Bastano 800 dollari per acquistare una pubblicazione elaborata ad hoc. L’aumento della ricerca made in China, di circa il 23%, comporta molti rischi… L’inchiesta del Financial Times
Con la pandemia, la ricerca scientifica cinese è aumentata considerevolmente. La Cina è diventata così il Paese con più produzione, sorpassando per la prima volta gli Stati Uniti. Solo nel 2021, la pubblicazione di articoli firmati da autori cinesi è cresciuta del 23%, secondo i dati dell’Istituto di Informazione Scientifica degli Stati Uniti.
Peccato che queste pubblicazioni abbiano un’origine misteriosa. Un’inchiesta del quotidiano Financial Times svela come questa prolifica ricerca scientifica sia il prodotto di “fabbriche di articoli scientifici” e non di veri e studi rigorosi.
Le riviste scientifiche in tutto il mondo sono molto preoccupate per questo fenomeno. “Gli esperti sostengono che l’impressionante produzione cinese nasconde inefficienze sistemiche e uno sfondo di ricerca fraudolenta e di bassa qualità – si legge sul Financial Times -. Gli accademici si lamentano della devastante pressione che esercitano su di loro per essere pubblicati con l’obiettivo di avere posti nelle università di ricerca”.
Una ricerca del Committee on Publication Ethics (Cope) del 2022 sostiene che “la presentazione di presunti lavori di ricerca falsi è in aumento e minaccia di traboccare i processi editoriali di un numero significativo di riviste”. La “fabbrica di articoli scientifici”, secondo lo studio, è controllata da “organizzazioni con fini di lucro, non ufficiali, e potenzialmente illegali che producono e vendono manoscritti fraudolenti che sembrano inchieste autentiche”.
Negli ultimi anni, la produzione scientifica falsa va dal 2% al 20% e gran parte arrivano dalla Cina. Infatti, ci sono alcuni siti cinesi di e-commerce, come Taobao, in cui è possibile commissionare e acquistare una ricerca su un argomento specifico. Il prezzo: 800 dollari.
David Bimler, psicologo dell’Università Massey di Nuova Zelanda, ha identificato 150 articoli biomedici dell’Università di Jilin che usano gli stessi dati, per cui sono il risultato di una “fabbrica di articoli interna”. Elisabeth Bik, microbiologa americana, ha analizzato 20.000 articoli biomedici e in circa 800 ci sono “immagini duplicate in maniera inappropriata […] Gli articoli dalla Cina hanno una probabilità superiore alla media di avere immagini con problemi”, ha spiegato al Financial Times.
La “fabbrica di articoli scientifici” rappresenta una minaccia per la ricerca occidentale e cinese, perché fa perdere la fiducia reciproca nelle pubblicazioni in generale. Per James Wilsdon, professore di Politica di ricerca dell’Università College di Londra, il fenomeno compromette l’impegno per la crescita della collaborazione scientifica. E questo implica rischi per la ricerca, specialmente per quelle che trattano le malattie gravi.