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Agente carioca. Perché il Brasile è un paradiso per le spie russe

Fragilità del sistema di controllo e di rilascio dei documenti; tendenza del Paese a non partecipare a conflitti internazionali; difficili processi di estradizione. Questi e altri fattori permettono agli agenti russi di avere un passaporto brasiliano con cui muoversi nel mondo, fornendo anche servizi per istituzioni strategiche…

Victor Ferreira, José Assis e Daniel Campos sono i nomi di presunte spie russe che vivono in Brasile. La polizia brasiliana, in collaborazione con altri funzionari dell’intelligence internazionale, indaga su una rete di spionaggio con l’epicentro nel Paese sudamericano.

A svelarlo un reportage della Bbc, che segue le tracce di una serie di personaggi con false identità brasiliane e una vita parallela come agenti del Cremlino. Il passaporto brasiliano permette alle spie di muoversi, senza sollevare sospetti, in molti Paesi europei e negli Stati Uniti.

“Almeno tre presunte spie russe con identità brasiliane sono state identificate negli ultimi mesi. Al momento, non ci sono ancora prove che abbiano spiato istituzioni o autorità brasiliane”, spiega la Bbc. Molti dei documenti che dimostrano il fenomeno sono prodotti dell’Fbi. Le azioni di questi agenti sono state confermate negli Stati Uniti, Irlanda e Norvegia.

La prima presunta spia “brasiliana” si chiama Sergey Vladimirovich Cherkasov, ma ha anche la carta di identità di Victor Muller Ferreira. Ad aprile del 2022 è stato arrestato ad Amsterdam quando cercava di entrare nel Paese ed è stato deportato in Brasile. L’uomo aveva fatto domanda per uno stage alla Corte Penale Internazionale. Dalle indagini è emerso che Cherkasov era un agente del Gru, uno dei servizi di intelligence delle Forze Armate russe. In Brasile è stato condannato a 15 anni di carcere per essere in possesso di un documento falso. Tuttavia, ha sempre negato di essere una spia ed è indagato ancora per riciclaggio.

A novembre è stato identificato Mikhail Mikushin, un cittadino russo con il passaporto da José de Assis Giammaria. Arrestato a Tromsø, in Norvegia, era un colonnello russo che lavorava come ricercatore all’Università Artica di Norvegia, al confine con la Russia.

Il terzo caso è più recente: quest’anno una brasiliana ha denunciato la scomparsa del fidanzato Gerhard Daniel Campos, che in realtà è un russo di cognome Shmyrev, che sarebbe una spia. Shmyrev aveva un’azienda specializzata nelle stampe 3D che aveva fornito servizi a Esercito, Marina e Ministero della Cultura brasiliana.

Sono tutti casi di agenti che non solo cambiano nome ma si creano una nuova identità, professione, personalità e legami sentimentali e di amicizia. Il processo dura anni e passa inosservato per molti.

Ma perché scegliere proprio il Brasile? Membri dell’intelligence brasiliana, ricercatori e persone che conoscono il sistema di registro notarile del Brasile indicano alcuni fattori principali: la fragilità del sistema di controllo ed emissione di documenti; la tendenza del Paese a non partecipare a conflitti internazionali; la popolazione variegata, che permette ad un russo di farsi passare per brasiliano; i difficili processi di estradizione.

In Brasile, inoltre, è quasi inesistente la connessione tra i database delle anagrafi e i registri biometrici del governo federale o statale, così come del Tribunale Superiore Elettorale o la Polizia Federale. Questo fa del Brasile un territorio ideale per la rete internazionale di spionaggio, russo ma non solo.

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