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Il prestigioso college di Berklee, teatro dell’ultimo caso di repressione cinese

Uno studente di 25 anni è stato arrestato per aver minacciato un individuo che ha affidato volantini a sostegno della democrazia e contro la leadership di Pechino. “I Paesi non stanno facendo abbastanza per proteggerci da questa situazione”, ha commentato l’attivista Joey Siu

Il Berklee College of Music di Boston, in Massachusetts, è uno degli istituti privati per gli studi musicali più importanti al mondo. Basti pensare che gli ex allievi hanno vinto oltre 300 Grammy Award. Tra questi, soltanto per citarne tre: il cantautore e chitarrista John Mayer, uno dei più grandi batteristi al mondo Vinnie Colaiuta e una leggenda come Quincy Jones.

È proprio in questo prestigioso college che si sarebbe consumato uno dei tanti casi che riguardano la repressione del dissenso verso la Repubblica popolare cinese e il regime di Xi Jinping. Mercoledì l’Fbi ha reso noto di aver arrestato uno studente della Berklee con l’accusa stalking, per aver minacciato e molestato una persona che aveva affisso dei volantini a sostegno della democrazia in Cina e contro il Partito comunista cinese.

Dal 22 al 24 ottobre, il ragazzo Xiaolei Wu, 25 anni, ha inviato una serie di messaggi WeChat, e-mail e Instagram contro la persona che aveva affisso nel campus un volantino con la scritta “Stand with Chinese People”, “We Want Freedom” e “We Want Democracy”. “Pubblicane altri e ti taglierò le tue mani bastarde”, gli ha scritto. Ha detto alla vittima anche di aver informato l’agenzia di pubblica sicurezza cinese delle sue azioni e che la stessa avrebbe “salutato” la sua famiglia. Inoltre, avrebbe spinto persone a scoprire dove viveva la vittima e pubblicato il suo indirizzo e-mail per scatenare contro di lui una vera e proprio rappresaglia online.

“Il dipartimento di Giustizia difenderà sempre il diritto alla libertà di parola e di espressione politica”, ha dichiarato la procuratrice Rachael Rollins. “Noi sosteniamo che il comportamento minaccioso e molesto del signor Wu non era libertà di parola. Si è trattato piuttosto di un tentativo di mettere a tacere e intimidire le opinioni espresse dall’attivista in dissenso con la Repubblica popolare cinese”, ha aggiunto. “Non tollereremo minacce, molestie o altri tentativi di repressione contro chi promuove pacificamente le proprie idee, svolge il proprio lavoro o esprime le proprie opinioni. La libertà di parola è un diritto costituzionale qui negli Stati Uniti e noi la proteggeremo e la difenderemo a ogni costo”.

L’accusa di stalking prevede una condanna fino a cinque anni di carcere, tre anni di libertà vigilata e una multa fino a 250.000 dollari. Una portavoce dell’ufficio del procuratore ha dichiarato alla CNN che Wu è stato rilasciato dopo essere comparso in tribunale. Ma non è chiaro se si sia dichiarato colpevole. Intanto, la Berklee l’ha sospeso definendo il suo comportante “preoccupante”.

Come racconta la CNN, negli ultimi anni il leader Xi ha fomentato il nazionalismo in patria e perseguito una politica estera assertiva all’estero. Sempre più studenti cinesi all’estero si sono fatti avanti per difendere Pechino da qualsiasi critica, a volte con la benedizione delle ambasciate cinesi. Ci sono state proteste quando un’università californiana ha invitato il Dalai Lama a parlare, critiche ai professori per insegnamenti definiti “anti-Cina”, scontri quando altri gruppi del campus hanno espresso sostegno alle proteste pro-democrazia di Hong Kong. Sono molti anche quelli che hanno deciso di non rimanere in silenzio. Per loro, però, la posta in gioco è alta. Diversi hanno raccontato di molestie e intimidazioni, ritorsioni contro i familiari in patria e lunghe detenzione al rientro in Cina.

“La repressione transnazionale sta rapidamente diventando una delle sfide più terrificanti che molte delle nostre comunità si trovano ad affrontare e i Paesi non stanno facendo abbastanza per proteggerci da questa situazione”, ha commentato Joey Siu, attivista di Hong Kong in esilio negli Stati Uniti, oggi al National Democratic Institute. Servono “programmi più ampi, completi e a lungo termine che garantiscano ulteriori livelli di protezione alle persone in esilio per esercitare i diritti e le libertà che ci spettano”, ha aggiunto. “Una politica razzista e troppo semplicistica che vieti a tutti gli studenti cinesi di studiare negli Stati Uniti non risolverà il problema. Bisognerebbe investire maggiori risorse nello sviluppo di un approccio a tutto tondo alla luce del sole che registri, tracci e renda pubblici gli attori statali e non statali rilevanti. È necessario introdurre e mettere in pratica meccanismi sanzionatori con un sufficiente effetto deterrente per responsabilizzare i predatori. Le politiche di asilo dovrebbero essere prese in considerazione per le persone minacciate e costrette – coloro che hanno i loro familiari e i loro cari in ostaggio in patria, i loro visti in pericolo, eccetera”, ha spiegato.

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