Skip to main content

A cosa servono le sanzioni alla Russia. Numeri e dati

Il malinteso di fondo è che le sanzioni servano a danneggiare l’economia russa nel breve periodo. L’obiettivo primario è, in realtà, impedire che Mosca possa avere le capacità di sostenere uno sforzo bellico prolungato, differenza forse sottile, ma sostanziale. Il ruolo cruciale del settore energetico

Vladimir Putin ha dichiarato martedì che l’economia russa si è ridotta del 2,5% nel 2022, rispetto all’anno precedente, ma che il risultato è molto migliore del previsto e che la Russia si sta adattando nel gestire le sanzioni statunitensi ed europee. Quindi le sanzioni non servono? Proviamo a fare chiarezza.

Dall’invasione russa di febbraio 2022 i principali media italiani si sono fondamentalmente divisi in due fazioni: quelli che sostenevano che le sanzioni non servissero a nulla e anzi fossero dannose per l’economia italiana ed europea, e quanti al contrario raccontavano di come l’economia russa sarebbe collassata nel giro di qualche mese. Come sempre, in medio stat virtus.

Cominciamo col dire che le sanzioni imposte alla Federazione Russa dall’annessione della Crimea (2014) in avanti si possono sommariamente dividere in quattro categorie: finanziarie, sull’import, sull’export, altro. Nella prima categoria rientrano l’esclusione del sistema bancario russo dal sistema Swift o il congelamento di asset detenuti all’estero. Nelle categorie import e export rientrano tutte le azioni volte a limitare il commercio della Federazione solitamente su specifici settori, quali quello energetico o le limitazioni su particolari tecnologie. Altre sanzioni riguardano ad esempio il sequestro di beni di lusso come gli yacht o la rimozione da eventi sportivi e culturali.

Nel 2022 le sanzioni sono aumentate enormemente in termini di intensità e di copertura degli obiettivi. Basti pensare solamente al fatto che la quasi totalità dei membri dell’Unione europea abbia ridotto sensibilmente, quando non completamente interrotto, le forniture di petrolio dalla Russia. Eppure basta guardare il saldo delle partite correnti per rendersi immediatamente conto del fatto che il Paese abbia sofferto molto meno di quanto non abbia fatto durante i due anni più intensi di epidemia da Covid-19.

(Credit: @gdp1985)

C’è un malinteso di fondo. Nessun analista serio ha mai pensato che l’economia russa potesse essere realmente danneggiata, tantomeno collassare, nel breve periodo. L’altro aspetto del malinteso è che l’obiettivo non è tanto danneggiare l’intera economia russa, ma impedire che Mosca possa avere le capacità finanziarie di sostenere lo sforzo bellico nel lungo periodo in termini di produzione di equipaggiamento e armamenti, oltre a rendere complessi gli investimenti in ricerca e sviluppo nel settore militare.

Le sanzioni hanno ottenuto come effetto primario quello di ridurre la presenza russa nel mercato Oil&Gas, restringendone l’export verso l’Unione Europea. La Federazione ha in parte compensato questo fenomeno rivolgendosi ai mercati asiatici, soprattutto quello cinese. Ma è importante ricordare che vendere petrolio alla Cina implica sia maggiori costi di spedizione dovuti alla geografia, sia vendere a prezzi molto bassi, il che riduce parecchio i margini di profitto. Come evidenza numerica si ricorda che la differenza di prezzo tra Brent e Ural, il greggio del Mare del Nord e quello russo, non ha fatto che aumentare dal dicembre 2022, ovvero da quando sono entrate in vigore le sanzioni europee sul petrolio.

Questo è un dato importante da tenere a mente, soprattutto considerando che i profitti dal settore energetico costituivano più del 20% del Pil russo nel primo trimestre del 2022. Secondo i dati ufficiali russi il deficit di bilancio dell’ultimo anno ammonta a più di 47 miliardi di dollari, circa il 2.3% del Pil. È un dato preoccupante per un Paese che fonda gran parte della sua economia sull’export.

Il cerchio si chiude: le prospettive di lungo periodo non sono rosee per l’economia russa. Putin ha ragione quando dice che le previsioni per quest’anno erano molto peggiori, ma si sbaglia quando sostiene che il trend futuro sia positivo. Oggi la previsione è che i proventi dall’Oil&Gas continuino a diminuire, che il deficit si aggravi e che le risorse da destinare alla guerra vadano riducendosi.

(Credit: @gdp1985)

A essere obiettivi, il tempo in cui questi fenomeni potranno avverarsi dipende in larga parte dal comportamento dei Paesi occidentali. Gli ucraini ricordano dall’inizio della guerra che esistono un’infinità di modi di aggirare le sanzioni e diversi Paesi le applicano in maniera molto lasca.

×

Iscriviti alla newsletter