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Wagner e la guerra cognitiva ai confini dell’Italia. Parla Di Pasquale

L’orientamento dei flussi migratori crea problemi che polarizzano l’opinione pubblica. Creare fratture di dissenso nelle società occidentali è una tecnica che l’Urss ha sempre utilizzato, spiega Massimiliano Di Pasquale, direttore dell’Osservatorio sull’Ucraina dell’Istituto Germani. “Putin ha recuperato le tecniche di influenza utilizzate dal Kgb”

“L’orientamento dei flussi migratori crea problemi che polarizzano l’opinione pubblica. Creare fratture di dissenso nelle società occidentali è una tecnica che l’Urss ha sempre utilizzato”, spiega Massimiliano Di Pasquale, ricercatore associato presso l’Istituto Germani dove dirige l’Osservatorio sull’Ucraina, in una conversazione con Formiche.net. In questi giorni la compagnia mercenaria Wagner ha attirato l’attenzione del governo italiano con il ministro Crosetto che l’ha accusata di essere dietro ai flussi migratori dalla Libia e, successivamente, il ministro Urso che ha ricordato di come il Copasir si occupasse del dossier già nel 2022 quando era da lui presieduto.

La Wagner è uno strumento non solo militare classico, ma anche di guerra cognitiva. Può spiegare cosa significa?

La guerra cognitiva consiste nell’implementare quelle che si chiamano “misure attive”. In questo senso, Putin ha recuperato le tecniche di influenza utilizzate dal Kgb nel periodo comunista durante l’Unione Sovietica. Il termine abbraccia diverse tecniche di destabilizzazione politica e psicologica e comprende una vasta gamma di attività. Per fare alcuni esempi, si possono citare operazioni palesi o occulte di propaganda. Oppure il reclutamento di agenti di influenza nei Paesi target. Il finanziamento a partiti anti-sistema, con un’agenda politica antieuropea ad esempio. Il sostegno finanziario a movimenti rivoluzionari nei Paesi del Terzo Mondo. Quest’ultima era una pratica molto evidente durante la Guerra Fredda, ma anche oggi esiste in una certa misura se pensiamo all’impegno della Wagner nel continente africano.

Insomma, le misure attive sono quelle attività di sostegno a tutte le forze che vogliano creare delle fratture nella società target. Oggi un elemento molto interessante è il sostegno ai movimenti pacifisti. In quest’anno di guerra è emerso molto chiaramente che sotto l’egida del pacifismo si chiede la resa dell’Ucraina. Questa era una tradizione che esisteva anche durante la Guerra Fredda, ad esempio quando l’Urss sovvenzionava i movimenti pacifisti che si opponevano allo schieramento dei missili Nato in Italia.

Qual è la narrativa avanzata dalla Russia?

Una delle narrazioni strategiche della Russia putiniana è quella della decadenza occidentale. Di un modello culturale che è destinato a crollare di fronte a fenomeni come ad esempio l’apertura ai diritti degli omosessuali. Il discorso sull’immigrazione è sottile perché punta il dito sul fatto che le società democratiche e liberali non siano in grado di gestire il fenomeno migratorio con metodi democratici. Poi c’è il discorso dell’Islam come elemento di destabilizzazione di società di cultura cristiana. Il fatto che nella stessa Russia ci sia una forte minoranza musulmana è una contraddizione, ma passa in secondo piano rispetto alla narrativa principale.

Dunque la Russia utilizza i flussi migratori come leva geopolitica. 

L’orientamento dei flussi migratori crea problemi che polarizzano l’opinione pubblica dei Paesi democratici. Quella di polarizzare, dividere e creare fratture di dissenso nelle società occidentali è una tecnica che l’Urss ha sempre utilizzato.

La frattura a cui lei accenna è frutto del pluralismo democratico o dell’influenza di attori esterni? 

Sicuramente è vero che in una società liberale sana esiste un dibattito. Ma è anche vero che flussi di immigrazione così cospicui spinti da agenti esterni fanno assumere al problema una valenza talmente elevata che le reazioni del pubblico sono più forti. Di certo il discorso appena fatto può riguardare anche altri Paesi, non solo la Russia, che nutrono interessi in quella stessa area di Mediterraneo. Facendone una questione di onestà intellettuale, tutte le potenze non democratiche hanno interesse a mettere in evidenza le fratture delle democrazie.

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