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L’indipendenza energetica italiana nell’agenda di Elettricità Futura

Di Andrea Persili

Per una vera emancipazione dello Stivale non bastano le buone intenzioni, serve diventare un hub dell’energia. Ecco la road map emersa dal convegno di Elettricità Futura sulla strategia al 2030

Il sogno (o il miraggio) dell’indipendenza energetica ha ormai un nome: hub. Dal passaggio del gas alla produzione di energia elettrica, l’idea è la medesima: sfruttare la posizione dell’Italia (climatica o geografica che sia) per liberare l’Europa dal bisogno. Una sfida non agli Stati Uniti ma alla Cina, il monito è del ministro delle imprese e del Made in Italy Adolfo Urso: “Si rischia il passaggio dalla dipendenza russa sul gas a quella green dalla Cina”

Per scongiurare sia il carbone che il Dragone, la scommessa – lanciata dal convegno di Elettricità Futura in occasione della presentazione dello studio Enel Foundation – è quella di premere il pedale sulle rinnovabili: un mondo che conta 800 aziende e vale già 12,5 miliardi e mezzo della produzione (0,7 per cento del Pil). Non si tratta solo di elettrificare ma di creare un sistema. “L’Italia, oltre ad esserne secondo Paese produttore, è anche il sesto esportatore di tecnologie per rinnovabili e la prospettiva per il futuro – spiega il ceo di Alteshis Alessandro Marangoni – promette 361 miliardi di benefici economici e 540 mila nuovi posti di lavoro”.

Peccato che ad oggi solo il 35% dell’energia elettrica provenga da fonti rinnovabili: il resto viene prodotta da gas (55%) e carbone (10%). La ragione è semplice: tra veti di sovraintendenze e tempi autorizzativi (sette anni contro la media europea che è di un anno), sole e vento rischiano di non bastare se la burocrazia rema contro. “Bisogna fare partire insieme le procedure autorizzative: spesso i documenti sono gli stessi”, ammette il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin.

La soluzione tuttavia – almeno per il presidente di Elettricità futura, Agostino Re Rebaudengo – passa per azioni decise e simultanee: “Serve aggiornare il piano nazionale integrato energia e clima (con almeno 85 gigawatt di nuova potenza entro il 2030); poi rafforzare organici e competenze degli uffici (passando da 1 gigawatt autorizzato ad almeno 9) e infine partorire un testo unico per una interpretazione uniforme delle norme da parte delle Regioni”. E soprattutto una netta presa di posizione contro la cultura dei no, quella del not in my garden: “Per le nuove rinnovabili– aggiunge Re Rebaudengo – basta lo 0,3% del territorio italiano a fronte del 27 per cento che è senza vincoli di sorta”.

Ma bisogna fare presto e non solo per gli obiettivi di decarbonizzazione del 2030. “L’Italia ha la migliore rete di elettricità nel mondo ed è il Paese che ha il più grande numero di impianti (oltre 1 milione) connessi: l’anno scorso si sono contati 170 mila allacci e quest’anno il numero raddoppierà” ha detto l’amministratore delegato Enel, Francesco Starace. Le opportunità sono ghiotte, ma c’è anche il rischio (parola di Starace) che una fonte competitiva, sicura dal punto di vista geopolitico e con una filiera in pieno sviluppo possa guardare altrove se non vede in Italia possibilità di sbocco.

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