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I Maestri Cantori per il XXI secolo

Secondo il programma di sala, “Die Meistersinger von Nurnberg” (“I Maestri Cantori di Norimberga”), opera scelta dal Festival per celebrare il bicentenario dalla nascita di Wagner non si rappresentava, a Salisburgo, dalla edizione con la regia di Herbert Graf andata in scena nel 1936, 1937 e 1938 quando nell’ultimo quadro del terzo, dopo quattro ore e mezzo di musica e circa sei in teatro, c’era un gran sventolare di vessilli nazisti. L’appiglio (errato) è fornito dalla tirata finale del protagonista (il poeta ciabattino, Hans Sachs) in cui si inneggia “alla sacra arte tedesca” imperitura anche nell’eventualità che dall’Ovest giungano minacce che distruggano i Regni, i Ducati e le città libere (come Norimberga) del gran mondo germanico. Curiosamente, nel Lohengrin, composto circa vent’anni prima, l’insidia veniva dall’Est, dalle pianure magiare, e il Re Riccardo l’Uccellatore chiamava a raccolta tutti i popoli germanici perché ponessero fine alle loro divisioni e combattessero uniti il comune nemico.

Il nuovo allestimento (direzione musicale di Daniele Gatti, regia di Stefan Herheim, scene di Heike Scheele, costumi di Gesine Völlm) non ha nulla di tutto ciò. Coprodotto con l’Opéra di Paris, dove si vedrà tra qualche settimana, andrà, oltre che a Vienna, al Metropolitan che lo mostrerà in diretta in 1700 sale cinematografiche in tutto il mondo. Arriverà probabilmente anche alla Scala (da dove l’opera manca da un quarto di secolo); nel contempo, una rete televisiva italiana ne ha comprato i diritti per mandarlo in onda quattro volte l’anno nei prossimi tre anni.

Questo Die Meistersinger von Nurnberg che ho gustato a Salisburgo il 24 agosto (spettacolo dalle 11 alle 17,30 con un intervallo di un’ora per il pranzo e di venti minuti per il caffè) probabilmente diventerà l’edizione di riferimento per diversi anni.

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L’opera viene rappresentata raramente in Italia – ne ricordo edizioni a Milano, Firenze, Torino, Trieste e Spoleto negli ultimi tre decenni – perché richiede 17 solisti, una dozzina di comprimari, un doppio coro, un organico orchestrale smisurato.

Nulla di più errato nel dare un’impronta politica a quella che molti considerano come la più bella commedia in musica mai scritta e composta. La trama è semplice. Nella Norimberga repubblicana delle corporazioni, a cavallo tra Medio Evo ed età moderna, si svolge una gara di canto. L’orafo Pogner ha messo in palio la propria figlia (la diciottenne Eva) che se decide di non impalmare il vincitore deve comunque scegliere come sposo un affiliato alla corporazione dei “Maestri Cantori” e che ne segua le regole nel cantare. Due quarantenni i principali contendenti: il calzolaio poeta Hans Sachs (vedovo da qualche anno) ed il segretario comunale, nonché occhialuto censore delle arti, Beckmesser . Eva, però, è innamorata, di un cavaliere di Franconia incontrato in chiesa, Walter il quale la ricambia ma fallisce la prova necessaria per essere ammesso alla corporazione dei “Cantori”. Sachs comprende l’amore dei giovani, rinuncia ai propri disegni su Eva ed in una lunga notte di imbrogli addestra Walter in modo che sconfigga Beckmesser, vinca la mano di Eva ed abbia sempre presenti i valori della “sacra arte tedesca”. Su questa trama , se ne inseriscono secondarie (quale il rapporto carnale tra Davide, apprendista di Sachs e Maddalena, governante di Eva) in una società in transizione da Medio Evo ad età moderna.

Theodor Adorno ha scritto che “Die Meistersinger” è “la più alta e più piena espressione del genio dell’Occidente” . Pur se storicizzata nella società tedesca alla fine del XV secolo, “Die Meistersinger” è una grande commedia umana con valenza generale ed a-storica: esalta le libertà civili ed economiche, la tolleranza, l’amore in tutte le sue guise, la lealtà intergenerazionale, la sacralità dell’arte e del pensiero e la continuità dei valori in un periodo di cambiamento. Nelle circa sei ore di spettacolo (intervalli compresi), si ride e ci si commuove e si è trascinati da un flusso continuo diatonico, dove domina il contrappunto ed ha un ruolo determinante la polifonia.

Nell’edizione presentata a Salisburgo, l’azione è spostata all’epoca Biedermeier, quando, dopo il Congresso di Vienna, nasceva, gradualmente l’Impero tedesco, È anche l’epoca in cui Wagner diventava da bambino un adulto. L’azione inizia durante l’ouverture: Sachs nel proprio studio ripensa alla vicenda che sarà il cuore dell’opera, La sua scrivania si trasforma nella Chiesa di Santa Caterina (primo atto), i suoi armadi nella case di Norimberga (secondo atto), nell’interno del suo laboratorio (prima scena del terzo atto) e nella grande piazza alla porta della città (seconda scena del terzo atto)- un gioco d’incastro che non può non appassionare il pubblico. Curatissima l’azione scenica anche in quanto rodata da due mesi di prove e da un’abile schiera di cantanti-attori.

Prima di andare alle voci, due parole su Daniele Gatti alla guida dei Wiener Filarmoniker. Non solo riesce a mantenere equilibrio tra buca e palcoscenico (impresa comunque difficile data la vastità dell’organico, da un lato, e l’esigenza di far comprendere qualsiasi parola, dall’altro) ma, pur in un’esecuzione, vigorosa animata e rispettosa dei tempi, accentua la polifonia e dilata gli abbandoni degli archi nelle scene d’amore ed in quella della “rinunzia” (quando diventa davvero struggente).

Micheal Volle è un Sachs di altissimo livello (il migliore ascoltato dal vivo negli ultimi vent’anni), Georg Zeppenfeld un Pogner possente, Marcus Werba un Beckmesser dal fraseggio scolpito e variegato. Venendo ai più giovani, Anna Gabler è un’Eva ma piena di dolcezza e di astuzia. Walter ha la vocalità lucente possente ed appassionata di Roberto Saccà, il quale ha iniziato la propria carriera come tenore lirico mozartiano (lo ricordiamo ancora in Die Meistersinger a Trieste nel 1992, nel ruolo di David, affidato in questa edizione a Peter Sonn dal timbro luminoso) ed ora approda ad una delle parti più ardue nel repertorio wagneriano. Perfettamente nel ruolo Monika Bohinc (Magdalene) e tutti gli altri, troppo numerosi per citarli. I ragazzi e le ragazze del Young Singers Project interpretano gli apprendisti delle corporazioni, un modo originale per far sentire che Die Meistersinger è di tutti e per tutti.



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