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Sanità digitale, cosa aspettarsi dal 2023. Scrive Bandini

Di Giacomo Bandini

I fondi del Pnrr dovranno essere utilizzati per assicurarsi la concreta realizzazione dei singoli progetti, per un totale che nell’ambito digitale arriva a circa 2 miliardi di euro. L’analisi di Giacomo Bandini, fellow di Competere

Il 2022 si è concluso con grandi aspettative per l’anno successivo (forse anche per i prossimi tre o quattro), soprattutto nell’ambito della sanità digitale. Le fondamenta poste per costruire un rinnovato ecosistema sanitario si basano soprattutto sulla riorganizzazione territoriale dei servizi al paziente, su un incrementale utilizzo della telemedicina e sull’interoperabilità dei dati scambiati tra amministrazioni locali e centrali. I fondi del Pnrr dovranno quindi essere utilizzati per assicurarsi la concreta realizzazione dei singoli progetti, per un totale che nell’ambito digitale arriva a circa 2 miliardi di euro. Per comprendere la direzione degli investimenti sia in termini economici sia progettuali può essere utile analizzare alcuni degli ambiti su cui gravano le maggiori aspettative e, allo stesso tempo, le maggiori incognite.

L’anno passato ha portato con sé una produzione cospicua di linee guida, atti normativi di vario genere e assegnazione di progetti tra cui in particolare quelli legati alla telemedicina. La Piattaforma nazionale di telemedicina è infatti stato il progetto principale su cui le autorità centrali si sono concentrate. Essa avrà lo scopo di creare un livello fondamentale di interoperabilità che garantisca standard comuni ai servizi di telemedicina sviluppati dalle Regioni. Su questi servizi sono incentrate le indicazioni di Agenas per la presentazione dei progetti regionali di telemedicina e linee guida per i servizi di telemedicina, pubblicati a ottobre 2022.

È stato previsto che siano due le Regioni capofila di questo ampio progetto: Lombardia e Puglia. A esse il compito di promuovere delle gare per individuare e valutare le soluzioni di mercato in conformità alle linee guida per i servizi di telemedicina. In generale, e sulla base rilevante delle esperienze delle due capofila, tutte le regioni e le province autonome possono attivare soluzioni di telemedicina la cui idoneità sia comprovata. Allo stesso tempo, le regioni che hanno già implementato soluzioni corrispondenti ai criteri delle linee guida possono indicarle in un apposito piano. Tutti i moduli previsti dai piani regionali devono essere integrati tra loro e integrabili con la piattaforma nazionale di telemedicina.

Il Piano operativo delle regioni per i servizi di telemedicina deve poi contenere:

1) il fabbisogno per i servizi previsti e facenti parte dell’infrastruttura regionale di telemedicina corredato da un cronoprogramma per l’investimento delle risorse previste;

2) indicazioni circa le componenti del fabbisogno che la regione potrebbe coprire con soluzioni di telemedicina già esistenti e attive su tutto il territorio regionale alla data di registrazione del decreto;

3) le modalità di implementazione con l’obiettivo di copertura pari al 70% degli enti e dei professionisti sanitari del SSR.

Questo impianto, lungimirante e innovativo, dovrebbe arrivare a soddisfare un numero crescente di popolazione eleggibile nei prossimi anni. Tuttavia non è ancora chiaro se le tempistiche possano essere soddisfatte pienamente (pena la revisione delle risorse anche in sede Ue) senza che prima venga realizzata la Piattaforma Nazionale di Telemedicina. Se, infatti, i servizi e i moduli pertinenti dovranno soddisfare il requisito di integrazione con il livello nazionale è perlomeno necessario che si arrivi a uno scheletro avanzato del medesimo. Oltretutto, l’obiettivo di copertura è piuttosto ambizioso seppure previsto per il 2025, anno in cui le erogazioni di risorse straordinarie verranno meno.

Connessa con l’erogazione dei servizi di telemedicina a livello territoriale, vi è invece la questione delle Centrali Operative Territoriali (Cot) le cui funzionalità sono state affrontate in un documento di recente pubblicazione da parte di Agenas. Le Cot svolgeranno funzioni di coordinamento sia della presa in carico della persona, che diventa integrata e coordinata, che del raccordo tra servizi e professionisti coinvolti nei diversi setting assistenziali: attività territoriali, sanitarie e sociosanitarie, ospedaliere e dialoga con la rete dell’emergenza-urgenza.

Tra gli obiettivi specifici di questo progetto viene citato anche quello di “integrare nell’intervento nuove funzioni digitali, volte alla definizione di un vero e proprio Digital Innovation Healthy Hub basato sulla telemedicina al fine di favorire l’interoperabilità delle informazioni e il trasferimento delle informazioni sanitarie”. Questa definizione fa sì che sulle Cot ci sia una certa aspettativa anche per l’erogazione di nuovi servizi digitali ai cittadini che dovrebbero ricadere nei seguenti ambiti:

• telemedicina per la condivisione sicura di informazioni sanitarie tra specialisti della presa in carico del paziente, tele-monitoraggio o monitoraggio da remoto, ecc.;

• portale digitale o app sanitarie (meglio se coordinato a livello regionale o nazionale) con servizi sanitari (prenotazioni, consultazioni referti, ecc.);

• piattaforme o app per il teleconsulto.

Anche in questo caso il progetto è ambizioso e circondato da incognite che riguardano sia le tipologie di servizi che le regioni intendono affidare alle Cot sia il personale qualificato per erogarli all’interno. I passaggi previsti all’interno di queste strutture sono piuttosto complessi da gestire (almeno stando al metaprogetto pubblicato di Agenas) e richiedono non sono sforzi di risorse umane in termini quantitativi, bensì qualitativi. Alle Cot è infatti assegnato un ruolo cruciale che prevede:

1) attività di coordinamento e ottimizzazione degli interventi, attraverso l’attivazione di tutte le risorse sociosanitarie presenti sul territorio di riferimento, anche mediante l’utilizzo dei sistemi di Telemedicina.

2) attività di supporto nei processi, incluso il loro tracciamento, e di verifica della corretta e completa alimentazione dei flussi informativi necessari

3) raccordo delle informazioni tra i professionisti che operano nei diversi servizi, supportandoli nell’avere a disposizione e mettere a sistema tutte le informazioni utili a soddisfare lo specifico bisogno.

In conclusione, è utile parlare proprio delle persone che dovranno alimentare e portare avanti tutto questo sistema. L’Ocse in uno dei suoi documenti più significativi in ambito di e-health, telemedicina e più in generale sanità digitale si concentra proprio sul coinvolgimento del personale sanitario nell’implementazione delle nuove tecnologie e dell’informatizzazione. La presenza di strumenti e soluzioni digitali non è sufficiente per innovare l’ecosistema. È fondamentale garantire che gli operatori li conoscano e ne comprendano a fondo l’utilità. Se e quanto le tecnologie digitali verranno effettivamente utilizzate dipende da vari fattori tra cui:

• fiducia degli operatori sanitari (e anche amministrativi, nda) nelle soluzioni e nei benefici che essi comportano rispetto a soluzioni tradizionali o a bassa innovatività;

• miglioramento delle competenze degli operatori sanitari di prima e seconda linea, dei dirigenti e degli altri professionisti del settore coinvolti nei processi attraverso nuovi contenuti educativi e di formazione professionale, da un lato, e il contrasto alla dequalificazione, dall’altro;

• adeguamento tempestivo dei modelli di lavoro esistenti e delle connesse normative, anche in ambito finanziario.

Senza il coinvolgimento degli operatori nei processi di cambiamento e un adeguato intervento per accrescere o aggiornare le competenze, gli investimenti per l’ammodernamento tecnologico potrebbero essere poco efficaci.



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