Dopo l’attacco degli estremisti di destra alle istituzioni brasiliane, i punti interrogativi aumentano. Chi c’è dietro? Conversazione con Ariel Goldstein, professore presso la facoltà di Scienze Sociali dell’Università di Buenos Aires
Il caos provocato dagli incendiari e lo sgomento di chi osserva dall’altra parte del mondo, vetri infranti e tentativi di sabotaggio, la marcia dei controrivoluzionari e il fantasma di Capitol Hill che si aggira con addosso il costume bahiano. Chi c’è dietro alla sommossa esplosa in piazza dei Tre poteri? Il rischio di un colpo di Stato è un’esacerbazione che i socialisti rifilano ai media, oppure è il futuro imminente che attende il governo brasiliano? Ne parliamo con Ariel Goldstein, professore presso la facoltà di Scienze Sociali dell’Università di Buenos Aires, ricercatore presso il Consejo nacional de investigaciones cientificas y técnicas (Conicet) e autore de “La reconquista autoritaria”.
Professor Goldstein, ciò che è accaduto durante l’assalto ai tre palazzi del potere brasiliano (Planalto, Congresso e Tribunale supremo) è noto. Perché è successo?
È tutto collegato al consolidamento e all’organizzazione del bolsonarismo come movimento di estrema destra, avvenuto nel 2018 ma, soprattutto, nel corso delle elezioni del 2022 e nella fase successiva. Durante quest’ultimo periodo, l’appuntamento democratico è stato concepito dal bolsonarismo e dalla first lady Michelle Bolsonaro come una “guerra spirituale”, con il sostegno di pastori conservatori evangelici come Silas Malafaia, contro un nemico malvagio che andava distrutto. Già, la religione è stata usata in chiave politica per mobilitare l’odio e per esorcizzare la minaccia del nemico. Dopo le elezioni, i simpatizzanti di estrema destra si sono stabiliti per mesi nei pressi del quartier generale militare, chiedendo un intervento da parte dell’esercito e un colpo di Stato, e avanzando accuse di frode. Quelle proteste sono state finanziate apertamente dalla parte conservatrice del settore agrario. E credo che questo rappresenti un’importante chiave di lettura per leggere ciò che è successo lo scorso 8 gennaio.
Il sistema democratico è ancora in pericolo? C’è il rischio di un revival delle proteste del 2013 contro la presidenza Rousseff?
Sì, penso che sia in pericolo. Ma l’attacco di qualche giorno fa è ben diverso dalle rivolte del 2013, poiché quelle erano costituite da richieste e da movimenti eterogenei. In questo caso, si tratta di una sommossa diretta dall’estrema destra, organizzata, finanziata e con obiettivi più chiari. Ovvero, la distruzione della democrazia e l’indebolimento del governo di centrosinistra recentemente eletto e guidato Lula da Silva.
Lula ha prontamente reagito all’attacco promettendo ai responsabili e ai loro finanziatori condanne severe e immediate. Ma chi sono i responsabili e chi i finanziatori?
Penso che si riferisca soprattutto al settore agrario, a una parte dell’esercito e della polizia. L’agricoltura è un settore potente dell’economia brasiliana, accostatasi molto a Bolsonaro, alla sua visione autoritaria e conservatrice. Nel 2018, Bolsonaro promise agli attori del settore di espellere i movimenti sociali da lui definiti “terroristi” e di difendere gli interessi dei proprietari terrieri dell’União Democrática Ruralista (UDR). Basti pensare che nelle ultime elezioni del 2022, Jair Bolsonaro ha ottenuto un grande riscontro nel Mato Grosso e nel Mato Grosso do Sul, due stati con un’economia molto forte basata sull’esportazione agricola.
Lula ha ricevuto la solidarietà del Presidente Biden, di Ursula von der Leyen e della maggior parte dei governi europei. Cos’è cambiato nella nuova modalità d’approccio degli Usa?
È decisamente un fattore importante. Secondo me, dopo il grave pericolo che l’episodio del Campidoglio nel 2021 ha rappresentato per la democrazia, gli Stati Uniti e altri governi sono giunti a riconoscere la vera minaccia nei movimenti di estrema destra e i correlativi danni che possono arrecare all’impalcatura democratica.
Oggi, quali sono i “poteri invisibili” e i movimenti radicali che minacciano la stabilità dello stato brasiliano? Da dove provengono?
La risposta è collegata all’identità dei principali sostenitori di Bolsonaro, perché questi fanno parte dell’élite del Paese. Ad esempio, i militari che ancora oggi non sono stati giudicati per i loro crimini durante la dittatura, visti e acclamati da una parte della popolazione come eroi funzionali a “sconfiggere il comunismo” nel colpo di Stato del 1964 contro il presidente riformista Joao Goulart. I proprietari terrieri, che pretendono di mantenere i loro privilegi e sono stati anche i promotori del golpe del 1964. I pastori evangelici con la loro visione conservatrice e i mercati finanziari, anch’essi contrari alla visione eterodossa sull’economia che detiene il Partito dei Lavoratori. E anche l’industria delle armi, ad esempio Taurus e altri, molto agevolati dal governo bolsonarista.
Qual è il ruolo, il peso e quali sono gli obiettivi dell’estrema destra? Chi sono i suoi alleati europei e internazionali? Cosa contestano a Lula?
Il suo alleato europeo più importante è sicuramente Vox, il partito spagnolo di estrema destra. Quel partito che, dopo il fallito colpo di Stato, ha elaborato un documento molto ambiguo e di condanna rivolto a Lula per la sua visione di sinistra e perciò “corrotta”. Inoltre, il trumpismo è un alleato determinante.
E Lula cosa dovrebbe fare?
Quello che sta facendo, ossia cercare di costruire un grande fronte con partiti e leader di centro e centrodestra per difendere la democrazia dall’autoritarismo. Ma sarà dura! La democrazia è in pericolo e le forze bolsonariste sono organizzate e pronte a commettere attentati terroristici per minare il regime democratico come, del resto, abbiamo visto in questi giorni.