L’intervento del presidente della Commissione attività produttive della Camera, correlatore dell’incardinamento della delega per la Riforma fiscale: “Nella fiscalità cittadini, famiglie e imprese devono poter vedere non solo un prelievo, pur necessario per provvedere alla res publica, ma anche uno strumento per determinare condizioni di maggior benessere, presente e futuro”
La delega per la riforma fiscale rappresenta l’occasione per un cambio di passo: il punto cruciale è quello di rendere il fisco “conveniente” rispetto all’evasione, innestando il concetto che sistemi semplici a bassa tassazione rendano preferibile essere in regola piuttosto che nel rischio del sommerso. Del resto, la parola fisco deriva dal Latino “fiscus”, ovvero cesta: a ricordare come le casse pubbliche siano un paniere, anzi il paniere, di tutti, dove si raccolgono le risorse necessarie per far funzionare il nostro Paese, secondo i principi di progressività sanciti dalla Costituzione.
Questa delega interviene efficacemente, capillarmente, strategicamente a favore di tutti, specie di quelle persone che più necessitano di supporto. Da sempre infatti sosteniamo che, per far correre il Paese, serva liberarlo da farraginosità e pressione fiscale eccessiva. Ora la sfida sarà quella della semplificazione.
A cosa serve il fisco?
Il fisco serve a sostenere non solo il mantenimento dello Stato e dei servizi, con attenzione specie alle fasce più deboli della popolazione, ma anche la crescita, il progresso, lo sviluppo del Paese. Nella fiscalità cittadini, famiglie e imprese devono poter vedere non solo un prelievo, pur necessario per provvedere alla res publica, ma anche uno strumento per determinare condizioni di maggior benessere, presente e futuro: in termini di opportunità, tanto per i singoli quanto per la comunità tutta.
Era il 1973/1974 quando fu varata dopo uno studio durato oltre un decennio l’ultima vera riforma fiscale. L’Iva sostituì l’Ige, nacquero l’Irpef, l’Ilor e l’Irpeg, l’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili, l’imposta di registro, le imposte ipotecarie e catastali, l’imposta sulle successioni, il bollo, l’imposta comunale sulla pubblicità, l’imposta sugli spettacoli e le concessioni governative. Guardandolo ora, quel periodo sembra quasi un paradiso rapportato all’inferno attuale.
Un periodo dove la contabilità e gli adempimenti fiscali erano solo manuali, senza l’ausilio di alcun computer o software. Da allora si è succeduto qualche restyling: la cosiddetta “Visentini bis” del 1985, il Testo Unico D.P.R. 917/1986, la famigerata Irap la cosiddetta “tassa sulle perdite” del Ministro Vincenzo Visco (chiamata così perché si calcola, incredibilmente, anche se un’azienda chiude il Bilancio in perdita) nonché tanti tentativi per contrastare l’evasione fiscale, l’elusione e in generale l’economia sommersa.
Poi ci furono la complessità fatta a sistema per contrastare l’evasione, i blitz nelle città dei ricchi per spettacolarizzare il tema dei controlli, la fantomatica “legge manette agli evasori”(Legge n.516 del 1982) che, dimenticandosi il tetto per il mancato versamento delle ritenute d’acconto, determinò migliaia di denunce penali per poche “lire”.
Nel 2000 con il Dlgs 74 si pose rimedio a fattispecie penali derivanti da infrazioni formali: poi però nel 2011 arrivò Monti, che abbassò la soglia per incorrere in reati penali, perpetuò le complicazioni fiscali, proseguendo nello squilibrio evidente nel rapporto fra Cittadino e Fisco. A parole il Fisco doveva essere “amico”, nei fatti e nelle norme, però, si attestava quale assoluto nemico.
Si volta pagina
Con la delega fiscale del Centrodestra si volta finalmente pagina. Queste sono le sue direttrici di intervento principali. Una delega che ha una visione chiara del fisco come meccanismo di rilancio dell’Economia. Una delega frutto di una compagine coesa, che sul fisco la pensa allo stesso modo: meno tasse e più semplicità, con tantissimi Progetti di Legge della Lega che entrano in delega a pieno titolo.
Una delega che consta di parti generali, di principio, ma anche di parti molto puntuali e particolareggiate, tanto da limitare fortemente gli spazi di intervento dei decreti attuativi. Una delega che troverà le coperture nei decreti attuativi, a differenza di quella “Draghi”. Se c’è una parola che più efficacemente riassume e trasmette il significato profondo e lo spirito di questa delega per la riforma fiscale, la parola è strategia.
Strategia che significa visione del futuro, in un orizzonte temporale di medio-lungo corso, che dia “tempo al tempo”, per fare in modo che effetti benefici e ricadute virtuose abbiano modo di radicarsi e concretizzarsi. Per troppo tempo, infatti, per troppi anni, si è proceduto con logiche dimentiche del domani, concentrate sul “qui e ora”, prive di profondità strategica sugli obiettivi che si intende raggiungere, e le cui fondamenta devono evidentemente essere gettate con lungimiranza nel presente.
Era il 1990 quando Michael Porter, Professore alla Harvard Business School, presentò il suo trattato “The Competitive Advantage of Nations”, all’interno del quale il modello noto con il nome di “diamante di Porter” evidenziava l’insieme di fattori chiave che portano uno Stato a primeggiare in un determinato settore industriale.
Se volessimo applicare la stessa logica, lo stesso approccio a questa delega fiscale, che finalmente rivoluziona il sistema dopo cinquant’anni, il diamante di Porter consisterebbe qui in un modello a tre voci: semplificazione, riduzione della tassazione e riequilibrio del rapporto tra Cittadino e Fisco. Condizioni imprescindibili e irrinunciabili per fare sì che un Paese, il nostro Paese, la nostra economia nazionale, possano realmente essere competitivi e primatisti sullo scacchiere planetario.
No aberrazioni
Si tratta di un vero e proprio cambio di passo perché, per la prima volta dagli anni ‘70, ci si muove nell’ottica di un sistema semplice e, gradualmente, a più bassa tassazione, in grado di correggere le spesso quasi “aberrazioni” nel rapporto fra cittadini, famiglie e imprese da una parte, e il fisco dall’altra. Si vuole infatti procedere nell’ottica di un fisco che non sia più “nemico” del cittadino e che non soffochi la crescita e la competitività delle aziende. Siamo uno dei Paesi al mondo più complicati fiscalmente – ce lo dice la Banca Mondiale, collocandoci al poco esimio posto n.128 – uno di quelli più burocratizzati ed esosi, e questo ci rende respingenti anche per gli investitori internazionali. La complicazione fiscale italiana, del resto, è una vera e propria tassa occulta, una patrimoniale che paghiamo tutti, con grave danno per il sistema Paese. E che, soprattutto, non ha in alcun modo concorso a una significativa ed efficace lotta all’evasione.
Ora lo Stato e le Istituzioni, analogamente a quanto tratteggia il diagramma di Porter, con questo testo hanno finalmente la possibilità di incidere sul tessuto economico, slegandolo dai gravami burocratici e consentendo alle energie, all’entusiasmo e alla creatività di Cittadini e Imprese di correre, generando così effetti positivi a cascata, in primis per quanto concerne l’occupazione.
È assolutamente indubbio che semplificazione, riduzione delle tasse e rimodulazione del rapporto Cittadino-Fisco siano ricette che funzionano. Laddove sono state applicate, infatti, come per esempio nel caso della cedolare secca per le locazioni abitative, hanno dato i risultati attesi, determinando un miglioramento nel rapporto cittadino-fisco e il significativo abbattimento dell’evasione.
Numeri
Riporto alcune considerazioni tratte da un documento di Fiscal Focus. Sulla base dei dati forniti dall’Agenzia delle Entrate, nel 2022 sono stati 1498 gli adempimenti fiscali previsti, oltre 205 nel solo mese di Agosto. Un numero enorme di adempimenti e pratiche! Direi oggettivamente insostenibile. Un sistema fiscale complicato genera tantissime criticità. A differenza di quanto si creda, più il sistema è complesso più l’evasione ha opportunità di trovare spazi. La complessità genera soggettività, con rischi di errore per il Contribuente ma anche possibilità di elusione fiscale.
La pressione fiscale non deve essere valutata solamente confrontando il peso delle imposte ma anche il costo per adempiere a obblighi e scadenze. La valutazione di questo parametro collocherebbe molto probabilmente l’Italia al primo posto al mondo in quanto a gravami su cittadini, famiglie e imprese. Più il sistema fiscale è farraginoso, più crescono il contenzioso e anche il mancato incasso delle imposte.
Cosa c’è nel testo
Nel testo vengono riprese e implementate numerose Proposte di Legge della Lega, a cominciare dall’eliminazione delle microtasse i cui costi di gestione sono paradossalmente più alti rispetto all’introito che generano per lo Stato. Come già anticipato, c’è poi il tema dello Statuto del Contribuente, una delle leggi finora più calpestate e neglette: in questa delega rientra dunque la richiesta di valorizzazione del principio di legittimo affidamento del Contribuente. Viene introdotto altresì il graduale perseguimento dell’equità orizzontale, con no-tax area uguale per tutti, iniziando da dipendenti e pensionati.
Ci sono inoltre la riduzione delle aliquote Irpef da quattro a tre mettendo a chiare lettere che dovrà diminuire la tassazione come realizzato quando si è passati da cinque a quattro aliquote con l’obiettivo di tendere alla flat tax, la flat tax sugli incrementi di reddito estesa ai dipendenti, compliance preventiva per due anni, nessun condono ma accordi preventivi sulla base di stime realizzate dall’Agenzia delle Entrate per dare tranquillità al sistema fiscale, al Cittadino che deve poter occuparsi maggiormente del core-business e non della burocrazia fiscale.
In delega entra inoltre l’abolizione dell’Irap, sicuramente quella su società di persone, studi associati e Stp come sovraimposta sull’Ires per le società di capitali. È una grande semplificazione, in quanto ora abbiamo calcoli per l’Ires diversi dai calcoli dell’Irap: in questo modo si abolisce quasi metà della dichiarazione dei redditi.
Un cambio di passo
Ritengo necessario sottolineare ancora una volta l’importanza del cambio di passo che si concretizza con questa delega. Finora per combattere il sommerso lo Stato ha complicato la normativa fiscale, aumentando a dismisura gli adempimenti in capo a Cittadini e attività produttive. Ebbene, come già anticipavo poc’anzi, l’evasione non sembra fortemente scesa e speriamo, viste le difficoltà, di stimarla che non sia aumentata. Questa delega dà finalmente una strategia diversa al Paese (“strategia”, come dicevamo poco fa, criterio ispiratore del diamante di Porter) con cui, insieme ai controlli, sconfiggere il sommerso con sistemi semplici a bassa tassazione.
Un altro esempio è quello della mini flat tax, fortemente voluta dalla Lega, per fatturati sino a 85.000 euro ma con fuoriuscita a 100.000 euro, con un’aliquota unica al 5% per i primi cinque anni e al 15% per i successivi. Un sistema semplice che si limita all’unico adempimento della dichiarazione dei redditi, a bassa tassazione, che rende concorrenziale il Fisco rispetto all’evasione. In sostanza, se il fisco è ragionevole e semplice, non ha senso evadere. Questa è una delega che può togliere “cibo” all’evasione.