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La superiorità morale non appartiene a nessuno. Etica e politica secondo Merlo

La “superiorità morale” è un dogma laico che non può essere impugnato da nessuna parte politica. Solo attraverso una autentica rettitudine personale e il rispetto delle regole sarà possibile garantire serietà e credibilità alla politica. Il commento di Giorgio Merlo

Sì, è tornata la “questione morale”. In tutta la sua ruvidezza e nettezza. Francamente non eravamo più abituati ad assistere a queste scene. Mazzette che volano, comportamenti – almeno stando all’inchiesta in corso nei palazzi del potere dell’Europa – inguardabili, la politica ridotta e marce di scambio e tutto ciò che è sufficientemente è tristemente noto nelle operazioni di questo genere.

Ora, le uniche due note che fanno oggettivamente notizia, sono rappresentate da uno scandalo che investe direttamente le sedi istituzionali dell’Europa da un lato e il coinvolgimento di esponenti del mondo socialista ed ex comunista dall’altro. In particolare di esponenti politici italiani di questo campo. Ed è proprio questo l’aspetto che è al centro, da giorni, del dibattito politico italiano. Per almeno tre ordini di motivazioni.

Innanzitutto perchè, per l’ennesima volta, l’esperienza conferma che a sinistra non c’è alcuna “superiorità morale”, seppur rivendicata e sbandierata per anni nei confronti degli avversari politici. Chiunque essi siano. Non a caso, una prassi che è iniziata subito dopo la fine del secondo dopoguerra e che si è dispiegata sino ai giorni nostri. Ne hanno fatto le spese in molti. A cominciare dalla stessa Democrazia Cristiana in cui leader e statisti sono stati bersagliati per decenni dall’opposizione comunista.

Una prassi che affonda le sue radici nella cultura gramsciana e togliattiana e che appartiene di diritto alla storia e alla esperienza concreta della sinistra comunista e post comunista. E dopo la Dc siamo passati alla Seconda Repubblica. Cambiando i bersagli ma non la strategia. E quindi la medesima sorte è toccata a Berlusconi, poi a Salvini, poi allo stesso Renzi e, in ultimo e a maggior ragione, non poteva mancare per l’attuale centro destra. Ma l’esperienza concreta conferma, appunto, che la “superiorità morale” è un dogma laico che non centra nulla con la sinistra comunista e post comunista.

In secondo luogo, è bene dire con chiarezza e con forza che la trasparenza e la correttezza nell’azione politica appartengono a tutti gli attori politici. Nessuno escluso, sino a prova contraria. E questo per la semplice ragione che nella dialettica politica italiana nessuno può rivendicare di essere più corretto degli altri. L’onestà, come tutti ben sappiamo, è la precondizione
essenziale e necessaria per la stessa azione e militanza politica e partitica. Ma se l’onestà e la trasparenza diventano monopolio – come ovvio del tutto arbitrariamente – di qualcuno, ci troviamo di fronte ad una intossicazione del dibattito politico che può facilmente degenerare in atteggiamenti intolleranti e settari. E così, del resto, è quasi sempre stato in questi anni. A prescindere che la sinistra fosse maggioranza o minoranza nel nostro paese. E quando parlo della sinistra non mi riferisco solo alla sinistra politica ma, soprattuto, alla sinistra editoriale, televisiva, intellettuale, accademica e sociale. Un vizio, cioè, che investe l’intera sinistra e non soltanto quella più esposta sotto il profilo politico.

In ultimo, ma non per ordine di importanza, non si possono costruire maggioranze di governo, alleanze tra partiti e definire priorità programmatiche attorno alla cosiddetta “questione morale”. E questo non perchè il “vero politico è quello capace e non solo quello onesto” ma anche per la ragione che non si può, in una vera ed autentica democrazia, tracciare i confini sul versante etico e, appunto, morale. Solo nei contesti che hanno poca dimestichezza con i principi democratici e liberali è possibile tracciare confini e dettare l’agenda attraverso criteri morali. Che poi, alla fine, si tratta sempre di atteggiamenti puramente moralistici, settari ed intolleranti.

Ecco perchè la “questione morale” che purtroppo è esistita e continuerà ad esistere, non può essere impugnata in modo esclusivo da nessuna parte politica. Semmai, come ci ricordava magistralmente un grande storico cattolico democratico, Pietro Scoppola, si tratta di saper “conciliare sempre ed in ogni momento la cultura del comportamento con la cultura del progetto”.

Senza deviazioni moralistiche ma con la consapevolezza che solo attraverso una autentica rettitudine personale, il rispetto delle regole e atteggiamenti coerenti con i principi costituzionali, sarà possibile sconfiggere il riemergere periodico della “questione morale” e garantire, al contempo, serietà e credibilità alla stessa politica, ai partiti e alle istituzioni democratiche.


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