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La storia della spia tedesca Elyane Duprez cioè Marie Angele Dauwe

Di Maria Gabriella Pasqualini

Fu reclutata dai tedeschi nel settembre 1941. Le fu dato un passaporto tedesco con il nome di Erika Verlach, il primo di tanti altri alias. L’articolo di Maria Gabriella Pasqualini, studiosa e docente dei servizi di sicurezza

Belga di origine (nata a Gent il 25 maggio 1923), di carattere forte e intelligenza brillante, al di sopra della media, oltre al fiammingo (idioma natale), dagli inizi della guerra aveva iniziato a studiare e parlare francese e tedesco. In seguito riuscì a farsi capire anche in inglese. Durante la campagna di occupazione nazista del Belgio nel 1940 Marie Angele Dauwe fu prima evacuata in Francia, a Valenciennes, poi, con altre sette donne, inviata a Francoforte, dove fu impiegata nell’ospedale militare. Avendo ormai già una buona conoscenza della lingua tedesca, fu utilizzata come interprete, oltre a fare altri piccoli lavori nell’ospedale.

Dopo circa tre mesi, sospettata per la fuga di alcuni militari, fu condotta alla Gestapo Kommandatur e interrogata sulle sue attività. Passati 45 giorni di segregazione senza aver rivelato nulla, le fu permesso di tornare in ospedale dove per circa due settimane continuò ad aiutare militari in fuga. In quel periodo si era aggregata nell’ospedale a una piccola organizzazione che aiutava i militari prigionieri a scappare. Aveva, a suo dire, contribuito ai successi di questa rete, rubando dei documenti dall’ufficio del comandante della struttura sanitaria.

Nel febbraio 1941, di nuovo arrestata dalla Gestapo, sebbene i tedeschi non fossero riusciti a farla parlare, fu rimossa dall’ospedale e messa su un treno per Bruxelles sotto scorta di una donna tedesca. Riteneva che sarebbe stata imprigionata e interrogata in Belgio. Sul treno però aveva incontrato un ufficiale di marina tedesco al quale aveva narrato una parte della sua storia. Secondo il suo racconto, l’ufficiale tedesco la aiutò a scendere con lui dal treno una fermata prima di arrivare a Bruxelles, così da evitarle il controllo dei documenti, riservandole una stanza in un albergo di Bruxelles, frequentato da tedeschi.

Riuscendo a uscire la mattina presto, senza che nessuno la fermasse, aveva viaggiato verso Gent per vedere sua madre la quale non l’aiutò; anzi, al contrario, la denunciò. Marie Angele, costretta a lasciare la sua casa, andò in una località vicina, a St. Denis Westeren, che ben conosceva. Qui trovò lavoro come interprete al locale Arbeitsamt, dove rimase fino al maggio 1941 quando fu di nuovo arrestata dalla Gestapo che la stava ricercando e imprigionata a Gent. Era sospettata di essere membro di un’organizzazione della resistenza ma alla fine fu rilasciata, per mancanza di prove.

Dopo un periodo passato, senza impiego e senza denaro, riuscì a farsi assumere all’aeroporto di St. Denis Westeren, come segretaria dell’ufficiale comandante e proprio in quel periodo venne in contatto con un belga, Leon D’Hooge, da lei ritenuto un vero patriota. Le chiese di lavorare con lui, fotografando gli aeroplani e passandogli ogni possibile informazione sull’attività del campo di volo nazista.

Dopo solo quattro settimane da segretaria in quell’aeroporto, il comandante, insospettito, decise di rimandarla all’Arbeitsamt.  Di nuovo arrestata, questa volta fu interrogata circa i suoi rapporti con D’Hooge, rimanendo in prigione per un mese, per essere poi trasferita alla Kommandatur: i tedeschi avevano compreso l’intelligenza, la sua avvenenza, il suo interesse verso il danaro, l’abilità nel mentire e quindi decisero di utilizzarla. Con un ricatto. Un certo “dottor Ernst” le disse di avere un fascicolo completo sulle sue attività antitedesche, già inviato a Berlino. Come alternativa alla punizione estrema le offrì la chance di lavorare per i tedeschi. Dopo un primo rifiuto, Marie Angele accettò.

Fu allora trasferita a Bruxelles alle cure di un ufficiale dell’intelligence tedesca, da lei sempre definito “il capo”, che si presentava come “dottor Kruger”, ma in realtà con il grado di tenente generale trattava direttamente con Berlino. Il reclutamento della Dauwe avvenne nel settembre 1941. Le fu dato un passaporto tedesco con il nome di Erika Verlach (il primo di tanti altri alias), studentessa. Quel documento le permetteva di viaggiare in Belgio a suo piacimento, di passare alcune frontiere e di circolare senza impedimento alcuno; un privilegio notevole che tra l’altro le dava la possibilità di agire nel mercato nero, il commercio che la fece viaggiare spesso tra l’Europa e il Portogallo, con molto lucro e ottima copertura.

Iniziò il suo addestramento come agente sotto la guida di Hans Kolpe di Breslau, di origine polacca. Aveva uno stipendio di 500 marchi al mese, con l’uso di un piacevole appartamento dove viveva. Fu trattata con grande generosità dalla Germania: sostenne sempre che questo era dovuto sia al suo charme personale sia all’importanza che i tedeschi davano alla sua futura missione di agente tedesco nel Regno Unito. Dopo tre mesi aveva appreso molti codici, una certa manualità nell’usare radio trasmittenti e grande familiarità con l’alfabeto Morse. Sapeva usare un inchiostro simpatico, di alta qualità: i tedeschi erano sicuri che non sarebbe stato scoperto in Inghilterra. Anche l’istruzione militare fu particolarmente curata per permetterle di riconoscere simboli, distintivi divisionali e poter riferire in merito correttamente. Buon addestramento per una spia in territorio nemico.

Per le sue missioni ricevette dettagliate istruzioni su come ottenere notizie circa gli armamenti, i movimenti e eventuali soppressioni di congedi delle varie unità, stabilendone l’identità dai segni divisionali o da discorsi informali; su come segnalare i danni effettuati dai bombardamenti e gli effetti sul morale sui civili. Importante era localizzare radio trasmittenti.

Per quanto riguardava le navi, obiettivo molto importante, doveva monitorare la rotta dell’Atlantico: avere notizie su partenze, arrivi in quali porti, sul carico trasportato e consegnato a chi, entrando in contatto con ufficiali delle dogane. Doveva capire quali navi avessero le reti antimine magnetiche perché, una volta in porto, le reti erano messe a asciugare all’aperto: quindi era facile vederle, contarle e soprattutto fotografare l’unità che le aveva. Le fu dato anche il compito di sorvegliare alcuni agenti tedeschi che non stavano facendo il loro lavoro, per impossibilità o per tradimento? Missione critica e difficile.

Nel novembre 1942 fu ritenuta pronta a iniziare la missione che terminò nel dicembre 1943. Al momento dell’arrivo nel Regno Unito, dotata di un falso passaporto rilasciato dalla legazione belga di Lisbona (dove ufficialmente risiedeva), a Elyane Duprez, di professione artista, Marie Angele si stabilì a Londra.

Come primo atto, scrisse una lettera, usando un codice di linguaggio molto semplice a un indirizzo di Chiasso in Svizzera, lamentandosi di non aver ancora ricevuto il bagaglio, firmando Ruth Lion, annunciando così l’arrivo in Inghilterra. Seguì una seconda lettera, con inchiostro simpatico dimostrando di aver passato indenne i controlli di frontiera.

La sua carriera di spia durò molto poco: il 17 dicembre 1943 fu arrestata dai britannici e internata nella prigione di Holloway secondo il Defence Regulations Act, Aliens Order. Era sospettata di spionaggio anche per la sua relazione con un’altra spia tedesca riconosciuta, Remis Hennebert, dal quale ebbe una figlia. Dopo i primi interrogatori che non dettero soddisfazione ai membri dell’intelligence inglese, la donna finalmente rivelò il suo vero nome, confermando la nazionalità.

Ancora internata, nel febbraio 1945, il suo nome fu messo nella lista di possibili prigionieri da deportare in Belgio anche perché si riteneva che Bruxelles avrebbe avuto interesse a interrogare una donna di particolare importanza per quanto aveva fatto collaborando con i nazisti. Fu infatti deportata in quel mese. Interrogata in Belgio sulle sue attività spionistiche durante il conflitto, riuscì ancora una volta a non far pienamente comprendere quale fosse stato il suo ruolo di “normale” spia tedesca. Nel 1947 fu lasciata completamente libera, esempio di un’attività spionistica di infiltrati ramificata e diffusa, non particolarmente operativa, come fu per tanti altri nel settore ingaggiati dagli Stati coinvolti nel conflitto.

(Foto: www.nationalarchives.gov.uk)


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