Per gentile concessione dell’editore e dell’autore, pubblichiamo il commento di Pierluigi Magnaschi apparso sul quotidiano Italia Oggi
Gli economisti sono esperti nel costruire complessi modelli macroeconomici ma sono a digiuno di sociologia e di storia. Cioè di vita vissuta. Non conoscono le persone normali. Anche il caffè lo prendono all’università. Vivono infatti appartati vicino ai loro computer, discutono fra simili di tutto il mondo. Parlano di industria senza aver mai visto da vicino un operaio. Discutono di stato senza aver conosciuto un burocrate.
È inevitabile quindi che, quando vogliono sporcarsi le mani, finiscano per frantumarsele. Mario Monti, come teorico dell’economia, era (ed è) un’autorità internazionale. Come premier invece, pur avendo goduto del sostegno pieno di Bruxelles e di Francoforte e dovendo misurarsi con un paese che, paralizzato dalla paura, avrebbe ingoiato anche le riforme meno digeribili, ha collezionato una grande catena di insuccessi. Al suo confronto, persino Enrico Letta sembra Mandrake.
Adesso, Francesco Giavazzi, in un fondo del Corsera sostiene che in Italia non si fanno le riforme perché i nostri premier «trascorrono anche le vacanze e i fine settimana a Palazzo Chigi. Durante la difficilissima battaglia per l’approvazione della sua legge sanitaria, il presidente Obama, per mesi, ha viaggiato da un capo all’altro degli Stati Uniti cercando di convincere gli americani».
I premier italiani non aspettano altro che fare dei giri al fine di guadagnarsi i titoli dei tg serali. In Italia non si fanno le riforme, non perché premier, ministri e segretari di partito siano troppo stanziali nella capitale ma, molto più semplicemente, perché i politici, anziché guidare il popolo, lo seguono; e, come le lumache, alla prima resistenza, ritraggono subito i loro propositi nel guscio. Essi insomma vogliono conservare il posto, non passare alla storia.
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