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Il caso Roccella tra libertà di pensiero e intolleranza

Senza un pieno e rigoroso rispetto del pluralismo politico, culturale, ideale e sociale si corre il serio rischio di rivedere tornare i “fantasmi di un passato” che nessuno vorrebbe più. E la lezione del “caso Roccella” ci insegna semplicemente questo. Senza arroganza e senza alcuna ulteriore polemica. Il commento di Giorgio Merlo

Il “caso Roccella”, cioè l’impossibilità della ministra di poter presentare il proprio libro al recente Salone del Libro di Torino possiamo dire che è legato ad un fatto di cronaca. Spiacevole, ma di cronaca. Altra cosa, invece, è il disegno e la valutazione politica che spiegano e giustificano quel fatto di cronaca.

Ora, pur senza ingigantire e senza ridimensionare quel fatto, è indubbio che sono le singole reazioni politiche, e culturali, dei vari partiti, che non possono essere sottovalutate perché incidono concretamente sull’evoluzione della intera politica italiana. E questo perché il nodo che resta tuttora irrisolto è quello di come garantire la piena praticabilità democratica a tutte le opinioni e a tutte le culture politiche democratiche e liberali e nel pieno rispetto dei principi costituzionali, come ovvio e scontato. Perché sono proprio le reazioni di alcuni partiti – in particolare il principale partito della sinistra italiana a guida Schlein sostenuta dagli organi di informazione che legittimamente la sostengono – a svelare un elemento alquanto inquietante.

E cioè, detta in termini più comprensibili e senza ipocrisia, la ministra Roccella sarebbe stata giustamente zittita al Salone del Libro di Torino perché quella reazione può capitare quando si pensano alcune cose, quando si dicono alcune cose e quando si sostengono pubblicamente alcune cose. Tradotto per i non addetti ai lavori: se metti in discussione il “pensiero unico” o “politicamente corretto” ti puoi aspettare di tutto. Verrebbe da dire quindi, “è la democrazia bellezza”.

Ora, pur senza soffermarsi sulle singole reazioni, quello che continua ad essere in discussione è la concreta possibilità per tutti i partiti – democratici e costituzionali – di poter esprimere liberamente le proprie opinioni, i propri progetti politici e le relative e scontate peculiarità politiche, culturali e programmatiche. Questo è il punto vero della contesa. Ovvero, c’è la concreta possibilità, anche dopo il voto del 25 settembre e l’avvio dell’esperienza politica di un centro destra di governo, che ci sia un rispetto per tutte le opinioni, anche per quelle che confliggono con il cosiddetto “pensiero unico” che poi, quasi sempre, nel nostro paese coincide con la cultura della sinistra ex o post comunista? Perché se questo diritto viene negato in virtù di una “superiorità morale” o di un primato culturale o di una maggior titolarità politica di altri interlocutori, è indubbio che entra in crisi lo stesso principio del pluralismo che era, è e sarà sempre il cuore pulsante di ogni sistema democratico e liberale.

Ecco perché il cosiddetto “caso Roccella” ci insegna, ancora una volta, che alcune derive antidemocratiche ed illiberali, nonché preoccupanti, del passato non possono più avere cittadinanza nel presente e soprattutto nel futuro. Perché quando viene negata sistematicamente la possibilità di poter esprimere alcune opinioni politiche perché ritenute impresentabili o nocive o retrograde da un singolare ed anacronistico tribunale del “politicamente corretto”, è la stessa qualità della democrazia che entra irreversibilmente in crisi. E quindi, e infine, senza un pieno e rigoroso rispetto del pluralismo politico, culturale, ideale e sociale si corre il serio rischio di rivedere tornare i “fantasmi di un passato” che nessuno vorrebbe più. E la lezione del “caso Roccella” ci insegna semplicemente questo. Senza arroganza e senza alcuna ulteriore polemica.



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