Occorre individuare al più presto delle soluzioni concrete di breve, medio e lungo termine per aumentare la disponibilità di plasma in Italia. Il ri-equilibrio tra domanda ed offerta di terapie a base di plasma, infatti, non si raggiunge in tempi celeri e richiede un dialogo costruttivo ed urgente tra tutti gli attori del sistema. L’intervento di Annarita Egidi, general manager di Takeda Italia
Il plasma è una materia prima preziosissima che, al pari dell’ acqua potabile, delle fonti di energia, dei metalli rari, è una risorsa considerata strategica per il prossimo decennio. Ma il tema plasma è un tema complesso, che contiene risvolti importanti per la comunità ed ha implicazioni etiche e geopolitiche, spesso ahimè non supportate da un’informazione adeguata.
Secondo i dati Oms, su 171 Paesi solo 56 producono medicinali derivati dal plasma. Il plasma sanguigno è la parte non cellulare del sangue che è composto per circa il 90 percento da acqua e per il dieci percento da sostanze disciolte in esso, come le proteine che hanno funzioni insostituibili in altro modo. Una risorsa che è soltanto biologica e non si può riprodurre artificialmente in laboratorio. Ecco perché la raccolta di plasma dev’essere considerata fondamentale al pari della raccolta di sangue. L’utilizzo del plasma oggi è in forte crescita per la cura di malattie che non hanno ancora un farmaco e vaccino e per le patologie rare per le quali i plasmaderivati sono “salvavita”.
I farmaci plasmaderivati hanno dunque enorme rilevanza sotto il profilo etico e sociale: da un lato derivano da una risorsa per definizione limitata, la donazione di plasma umano, dall’altro rivestono un ruolo determinante nel trattamento di condizioni cliniche acute, gravi, rare e croniche quali: immunodeficienze primitive, emofilia e altri disordini congeniti della coagulazione che, nella maggioranza dei casi, non hanno alternative terapeutiche. Quando si parla di donazione ci si riferisce per lo più a quella di sangue e solo in pochi sanno che è possibile donare anche il plasma. A partire dalla donazione di plasma occorrono circa 8-12 mesi prima di poter produrre un farmaco salvavita come l’albumina o le immunoglobuline.
Il plasma raccolto dai donatori, in Italia, garantisce una copertura del fabbisogno che arriva solo al 70%, una quantità non sufficiente quindi a produrre tutti i farmaci necessari. Per tale ragione, il restante 30% viene coperto utilizzando plasma raccolto all’estero, in particolare negli Stati Uniti, nazione che da sola soddisfa oltre il 60% del fabbisogno mondiale di plasma.
Il 2022 ha registrato purtroppo una raccolta del 2,3% inferiore al 2021, con un conseguente calo nella produzione di farmaci plasmaderivati che mette a rischio la continuità di cure “salvavita”, soprattutto per i pazienti affetti da malattie rare. Come azienda sentiamo la responsabilità di garantire la continuità terapeutica per questi pazienti che possono contare solo sulla disponibilità di questi trattamenti. Il crollo delle raccolte potrebbe causare sfide sempre più significative nei prossimi mesi, mettendo a rischio la vita di queste persone. Occorre quindi, prima di tutto, comprendere la necessità di ripensare gli schemi di donazione a garanzia dell’ approvvigionamento di plasma in Italia. La generosità degli italiani continua ad essere un valore su cui puntare, nonostante abbia risentito degli effetti pandemici, ma l’approvvigionamento dipende anche da altri fattori come la carenza di personale medico e paramedico, da inefficienze del sistema e dalla complessità del processo produttivo. Occorre pertanto individuare al più presto delle soluzioni concrete di breve, medio e lungo termine per aumentare la disponibilità di plasma in Italia. Il ri-equilibrio tra domanda ed offerta di terapie a base di plasma, infatti, non si raggiunge in tempi celeri e richiede un dialogo costruttivo ed urgente tra tutti gli attori del sistema.
Bisogna, da un lato, sensibilizzare le persone a donare plasma in modo sistematico per salvare vite. Diffondere la cultura della donazione attraverso interventi di informazione ed educazione alla solidarietà è fondamentale per incrementare il numero dei donatori e favorire un ricambio generazionale che possa incrementare la frequenza e la raccolta generale. Takeda collabora da tempo con associazioni ed istituzioni alla realizzazione di campagne di sensibilizzazione, organizzando anche presso le proprie sedi giornate dedicate alla donazione volontaria da parte dei propri dipendenti. Dall’altro lato occorre lavorare con le istituzioni per creare le condizioni più favorevoli per attrarre più investimenti esteri in Italia e rendere il sistema della raccolta di sangue e plasma più efficace, più efficiente, più sostenibile. Questo può avvenire solo attraverso una partnership totale dei sistemi pubblico e privato. Takeda intende fare la sua parte come fatto sino ad oggi nell’interesse dei pazienti e del sistema.
Solo ieri, ad esempio, abbiamo annunciato un nuovo investimento di 22 milioni di euro per lo stabilimento di Rieti finalizzato ad aumentare la disponibilità di farmaci salvavita, in particolare immunoglobuline e albumina, e a sostenere l’innovazione dell’impianto produttivo migliorando l’efficienza e anche la sostenibilità. Questo a conferma del nostro impegno per la crescita sul territorio italiano su cui l’azienda che guido ha pianificato di investire complessivamente circa 320 milioni di euro nell’arco temporale 2020-2025. Il più ingente piano investimenti di Takeda in Italia che conferma il polo industriale Rieti-Pisa dell’azienda come una delle più importanti realtà produttive biotech del paese e la sua leadership consolidata nella lavorazione del plasma.