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Dalla ricostruzione post terremoto al rilancio dell’Appennino. Scrive il commissario Castelli

Di Guido Castelli

Il 6 aprile del 2009 la devastazione colpì un’area relativamente ristretta all’Abruzzo. Dall’agosto del 2016 iniziò una serie di episodi sismici correlati che hanno coinvolto 138 Comuni e quattro Regioni dell’Italia centrale. Guido Castelli, commissario straordinario del governo per la ricostruzione sisma 2016, racconta a Formiche.net il progetto NextAppennino per il rilancio del Centro Italia

Il nemico non è il terremoto, ma l’illusione in cui si culla chi non si organizza per affrontarne la convivenza. Il vero nemico è la resa, l’abbandono. Se c’è una lezione che dobbiamo imparare dagli eventi sismici che si sono susseguiti dopo le scosse di quattordici anni fa, a L’Aquila, e dopo quelle che hanno ferito tutto il Centro Italia, sette anni fa, è che dobbiamo combattere l’abbandono, lo spopolamento.

Il cuore geografico (e non solo: culturale, religioso, artistico) del nostro Paese non deve accettare l’idea di desertificarsi. Ma la gente che vi abita ancora deve essere aiutata a restare aderenti alle radici del loro passato per costruire un nuovo futuro, senza inseguire le forme dell’assistenzialismo, ma sapendo rigenerare vita, impresa, famiglie. Dalla ricostruzione alla rigenerazione: è il percorso del “dopo” che unisce due eventi sismici diversi per origine e per territori, comunque contigui. Il 6 aprile del 2009 la devastazione colpì un’area relativamente ristretta all’Abruzzo. Dall’agosto del 2016 iniziò una serie di episodi sismici correlati che hanno coinvolto 138 Comuni e quattro Regioni dell’Italia centrale (Lazio, Umbria, Marche e ancora Abruzzo). Due crateri diversi, per dimensioni e per natura geologica. Simili per la scommessa sul futuro che ci obbligano a fare.

Il futuro deve fare i conti con il passato. Gli effetti devastanti dei terremoti sono proporzionali al tentativo di esorcizzare questa convivenza, dimenticando le caratteristiche che la natura impone. Modernizzare – se vuol dire perdere la vocazione rurale, dove è forte e radicata – può essere un segno di smemoratezza colpevole. E spesso si accompagna a scorciatoie urbanistiche speculative. Ricostruire è una condizione necessaria. Ricostruire con l’impegno a utilizzare tutte le nuove tecniche utili a difendersi dalle distruzioni del “grande collaudatore”, come definivano il terremoto i vecchi ingegneri del Reale Genio Civile.

Anche lo sviluppo turistico delle zone del Centro Italia deve fare i conti con la convivenza fragile con i fenomeni sismici. L’ospitalità è possibile. Un caso su tutti: a Norcia le chiese sono collassate, e questo la dice lunga su una insufficiente protezione pubblica del patrimonio artistico, ma gli edifici privati e residenziali, pur danneggiati, hanno retto almeno quel tanto che è bastato per evitare vittime tra la popolazione, grazie alla buona ricostruzione fatta dopo il sisma del 1997. Ma si tratta di una capacità di ospitare turisti a condizione di non adagiarsi nella retorica dei borghi. I borghi d’Italia richiedono risorse, manutenzione, investimenti. La “montagna magra” dell’Appennino – come la indicava Pier Paolo Pasolini a contraltare di quella “grassa” ricca di acqua e di alpeggi delle montagne del Nord Italia – merita il rispetto e l’attenzione che si dedica alla spina dorsale del Paese.

Viabilità, scuole, risorse per le imprese, ricostruzione degli edifici pubblici e privati con tutte le deroghe alle regole generali (dal superbonus 110% ribadito giustamente nei territori del sisma dell’Italia centrale, alla certezza dei pagamenti per le imprese edilizie che devono tornare a lavorare nei nostri territori): si deve combattere lo spopolamento.

Ricostruzione e riparazione si saldano, diventando le due direttrici principali di azione per gli interventi nell’area del cratere, con l’obiettivo di fare dei territori dell’Appennino centrale colpiti dal terremoto un nuovo modello di sviluppo. L’avvio di questo nuovo percorso è stato reso possibile dall’approvazione in via definitiva il 7 marzo, da parte della Camera dei deputati, del Decreto ricostruzione. Un provvedimento indispensabile per le zone terremotate, che contiene norme a lungo attese da amministrazioni locali e operatori economici, la cui finalità è stata anche quella di formalizzare la doppia funzione del Commissario: oltre a essere il promotore della ricostruzione fisica, diventa anche il soggetto delegato alla riparazione (intesa come rigenerazione socio-economica) dei territori colpiti dal sisma del 2016.

In questo orizzonte si inserisce il progetto NextAppennino, il programma per il rilancio economico e sociale delle regioni del Centro Italia colpite dai terremoti del 2009 e del 2016, finanziato dal Fondo Complementare al Pnrr per le Aree Sisma, con una dotazione complessiva di 1 miliardo e 780 milioni di euro, 700 dei quali, per la maggior parte, a disposizione delle imprese per sostenere i loro investimenti sul territorio. Un punto di partenza, non di arrivo, vista la grande vitalità di risposte progettuali che abbiamo già ottenuto.

La responsabilità di questi interventi è affidata alla struttura del Commissario Straordinario per la ricostruzione post sisma 2016. In questo ruolo ho l’onore e l’onere di presiedere i lavori della Cabina di Coordinamento composta – oltre che dalla mia struttura – anche dal responsabile della Struttura Sisma Abruzzo 2009, dal capo Dipartimento Casa Italia, dai presidenti delle Regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria e dai rappresentanti dei sindaci delle quattro Regioni. Ricostruzione e rigenerazione. Dopo i terremoti c’è solo un’alternativa: l’abbandono o lo stupore per una nuova bellezza. Noi vogliamo lavorare per questa seconda possibilità.

 

 

 

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