In questi giorni il colosso statunitense ha annunciato nuovi stanziamenti per un totale di 59 miliardi. Ma l’impianto annunciato nel nostro Paese rimane ancora al centro delle discussioni con il governo, che intanto…
Il primo ministro Benjamin Netanyahu l’ha definito il “più grande investimento mai realizzato da parte di una compagnia internazionale in Israele”. Il colosso statunitense dei semiconduttori Intel spenderà 25 miliardi di dollari per un nuovo impianto nella città meridionale di Kiryat Gat. La tabella di marcia prevede il via entro il 2027 e di esser operativo almeno fino al 2035, ha spiegato il governo israeliano. Inoltre, Intel sta lavorando per completare l’acquisizione di Tower Semicondutor, società israeliana specializzata in produzione di chip e circuiti “on demand” e presente anche in Italia negli stabilimenti del gruppo italofrancese StMicroelectronics ad Agrate Brianza, in provincia di Monza Brianza.
Le parole di Netanyahu non sono troppo diverse da quelle pronunciate in questi giorni dal cancelliere tedesco Olaf Scholz e dal primo ministro polacco Mateusz Morawiecki. Il primo ha accolto con favore l’annuncio di Intel di una spesa di oltre 30 miliardi di euro (raddoppiando l’esborso inizialmente previsto) per due mega-fabbriche di chip avanzati nella città di Magdeburgo, sulle rive dell’Elba. Il secondo ha benedetto l’arrivo di Intel in un’area vicino a Wrocław, che ospiterà un nuovo impianto all’avanguardia di assembly & test (montaggio e test) dei semiconduttori per un investimento fino a 4,6 miliardi di dollari. Assieme all’impianto di fabbricazione di wafer già esistente a Leixlip, in Irlanda, i nuovi investimenti in Europa dovrebbe contribuire a creare la prima filiera completa di produzione di semiconduttori nel continente.
Con il Chips Act da 43 miliardi approvato a inizio 2022, l’Unione europea ha fissato l’obiettivo di raddoppiare la propria capacità produttiva di semiconduttori, portandola al 20% del totale mondiale. Anche per questo sono stati esentati gli incentivi ai microprocessori dal divieto di aiuti di Stato.
Anche l’Italia è al lavoro. È in via di definizione e pubblicazione il Chips Act italiano, che rappresenterà una sorta di piano nazionale per i semiconduttori e la microelettronica definendo il quadro normativo e gli strumenti finanziari per rendere l’Italia più appetibile alle maggiori 80 multinazionali del digitale. Durante la sua recente missione negli Stati Uniti, Adolfo Urso, ministro per le Imprese e il Made in Italy, ha incontrato i vertici di Intel, che sta ancora valutando il suo investimento (quantificato in circa 4,5 miliardi) in Italia. L’azienda ha spiegato a Formiche.net che l’impianto annunciato in Polonia è sì parte della fase di back-end della produzione, ma è differente e non sostituisce quello oggetto di interlocuzioni aperte con il governo italiano. “Le interlocuzioni sono aperte per un possibile ampliamento della presenza dell’azienda in Italia e apprezziamo l’impegno del governo italiano per lo sviluppo di un ecosistema competitivo nel settore della microelettronica”, ha sottolineato un portavoce.
Prima di partire per Washington, Urso aveva parlato al Sole 24 Ore dell’impianto Intel, spiegando che il governo ha fatto i compiti a casa e ora aspetta la decisione dell’azienda. Nel frattempo, sta presentando le linee guida del piano alle più importanti aziende e potenziali investitori, con “riscontri molto positivi”. Una task force voluta dal ministro stesso – capitanata dal consigliere diplomatico aggiunto, il ministro plenipotenziario Vincenzo Del Monaco – è stata a Taipei, Seul, Tokyo e a Washington, anche in vista del Chips Act italiano.
Intel, ha spiegato Urso in queste ore citato dal Corriere del Veneto, “mi ha comunicato che tiene molto a una presenza nel nostro Paese e che lo stabilimento polacco, per tipologia e tecnologia utilizzata, è del tutto diverso da quello programmato in Italia, che comporterebbe l’uso di una nuova tecnologia diversa anche da quella utilizzata in altri Paesi europei”.