista Serba.

In mezzo alla tensione delle ultime ore, Kurti ha comunicato ai governi degli Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Germania e Italia, che le “cosiddette strutture di sicurezza del Kosovo, adesso in allerta massima, prenderanno tutte le misure per eliminare le barricate del nord”, da quanto si legge sul quotidiano serbo Vecherne Novosti.

Come reazione, Vucic ha convocato un incontro di emergenza del Consiglio di sicurezza nazionale per discutere la risposta nel caso di un intervento di sicurezza contro la popolazione serbo-kosovara: “Oggi è senza dubbio è il giorno più difficile per me da quando sono presidente della Repubblica o primo ministro della Serbia”.

Vucic ha anche chiesto alla Kosovo Force, forza militare internazionale guidata dalla Nato, e alla missione Eulex dell’Unione europea, di “garantire” che le forze di sicurezze del Kosovo non eseguiranno misure violente contro i manifestanti al nord del Kosovo: “E se non lo garantiscono, allora tutto sarà perfettamente chiaro per noi”.

Intanto, Goran Rakic, presidente del partito Lista Serba, ha anche lanciato l’allerta: “In questo momento la responsabilità ricade su Kfor e Eulex, per evitare il caos che sta preparando Kurti”. La sua organizzazione ha preparato a novembre un boicottaggio con le dimissioni di tutti i sindaci e il ritiro dei suoi candidati dalle elezioni locali posticipate ad aprile.

Ivana Stradner, esperta di disinformazione russa, consulente del Barish Center for Media Integrity alla Foundation for Defense of Democracies e corrispondente di Kyiv Post, ha scritto in un thread su Twitter il riassunto della situazione delle ultime ore dal punto di vista delle comunicazioni e come sta evolvendo questa crisi.

I canali Telegram russi stanno “esplodendo”, e cercano di convincere le persone a combattere per il Kosovo, considerato il “cuore della Serbia”. Sulla piattaforma sono state annunciate nuove proteste in Serbia a sostegno di “fratelli e sorelle in Kosovo”.

Secondo Stradner, è importante capire “il quadro generale degli sforzi per la sicurezza delle informazioni da parte della Russia in Serbia e in Russia, giacché i militari affermano apertamente che l’informazione è l’arma”. Infatti, è appena stata aperta un’edizione di Russia Today nei Balcani.

L’esperta avverte che “l’Occidente è cieco sul fatto che la Russia stia conducendo da anni una seria guerra dell’informazione nei Balcani e che peggiorerà […] Ho messo in guardia numerose volte sul ruolo del Cyber Z Front (un proxy dell’infowar dell’FSB, i servizi segreti russi, ndr) in Serbia, ma molti non ne capiscono l’importanza. Ricorda: chi ha la superiorità informativa vince sempre la guerra”.


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