Con l’autorizzazione dell’editore e dell’autore pubblichiamo il commento di Edoardo Narduzzi uscito sul quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi, Italia Oggi.
E se fosse la Germania il vero grande malato dell’eurozona? Se fosse proprio l’economia tedesca, con la sua difficoltà a essere una locomotiva, il principale problema della moneta unica?
Ovviamente i dati macroeconomici danno un quadro più che rassicurante. Il pil in crescita dello 0,7% nel secondo trimestre e i buoni dati sull’occupazione, che a luglio ha registrato un inatteso calo dei senza lavoro di 7 mila unità lasciando il tasso di disoccupazione al 6,8%, offrono una immagine positiva dello stato di salute dell’economia tedesca.
Eppure Berlino cresce troppo poco e ha troppe difficoltà, nonostante l’incredibile bonanza offerta dal costo del denaro più a sconto di tutte le economie avanzate Giappone a parte, a trasformare le opportunità in investimenti capaci di produrre nuova crescita e nuova occupazione.
Certo, quella tedesca è oggi l’unica grande economia dell’eurozona che, a cinque anni dal fallimento della banca di investimento americana Lehman Brothers e dall’inizio della più lunga recessione del secondo dopoguerra, può vantarsi di avere un pil del 2% superiore a quello pre-crisi. A certificare che la macchina tedesca, non sarà una locomotiva in grado di trascinare l’intera area della moneta unica, ma quantomeno i suoi interessi domestici li cura più che bene.
Eppure una lettura più attenta del quadro dovrebbe far riflettere sulla scarsa capacità dell’economia tedesca di approfittare del contesto, anche attraendo capitali internazionali. Da cinque anni il costo del denaro in Germania è al minimo storico.
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