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Energia driver dell’economia del Sud e del Mediterraneo. Parla Zigon (Getra)

La pandemia, l’invasione russa dell’Ucraina, l’inasprirsi della sfida tra Usa e Cina, nuovi equilibri in Europa, hanno infranto molte certezze con la conseguenza di avere l’accorciamento delle filiere industriali europee e lo spostamento del baricentro verso il Mediterraneo. Intervista a Marco Zigon, presidente del Gruppo Getra

Presidente del Gruppo Getra, specializzato nella produzione di medi e grandi trasformatori elettrici e di sistemi interconnessione per le reti elettriche in alta tensione, Marco Zigon è stato tra i relatori al convegno “Per una transizione ecologica, non ideologica” organizzato da Alessandro Barbano per Index.

Può l’energia diventare il driver dell’economia del Mezzogiorno e del Mediterraneo?

Certamente sì. Le condizioni ci sono tutte. Spetta naturalmente alla politica e alle imprese trasformare questa potenzialità in fatti.

Il mondo sta cambiando…

La pandemia, l’invasione russa dell’Ucraina, l’inasprirsi della sfida tra Usa e Cina, nuovi equilibri in Europa, hanno infranto molte certezze.

Con quali conseguenze?

Tra le tante, l’accorciamento delle filiere industriali europee e lo spostamento del baricentro verso il Mediterraneo.

Si può parlare di nuovo protagonismo per l’Italia?

La cooperazione tra l’Europa, i paesi del Nord Africa e quelli del Medio Oriente, indispensabile se vogliamo affrontare le sfide energetiche e logistiche, ci vede al centro degli interessi e ci offre grandi opportunità.

In particolare?

Un ruolo primario può essere giocato dal Mezzogiorno come porta d’accesso per i nuovi flussi energetici dal Nord Africa.

Parliamo di gas?

Il gas è e resterà per molto tempo un elemento predominante nell’approvvigionamento energetico. La novità è che grazie agli accordi raggiunti con molti paesi esportatori, soprattutto con l’Algeria, non dipendiamo più dalla Russia.

È quello che si desiderava…

Certo, e lo stesso vale per il gas naturale liquefatto (Gnl) che vede il Mediterraneo ancora in posizione dominante con tre rigassificatori attivi e due in arrivo.

Ma il futuro non è nelle rinnovabili?

Dobbiamo arrivarci al futuro. Proprio di recente l’Unione europea ha raggiunto un accordo per portare al 42,5 per cento entro il 2030 la quota di rinnovabili nel mix energetico.

Si può fare?

Ci dobbiamo riuscire. Ma i problemi da risolvere non sono pochi e vanno affrontati con decisione.

Per esempio?

Il processo di rilascio delle autorizzazioni è farraginoso e molti progetti sono bloccati.

Ancora?

Bisogna garantire un adeguato aumento della capacità di stoccaggio e per questo bisognerà affidarsi all’idrogeno in quanto vettore energetico dotato di flessibilità e versatilità.

Una sorta di stabilizzatore dei flussi?

Che avrà un ruolo chiave nel favorire la penetrazione nel sistema energetico delle fonti rinnovabili non programmabili, come eolico e fotovoltaico, funzionando come bilanciatore di rete.

Che peso avrà lo sviluppo di nuove tecnologie?

Decisivo. Si dovrà passare attraverso nuove competenze delle risorse umane, sostegno alla ricerca, trasferimenti tecnologici. E non basta.

Che altro?

Bisognerà lavorare all’ammodernamento della rete che dovrà essere predisposta alla gestione delle fonti rinnovabili.

In tutto questo il Mezzogiorno…

Acquista nuova centralità come hub energetico del Paese per le rinnovabili (già oggi contribuisce per il 35 per cento alla produzione italiana) soprattutto in uno scenario euromediterraneo allargato.

Con quale impatto sul mondo delle imprese e dell’occupazione?

Non c’è dubbio che accanto ai benefici ambientali la transizione ecologica avrà rilevanti ricadute sulla filiera industriale e tecnologica delle rinnovabili e della cosiddetta smart energy.

Siamo pronti?

Tutto questo avrà bisogno di nuovi modelli imprenditoriali, specifiche competenze, cambiamenti di comportamento e un forte investimento nelle reti. Oltre che un inevitabile salto tecnologico.

Potrebbe il Sud conquistare quel ruolo strategico che da tempo gli manca?

Può essere il luogo del reshoring italiano per la grande disponibilità di luoghi, la presenza di risorse umane capaci e l’agevole raggiungibilità degli impianti produttivi via mare.

Quanto dovremo aspettare perché questo accada?

In realtà già tre dei principali investimenti italiani per la produzione di apparati per lo sviluppo delle fonti rinnovabili sono localizzati al Sud.

Quali?

Enel Green Power a Catania con lo stabilimento 3 Sun per la realizzazione di moduli fotovoltaici più performanti d’Europa, Stellantis a Termoli e Seri Industrial a Teverola per la costruzione di batterie di accumulo destinate all’automotive e non solo.

Quanto vale il comparto dell’energia nell’economia nazionale?

Oggi rappresenta una quota del 4,2 per cento con un fatturato aggregato, secondo i dati dell’associazione di categoria (Anie) di 76 miliardi per circa 600.000 lavoratori che con l’indotto diventano 900.000.

Uno dei principali settori del Paese…

Certo, che investe in ricerca e sviluppo il 5 per cento ed è destinato a crescere considerando gli obiettivi europei e nazionali per i prossimi decenni.

Come giocherà il Piano nazionale di ripresa e resilienza?

Pnrr e fondi strutturali determineranno un incremento dei volumi al 2027 del 20 per cento con la creazione entro il 2030 di oltre 500.000 nuovi posti di lavoro.

Quanto è realistica questa prospettiva?

È alla nostra portata a patto che si incentivi una maggiore cooperazione tra il pubblico e il privato, si favorisca l’accesso alla finanza d’impresa, si attraggano gli investimenti privati e s’investa di più nelle start up.



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