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La Cina vuole sbarcare a Taranto. Ecco cosa può fare il Golden power

Serve usare “molta cautela” nei rapporti con Pechino e non tentennare sull’esercizio dei poteri speciali per proteggere il futuro della piattaforma logistica dello scalo pugliese e la sicurezza nazionale. Lo scrive Vegas, ex presidente della Consob

“Con quanto sta avvenendo nello scenario internazionale, occorre molta cautela nel maneggiare i rapporti con il Paese del Dragone”, cioè la Cina. A consigliare il governo Meloni è, dalle colonne del quotidiano Il Messaggero, Giuseppe Vegas, ex presidente della Consob e viceministro dell’Economia, già esponente di Forza Italia e del Popolo della Libertà. “Forse non sarebbe avventato operare una riflessione sulla possibile esistenza di rischi, ancorché indiretti, che un giorno o l’altro potrebbero impattare su problemi di sicurezza nazionale solo perché si è tentennato a mettere mano alla leva del Golden power”, scrive.

La sua riflessione nasce dal futuro della piattaforma logistica del porto di Taranto, che come ricorda è strategico per le attività delle forze armate italiane e della Nato.

Come raccontato anche su Formiche.net, un’area di 132.171 metri quadrati è stata assegnata alla Progetto Internazionale 39. Il quotidiano La Verità ha raccontato che la società – che oggi si occupa di trasporti e logistica ma prima, sotto il nome di Pumma Brand, gestiva un marchio di una catena di pizzerie a Roma – ha sede nella capitale, in Piazzale Clodio 22, nello studio del commercialista Tommaso Celletti. Quest’ultimo ne risulta anche amministratore unico e azionista al 33%. Alfredo Esposito, residente a Civitavecchia, ha una quota pari. Il restante 34% è diviso tra un delegato del governo di Pechino in Italia (Sergio Gao Shuai) che detiene il 33% e un’associazione a lui collegata che ha l’altro 1%.

Nelle scorse settimane Sergio Prete, a capo dell’Autorità di sistema portuale del Mar Ionio (e unico italiano tra gli esperti del Shanghai International Shipping Institute), ha spiegato che “Progetto Internazionale 39 è solo una società di scopo, in realtà gli investitori saranno altri e sono italiani”. Tuttavia, quali siano gli altri investitori “italiani” per ora non si sa. In ogni caso, in passato sullo scalo è stato forte l’interesse di Cosco, compagnia di Stato cinese e cruciale nel progetto Via della Seta lanciato dal leader Xi Jinping, come raccontato sempre su queste pagine.

Forse è per questo ruolo di mediazione che l’ex pizzeria con capitale sociale di appena 10.000 euro – che ha avuto la meglio sulla danese Vestas, presente da anni nel porto di Taranto – nell’istanza presentava il codice Ateco 70.21, quello che riguarda aziende che si occupano di pubbliche relazioni e comunicazione, svolgendo attività per conto terzi volte a migliorare l’immagine pubblica di un’organizzazione o di un’impresa, attività di ufficio stampa per conto terzi e promozione dell’economia del territorio. Si tratta di elementi che nella città pugliese spingono alcuni a ipotizzare, se non addirittura a invocare, un commissariamento dell’Autorità di sistema portuale da parte del governo.

Ma, come spiegavamo su Formiche.net la scorsa settimana, l’esecutivo può intervenire anche con l’esercizio dei poteri speciali. Infatti, la normativa Golden power si può applicare anche nel caso di una piattaforma logistica connessa a una infrastruttura di rilievo nazionale qual è il porto di Taranto.

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